Cos’è un partito? Soprattutto: che tipo di partito vogliamo costruire?
Sono domande vitali, alle quali siamo obbligati a rispondere se vogliamo coltivare la speranza di costruire, in Italia, un soggetto politico credibile, autorevole, con la massa critica sufficiente per ambire alle sfide che solitamente nominiamo.
Liberiamo il campo da un equivoco. Porre l’accento sul partito, sulla forma e sul contenuto, non significa avere il torcicollo, guardare al passato, a modelli esauriti e anacronistici. Non significa pensare di riproporre nel presente il modello del partito degli anni Cinquanta e Sessanta. Nel frattempo, il Paese è cambiato. È oggi molto più complesso e articolato di allora, infinitamente più frammentato e disarticolato, molto meno omogeneo e soprattutto molto meno capace di definirsi intorno a luoghi fisici e simbolici di massa. La grande fabbrica fordista non è il paradigma produttivo di questi tempi. Non può essere il partito che abbiamo conosciuto nel secondo dopoguerra la nostra proposta politica e organizzativa.
Però c’è un punto. Il punto è che la politica non si organizza approfondendo questa frammentazione o il carattere liquido della società, spezzando ulteriormente i legami, accettando passivamente la dimensione virtuale e digitale come unico aggregatore possibile. E neppure accettando il fatto che attraverso la dimensione digitale il voto d’opinione, l’espressione volatile di un pensiero banalizzato si sostituisca alla coscienza della propria identità e della propria appartenenza.
Altrimenti la politica perde il suo significato, il suo valore autonomo e soggettivo. Si trasforma semplicemente in un ulteriore strumento di adesione alla corrente e al pensiero dominante. Ne esistono già troppi, non ne abbiamo bisogno. Invece la politica è tale se è trasformativa, se cambia, se agisce in contro-tendenza. Lo è sicuramente per noi: questo e non un altro è il senso della Sinistra.
Qui si colloca il nostro obiettivo. Dotarsi di un partito strutturato, che aderisce alle pieghe del territorio, per come è oggi, che conosce il mondo del lavoro e il tessuto associativo, che frequenta i luoghi del disagio, della sofferenza, dell’esclusione ma anche i luoghi dell’aggregazione creativa, della cultura e del tempo libero.
Un partito che prende atto della frammentazione sociale non per accettarla e per manifestare, a partire da essa, la retorica neo-liberale del partito leggero, dei club, del movimento d’opinione. Una retorica che in questi anni è penetrata perversamente a sinistra ed è essa stessa tra le cause del disancoraggio dei nostri valori dalla società e dai settori popolari; e che ha disarmato in senso politico e culturale la nostra gente, persino la nostra identità, il nostro discorso pubblico.
Al contrario: abbiamo bisogno di un partito che prenda atto della frammentazione sociale per proporsi come elemento riconnettivo, come collante di vecchi e nuovi segmenti sociali interessati a un progetto di alternativa.
Un partito popolare, sociale, territoriale, radicato. Con una testa capace di elaborare, in nome di una cultura politica solida, l’orizzonte, la tattica e la strategia. Quindi con un gruppo dirigente non costruito nell’accordo pattizio tra pezzi di gruppi precedenti, talvolta semplicemente esausti, che si lasci alle spalle le differenti provenienze e che lavori unito per una direzione comune. Con un cuore capace di intercettare consenso e curiosità, a partire dalla credibilità dei propri dirigenti, a tutti i livelli, con un progetto che metta fisicamente a disposizione le proprie sedi per pratiche di mutualismo e di solidarietà vere e reali. Con delle gambe, un’articolazione diffusa e capillare. Con uno stile, quello di Enrico Berlinguer, che rifletta la nostra concezione della politica: pulita, sobria, rigorosa, disinteressata, fatta nell’interesse esclusivo della nostra gente. E di conseguenza con i piedi ben piantati nella nostra storia, con l’orgoglio per quello che siamo stati, e lo sguardo rivolto al futuro.
Inevitabilmente, il nostro partito dovrà avere una cultura di governo. Non potrà essere la riproposizione stanca dell’ennesimo micro-partito della sinistra radicale, interessato alla sopravvivenza e alla testimonianza del proprio punto di contestazione del mondo. Di questo nessuno di noi sente il bisogno. Dovrà essere invece un grande partito con una grande ambizione: governare il Paese, cambiarlo in profondità.
Per questi motivi quello che ho visto a Calenzano qualche sera fa partecipando con Alfredo D’Attorre a una riuscitissima cena di autofinanziamento di Sinistra Italiana mi fa ben sperare. Oltre duecento coperti in un circolo Arci stracolmo di fiducia e di passione. Le compagne e i compagni hanno persino stampato magliette rosse con il simbolo di Sinistra Italiana e le prime tessere provvisorie. Lì mi sono sentito a casa. Per questo lavoro, lavorerò per fare sentire tanti di noi a casa nel nuovo partito della Sinistra italiana.
Gent.mo Dott. Oggionni
ho avuto il piacere di ascoltare la parte introduttiva del suo intervento di presentazione del suo libro ad Ancona. Mi scusi se la contatto qui ma e’ l’unico canale che ho trovato.
Mi ha fatto un enorme piacere ritrovare in un giovane una struttura del linguaggio, dell’argomentare che ha fatto tesoro del meglio che la cultura italiana degli ultimi anni ha prodotto.
Rispetto al suo obiettivo le chiedo di chiarire il suo pensiero rispetto a 3 aspetti basilari (dei quali, se vorra’, le chiariro le impilcazioini dal mio punto di vista):
1. La sua posizione rispetto alla legge sulle unioni civili e sulla adozione da parte di famiglie omosessuali
2. il giudizio sull’Unione Sovietica
3. Le relazioni con l’attuale Partito Comunista Cinese
La ringrazio in anticipo
Gentile Bernetti,
la ringrazio molto per l’attenzione e la stima. Le rispondo volentieri, punto per punto.
Considero la legge sulle unioni civili un compromesso in grado di fare compiere al nostro Paese – dopo tanti anni – un passo avanti in termini di civiltà giuridica e giustizia. Non è ancora sufficiente, io credo, ma sarebbe stato un errore non votarla.
Rispetto all’Unione Sovietica: il mio è un giudizio articolato, che nel libro troverà affrontato compiutamente, così come in un lungo saggio pubblicato all’interno dell’ultimo volume di Piero Bernocchi “Oltre il capitalismo”. In estrema sintesi, penso si debba prendere atto della sconfitta storica di quell’esperienza, indagandone però approfonditamente limiti contingenti, tare genetiche e anche indiscutibili meriti. Per limiti contingenti intendo, per esempio, la qualità e la forma concreta assunta dal modello di pianificazione adottato. Per tare genetiche intendo, per esempio, la sostituzione fideistica della classe con il partito quale perno del processo rivoluzionario e soggetto della trasformazione (con il corollario primario di restringere pesantemente gli spazi democratici). Per meriti indiscutibili alludo a tutto ciò che conosciamo: l’uscita dal feudalesimo, la vittoria contro il nazifascismo, modelli di welfare e di equità sociale assolutamente significativi.
Rispetto alla Cina: ne ho scritto al termine di un viaggio ufficiale promosso dal governo cinese pochi anni fa (troverà qualcosa anche su questo blog). A me sorprende che – al di là della differenza e del dissenso rispetto a taluni aspetti del modello di sviluppo – non si provino ad approfondire questioni strutturali, culturali, strategiche che afferiscono alla più grande potenza economica mondiale. E mi convince molto la categoria della transizione. Oggi la società cinese è in transizione: non è ancora chiaro verso che cosa, compiutamente, si sta orientando tale transizione. Ma certamente è un processo storico di primaria rilevanza.
Se ha bisogno di riferimenti più precisi (link o altro) non esiti a dirmelo.
Sono curioso però di conoscere anche la sua opinione.
Simone Oggionni
Grazie per la risposta esauriente.
La mia posizione e’ leggermente diversa sulle 3 questioni.
Le unioni civile, denominazione “tattica” per il matrimonio tra coppie dello stesso sesso va nella direzione opposta rispetto alla ricostruzione del tessuto sociale italiano, struttura sulla quale poi poter realizzare politiche socialiste. Da questo punto di vista la sintesi Catto-Comunista realizzata nella costituzione italiana è sicuramente la piu’ avanzata.
Questo link potrebbe offrire lo spunto per un piu’ approfondito esame delle implicazioini legate al passaggio di una tale legge:
https://www.rt.com/politics/lavrov-homosexual-propaganda-united-nations-law-466/
Per quanto riguarda l’Unione Sovietica, cio’ che e’ accaduto in Russia, e nel mondo, dopo il suo crollo ha fatto chiarezza su chi si mascherasse sotto le bandiere della “democrazia” ridando giustizia ed onore a chi difendeva quel mondo.
Ho trovato questi giorni una citazione di Stalin che dice piu’ o meno “dopo la mia morte la mia tomba sara’ coperta di fango, ma il vento della storia fara’ pulizia..”
Per la Cina, in questa stessa ottica il seguente articolo mi e’ stato molto utile..
http://www.greanvillepost.com/2015/08/20/the-myth-of-chinese-capitalism-2/
Spero di incontrarla di nuovo in Ancona
Saluti
CERTE PAROLE FANNO A PUGN I CON LA REALTA’ :
” PASSATO – AN ACRONISMO-TORCICOLLO ”
LA REALTA’ E’ :-
POVERTA’ – DISOCCUPAZIONE-GIOVANI SENZA LAVORO-PENSIONI DA FAME -EC
TUTTO QUESTO C’ERA NEL PASSATO E C’E’ TUTT’ORA, QUINDI ?
VOLER ESSERE MODERNI PER ESSERE GRADITI SIGNIFICA ESSERE ILLUSI.
Gentile Bonizzi, ma il senso dell’articolo è proprio quello. Trovo curioso non lo si colga. Quanto alle differenze con il passato, mi sembrano talmente macroscopiche da non meritare approfondimenti in questa sede. La rimando però volentieri al mio libro, due capitoli dei quali sono dedicati allo studio delle trasformazioni sociali negli ultimi trent’anni.
Yuri, perché non fornisci una volta il tuo vero indirizzo mail e la tua vera identità? Chi sei? Di cosa hai vergogna? Palesati!