Di seguito il testo del mio intervento all’Assemblea nazionale di Articolo UNO – Mdp del 22 luglio 2018.
Avere coinvolto e mobilitato qualche migliaio di militanti in poche settimane, in pieno luglio, è il segno di una vitalità di cui dobbiamo essere orgogliosi.
Ma non basta, serve una scossa, per la nostra organizzazione e tutta la sinistra italiana.
Non basta perché la sconfitta del 4 marzo non è nata il 4 marzo, ma tanti anni prima. Lo abbiamo detto in tanti e tante volte: la sconfitta della sinistra, la vittoria di Salvini sono la fine di una corsa che comincia da lontano.
Perché, certo, hanno pesato il progetto incompiuto di Liberi e Uguali, una leadership oggettivamente inadeguata, l’idea di una lista percepita dagli elettori come una scialuppa di salvataggio per sbarcare in parlamento e non, invece, la promessa di un partito.
Ma la sconfitta appunto nasce prima, in due approcci, in due prospettive, paralleli e sbagliati, di cui siamo fino in fondo responsabili.
Da una parte quella sinistra, quel centro-sinistra che non ha capito la globalizzazione, che ha puntato tutto sulla terza via rimuovendo il grande scandalo delle diseguaglianze e il riscatto della sofferenza viva del lavoro come propria ragione sociale; e dall’altra parte la sinistra radicale che ha scelto in questi anni la strada comoda ma senza uscita della testimonianza, tra velleitarismo e marginalità.
Ecco, noi: noi che abbiamo questa storia alle spalle e che siamo consapevoli degli errori compiuti abbiamo il dovere di agire, di provare a cambiare tutto.
Perché non c’è tempo. Si consolida nel Paese un governo di razzisti e incompetenti, nel quale i razzisti prevalgono sugli incompetenti. Il governo Salvini, non il governo Conte.
Un governo che ai disperati che vengono in nave dalla Libia dice che “i porti italiani li possono vedere soltanto in cartolina”. Che vuole schedare i rom, come nel 1938. Che denuncia su carta intestata del ministero degli Interni un intellettuale impegnato nelle battaglie antimafia come Saviano. Che lavora per la flat tax e per i condoni, e si rimangia nel decreto dignità tutte le promesse di dignità che il Movimento Cinque Stelle aveva sbandierato in campagna elettorale.
Un governo che va combattuto e contrastato con il massimo dell’unità possibile, in Parlamento e nel Paese. Il massimo dell’unità e il minimo del settarismo. Basta parlare del Pd, siamo in una fase nuova, diversa. Noi dobbiamo uscire dalla dimensione del commento, del controcanto a quelli che ci sono vicini. Altrimenti diventa un’ossessione. E le ossessioni sono sempre sintomo di subalternità, anche quando sono presentate come rivendicazione di purezza e di autonomia.
Ho letto persino critiche alla rivista Rolling Stone, perché non è troppo di sinistra. O critiche a qualche maglietta rossa perché era firmata Lacoste.
Contro questo governo viva Rolling Stone, viva le magliette rosse: occorre una linea unitaria nel senso togliattiano del termine. Un fronte largo, ampio, popolare, democratico.
Che noi dobbiamo spingere affinché si consolidi anche sul terreno della politica e della sua organizzazione. Provando ad andare oltre. Oltre i nostri recinti che sono con ogni evidenza del tutto insufficienti.
Perdonatemi se nel dirlo parlo di noi, faccio appello a un pizzico di orgoglio di partito, di comunità: ormai un anno e mezzo fa abbiamo fondato Articolo Uno con lo scopo di dare vita a un nuovo grande soggetto democratico e progressista al servizio del Paese. Non una ridotta minoritaria che alle elezioni europee prepara l’ennesima lista sommatoria di tutte le schegge della sinistra radicale, ma un grande soggetto democratico, progressista, popolare, con cultura di governo.
Io rimango di quell’avviso.
Dato che quell’obiettivo non lo abbiamo ancora raggiunto dico: teniamo la barra dritta, continuiamo a veleggiare controvento. Provando a dire cose semplici ma vere anche rispetto a quello che vogliamo essere.
1. Un partito popolare, innanzitutto. E badate che popolare è una cosa molto diversa da populista! Popolare vuol dire che ti riconosci nel popolo, che gli appartieni, che ne conosci i problemi, le passioni, le pulsioni. Mentre sei populista – come Salvini, come il movimento cinque stelle e persino come qualche pezzo qua e là della sinistra in Europa – quando per recuperare consenso costruisci un feticcio in cui il popolo possa riconoscersi e rincorri gli istinti peggiori.
Noi dobbiamo essere popolari e non populisti!
2. Seconda parola d’ordine: la discontinuità. Occorre avere coraggio, proporre un nuovo terreno di ricerca e di proposta. Discontinuità radicale rispetto al centrosinistra degli ultimi vent’anni. Lo ha detto bene Bersani: di idee e di facce. Perché non puoi togliere tutele al mercato del lavoro, rinunciare a ogni politica industriale, privatizzare, impoverire una parte consistente del Paese e poi chiederti perché crolli nei consensi. E aggiungo: occorre un rinnovamento nei gruppi dirigenti, a tutti i livelli. Ben intesi: al netto di quei capitani che proprio perché sono disponibili a fare i mozzi dimostrano di essere veri capitani!
3. Occorre poi una identità chiara. A volte mi pare che noi abbiamo paura delle parole. E invece le parole dicono chi sei, qual è la tua storia, quali sono le tue radici e qual è il tuo orizzonte. Sono strumenti di lotta politica e di battaglia culturale. Io vorrei un partito laburista, vorrei un grande partito del lavoro e socialista. Che per questo sta dalla parte di una generazione di precari sfruttati e sottopagati, frustrati e depressi. Sta con i riders, con i lavoratori della scuola, con i disoccupati. E che per questo ha una visione internazionalista, alza lo sguardo dalle nostre miserie e si interroga sul mondo insieme a Sanders e Corbyn, alle esperienze di governo in Grecia, in Portogallo, in Spagna. E che per questo sa che l’Europa è la nostra storia, il nostro presente e il nostro futuro. Certo, deve cambiare: la sua architettura costituzionale, il segno di fondo delle sue politiche economiche, persino il suo ruolo nella politica internazionale. Ma non esiste un nazional-sovranismo di sinistra, non esiste una sinistra italiana chiusa nei confini nazionali, disinteressata a governare e trasformare l’Europa.
Infine serve un ultimo ingrediente, il più importante: è il protagonismo del nostro popolo, della nostra gente. Ogni processo politico fatto a tavolino, in maniera verticistica e burocratica, è destinato a fallire: è una legge ferrea della politica.
Non possiamo andare avanti con assemblee o convention in cui applaudiamo e deleghiamo in bianco, o con commissioni e comitati promotori che sono lo specchio di accordi pattizi tra pochi, di patti tra componenti. C’è in questo persino una questione morale, di dignità, di rispetto nei confronti di noi stessi.
Costruire i gruppi dirigenti è un lavoro faticoso che vive solo di democrazia, in un processo nel quale si deve riconsegnare per davvero lo scettro della sovranità a chi milita, a chi ha passione, a chi è la vera anima della sinistra italiana.
Ed è un processo che ha a che fare non con le circolari emesse da Roma ma con la cura del territorio, con l’inchiesta sociale, con la conoscenza metro per metro delle nostre città. E’ un processo che ha a che fare non con le piattaforme digitali, che sono lo specchio di una visione distorta e virtuale della politica, ma con le sezioni fisiche, piantate come presidi di democrazia in ogni quartiere.
Dal protagonismo della nostra gente – da una democrazia vera, a tutti i livelli – potrà nascere quello che noi vogliamo.
Questa conferenza è l’ennesimo atto di amore e responsabilità nei confronti di quel che siamo e abbiamo organizzato. Abbiamo già deluso e sbagliato troppe volte. Siamo già stati delusi troppe volte. Ora dobbiamo cambiare musica e non sbagliare più. E se sbaglieremo ancora, perché nella vita si sbaglia, vorrei che si potesse dire che lo abbiamo fatto in prima persona. Liberi, protagonisti delle nostre scelte.
Tutto vero e tutto giusto, ma sempre piuttosto astratto. E’ la drammatica assenza di contenuti il gap èiù grosso da colmare. Io ne suggerisco alcuni; e sono sicuro che il dibattito diventerebbe immediatamente più interessante,e si vedrebbe subito chi è chi, al di là delle frasi di circostanza. L’elenco potrebbe essere più lungo, ovviamente. Basta che siano proposte puntuali, chiare, inequivocabili. Parto dalla politica estera (fondamentale) e arrivo a quella interna:
1) Proposta di un’Assemblea Costituente per costruire dal basso la Federazione Europea, previo referendum (SI o NO all’Assemblea Costituente in ogni Stato – per ora credo che solo DieM25 abbia fatto sua l’idea)
2) Immediato: stop alle armi all’Arabia Saudita; adesione al Trattato ONU che mette al bando le armi nucleari; stop agli F35; stop all’aumento delle spese militari . Cioè una vera politica per la pace
3) Lotta ai paradisi fiscali; separazione banche commerciali/banche d’affari (come lo Steagall-Glass Act); abolizione dei prodotti derivati nella finanza (almeno in quella pubblica)
4) No Tav, no TAP, no Trivelle; sono progetti delle multinazionali e dei regimi autoritari, devastanti per l’ambiente, con pochissime ricadute positive sulla popolazione; provate a sostenere il contrario
5) Accoglimento totale delle proposte “Ero straniero” e “L’Italia sono anch’io”
6) Abolizione del numero chiuso nelle università, al massimo con qualche deroga eccezionale (com’era fino agli anni Ottanta); obbligo di studio portato a 18 anni (se lo fa l’Uruguay, non vedo perché noi no)
7) Servizio civile obbligatorio, per maschi e femmine, di un anno: come introduzione al reddito di cittadinanza, universale, a partire dalla prima classe chiamata ad adempiere (esempio, i nati nel Nuovo Millennio).
Aggiungerei anche la legalizzazione delle droghe leggere, ma credo sia già tanto (troppo?).
Quindi mi fermo. Sono tutte proposte praticamente a costo zero, almeno nel breve/medio periodo. Farne anche cinque su sette sarebbe già una rivoluzione. Una sinistra che non ha il coraggio del cambiamento non è nemmeno degna di chiamarsi sinistra. Buon lavoro
Punto per punto:
1) Un partito popolare – Le parole, come dici tu, sono importanti. Un partito popolare lo abbiamo già avuto nel 1994 per rilanciare la prospettiva di un partito di ispirazione cattolica recuperando la tradizione sturziana.
Credo non sia più proponibile perchè il popolo, nell’attuale era della globalizzazione, non è più lo stesso. La nostra collettività nazionale – di aventi diritto al voto – ha ormai origine, lingua, tradizioni religiose e culturali diverse. Un partito politico di sinistra, moderno, deve saper parlare a tutti, pur salvaguardando gli interessi e i diritti esigibili dei più deboli.
2) Discontinuità. Leitmotiv già sentito, ripetutamente, in prossimità di ogni campagna elettorale. Alle mie orecchie suona obsoleta, questa accezione.
3) Identità chiara. Un nuovo partito di sinistra è, a mio parere, possibile senza dimenticare però, il ruolo dei sindacati che, in Italia, sono più propensi a tutelare i diritti dei lavoratori tesserati che quelli dei precari e dei disoccupati.
Bisonerebbe cominciare a parlare anche, secondo me, di ambiente, turismo, pari opportunità, politiche giobanili.
Il partito laburista, in Inghilterra, deve parte del suo successo al fatto che ha saputo coinvolgere i giovani.
Caro Simone Oggioni, ho avuto il piacere di ascoltare e apprezzare molti tuoi interventi e anche in questo caso ho letto con piacere il testo del tuo intervento. Il tuo, come la gran parte degli interventi fatti a Roma “sono così belli e volano così in alto” da non lasciare alcun segno su quanti aspettano risposte concrete, anche parziali, rispetto a problemi e situazioni che vengono vissute quotidianamente e con i quali ogni giorno uomini, donne, giovani, pensionati, dissoccupati, ammalati, ecc. devono fare i conti.
Cari compagni, vi invito tutti a recarvi al primo bar che incontrate. Sedetevi. prendete un buon caffè e ascoltate cosa dice la gente comune, di quali problemi parla, il linguaggio che utilizza, ecc. Se fate questa prova, vedrete che anche voi come il sottoscritto capirà molti perchè della difficoltà della sinistra e anche nostre. Il nostro linguaggio è completamente fuori sintonia, su altra frequenza.
Da tempo ho coniato questo slogan; ” dobbiamo parlare alla pancia dei cittadini con il linguaggio della sinistra”.
Nella sostanza, dobbiamo essere semplici e comprensibili nel linguaggio, concreti nelle proposte anche quando tali proposte non risolvono interamente il problema.
Come più volte ti ho sentito dire, la politica deve anche dare speranza, far sognare.
Basta slogan di “antico conio”, basta “rifondazioni”, basta “pseudo unioni di facciata” che il giorno dopo le elezioni si sciolgono come neve al sole, basta sinistra dalla “pancia piena”, basta sinistra “dei garantiti”, basta!
Dobbiamo lavorare per unire quanti vogliono veramente affrontare i problemi quotidiani, con pragmatismo, consci che l’attuale peso politico che abbiamo ci permette di portare a casa “uno” ingoiandone “nove”. Solo così possiamo tornare credibili, non con i voli pindarici che il giorno dopo più nessuno ricorda.
Dobbiamo ricominciare con umiltà a recuperare la fiducia persa.
Questa è la strada, Simone. Credimi.
Mario Bertolo
Caro Simone, o forse sarebbe meglio dire caro Giovanni Battista, vista la predicazione nel deserto. Ha ragione ci vogliono passione, coraggio e determinazione per riannodare i fili di un movimento che, grazie anche al pd di renzi ma soprattutto ai motivi intrinseci che lei stesso ha lucidamente elencato, pare diventato fuorilegge. Io aggiungerei solo una fortissima dose di ambientalismo – che lei trascura troppo – diventato ancor più fuorilegge da quando è divenuto lampante che i combustibili fossili stanno mandando arrosto il pianeta. Coraggio, avanti: siamo quasi fuori tempo massimo…
Caro Simone Oggioni. come Delelegato Prov.le di Sinistra Italiana di Verona, il tuo intervento oggi come oggi è fuori luogo in tutti i sensi. Forse voi di Art ! siete rimasti indietro in tutto e non siete superiori in niente, anche perché Oggioni cè gia’ in atto una rifondazione della Sinistra con Congresso a Dicembre 2018 e gia’ sono stati fatti i Comitati Promotori. Forse è meglio unire le Forze Oggioni non ti pare !! Aggiornatevi Art 1 !!!
Ma in che senso un militante di un altro partito mi dice che il mio intervento è fuori luogo? Non capisco.
Eugenio Corrado (Lecce)
Come non essere d’accordo? la rifondazione, ops… pardon, la rinascita, non può non passare da un grande bagno di umiltà, da un realistico mea culpa ma anche e soprattutto da idde chiare, precise e decise sul rinnovamento. Cambiare tutto per rinascere. Cambiare tutto,quadri dirigenti in primis, poi strategia e riallocazione democratica sul territorio. Non sarà facile, ma non per scarso impegno. Si dovranno superare ostacoli ed ostracismi di ogni genere proprio da parte del vecchio establishment. Sono d’accordo con Te… ma sarà dura.. PROVIAMOCI !!!
Conta pure su di me.
al Lavoro, alla Lotta.
Come non essere d’accordo? la rifondazione, ops… pardon, la rinascita, non può non passare da un grande bagno di umiltà, da un realistico mea culpa ma anche e soprattutto da idde chiare, precise e decise sul rinnovamento. Cambiare tutto per rinascere. Cambiare tutto,quadri dirigenti in primis, poi strategia e riallocazione democratica sul territorio. Non sarà facile, ma non per scarso impegno. Si dovranno superare ostacoli ed ostracismi di ogni genere proprio da parte del vecchio establishment. Sono d’accordo con Te… ma sarà dura.. PROVIAMOCI !!!
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al Lavoro, alla Lotta.