Abbiamo vissuto queste ultime settimane di campagna elettorale poco meno che in apnea.
Chi ha macinato centinaia di chilometri da Nord a Sud per presentare la lista e chi ha riempito di manifesti gli spazi elettorali del proprio Comune. Chi ha organizzato cene, comizi, assemblee, chi ha distribuito centinaia di volantini e chi ha fatto propaganda dalla mattina alla sera, convincendo parenti, amici e colleghi.
Abbiamo provato a raccontare in pochi giorni a tutti chi fosse questo greco candidato alla presidenza della Commissione europea e perché mai bisognasse votare una lista con un nome e un simbolo sconosciuti tanto quanto la gran parte dei suoi candidati. Abbiamo parlato dei nostri programmi, dell’esigenza di rompere la grande coalizione in Italia e in Europa e di costruire anche nel nostro Paese una sinistra unita, più forte e più grande, che non proseguisse la tradizione infausta che ha segnato l’esperienza di questi ultimi anni, costellata da esperimenti elettorali fallimentari e da tentativi politici insufficienti.
Non sappiamo se tra pochi giorni ce la faremo, se quel maledetto quorum, figlio di una legge elettorale vergognosa, verrà raggiunto e superato oppure no.
Quel che sappiamo è che i nostri progetti, le nostre speranze e il nostro futuro non possono essere affidati a una semplice cifra percentuale, a qualche decimale di punto sopra o sotto il 4%.
Vediamo in questa lista molti limiti, molti difetti, che in qualche modo abbiamo toccato con mano quando ci siamo accorti, troppo spesso, quanto sia difficile superare i rancori, rimettere insieme i pezzi, e che l’aritmetica, come è noto, con la politica non c’entra molto.
E tuttavia pensiamo, e lo diciamo adesso, prima che si compia il rito dello spoglio elettorale, che questo Paese ha bisogno di un soggetto politico unitario della Sinistra, esattamente come avviene in tutta Europa. Ne ha bisogno per davvero, drammaticamente. In questo senso la lista Tsipras ci è parsa e ci pare una opportunità irripetibile.
Adesso dobbiamo lavorare ancora qualche giorno e fare il massimo, per raggiungere e superare quella soglia che anche psicologicamente può, per tutti noi, significare molto, dopo anni di sconfitte e di progetti non realizzati.
Ma se siamo seri con noi stessi e coerenti con quello che abbiamo detto in queste settimane dobbiamo mantenere l’impegno che abbiamo assunto con la nostra gente e con i nostri elettori anche dopo il voto.
Cioè che da qui non si torna indietro e che la lista Tsipras è soltanto il primo passo. E che dopo il 25 maggio tanti passi in questa stessa direzione andranno fatti, magari anche con nuovi protagonisti e compagni di strada che in questi mesi abbiamo allontanato o non siamo stati in grado di coinvolgere.
Guai a noi se il 26 maggio preferissimo tornare ciascuno all’interno delle proprie sedi, per intestarci in esclusiva il merito di un buon risultato (magari facendo il conto delle preferenze dei singoli candidati) oppure per urlare con ancora più frustrazione il nome del nostro piccolo recinto se qualcosa andasse storto.
Se c’è una cosa straordinaria che questa esperienza elettorale ci consegna è avere avuto la possibilità di conoscere e incrociare nuovi compagni di strada, nuovi volti, nuove storie, nuove vite, che da oggi – prima di conoscere l’esito del voto – dobbiamo iniziare a considerare come nostri compagni. Questo auspicio e questa consapevolezza attraversano trasversalmente la nostra gente.
C’è da sperare che i gruppi dirigenti, tutti, siano all’altezza di questa responsabilità. Che è oggettiva, sta nelle cose, non è più – per nessun motivo – differibile.
Oltre il ponte è il nome di un collettivo bolognese di compagni bravissimi! Grazie per averlo detto
ho letto il tuo pezzo. è del tutto condivisibile. complimenti
530 condivisioni in un giorno…
Sempre più d’accordo. Stiamo uniti e facciamolo questo benedetto nuovo partito dopo le europee…
Senza asprezza (ormai…), ma molto polemicamente. Dopo aver abbandonato la cultura marxista e dissipato un immenso patrimonio di esperienza, brancolate senza capacità autocritica e, quindi, privi di orientamento nel deserto che avete creato intorno. Ti sei risposto da solo: se chiedi quale sia oggi il rapporto dei comunisti con il proletariato, se cerchi le forze che avete disperso e gettate nella sfiducia, se pensi che nuovi gruppi dirigenti si possano trovare dietro l’angolo, se ti interroghi senza risposta su programmi e proposte, sei – in buona compagnia – ben oltre il punto di non-ritorno.
Almeno – per favore! – abbiate il buon gusto e la coerenza di non parlare ancora – voi! • i comunismo….
Dimostri di non conoscere nulla della riflessione che abbiamo fatto in questi anni, di ciò che abbiamo proposto e fatto. Le domande retoriche che ponevo stavano a indicare che non esiste alcuna base oggettiva che motivi il primato di un’unità nominalistica tra soggetti che si chiamano comunisti ma la pensano, ciascuno, in una maniera del tutto diversa. Quanto poi ai gruppi dirigenti, politici e intellettuali (essere o fare l’intellettuale non esime da responsabilità politiche), che si dichiarano comunisti: ce lo vogliamo stendere, una volta per tutte, un bel velo pietoso?
Nel terzo millennio, cosa si intende “essere comunisti” ?
Siamo sicuri che coloro attualmente alla guida dei 6/7 partitini, così detti comunisti, abbiano la coscienza dei cambiamenti avvenuti nel mondo e nella società in cui viviamo ??
Chi vive agiatamente e si dichiara comunista, … è consapevole della situazione di povertà e degrado di gran parte della popolazione, e a quanto è disposto a rinunciare per aiutare gli altri ???
Di domande simili ne avrei altre, ma credo che trovare queste tre risposte sia già un’impresa ardua per molti “comunisti” ancora ancorati al passato; ed ecco il motivo per cui ho sposato la causa di Azione Civile di Antonio Ingroia, che aderendo alla lista Tsipras vede un futuro per la sinistra italiana, in senso allargato, ed europea.
Forse il segreto sta in un atto simbolico che fece tanti anni fa Carmelo Bene. Spesso gli artisti intuiscono la realtà prima degli analisti e dei politici: L’unico atto rivoluzionario oggi è: baciare la bandiera rossa poi darle fuoco. E non certo per dire che le ideologie sono finite, o per sostenere la coglionata politica più enorme, cioè che destra e sinistra sarebbero la stessa cosa o, quanto meno, indistinguibili, come vorrebbe chi ormai si è schierato da parte avversa perché “è la realtà che ce lo chiede…”, ma perché nello sviluppo del genere umano e delle sue aggregazioni le ideologie sono strumenti che vanno superati prima che diventino ferrivecchi, Marx stesso ne poneva la loro funzione in ambiti storicamente molto determinati.
Il liberismo ed il socialismo del XXI secolo assumono funzioni differenti, ambiti di azione differenti e la critica sociale ha modalità diverse dato che i problemi sono diversi rispetto a quelli che si ponevano nel XX secolo. La funzione stessa del proletariato industriale assume un ruolo affatto diverso… come meravigliarsi che molti operai sono leghisti o smottano a destra assieme al PD. Il capitalismo stesso, contro cui abbiamo combattuto noi e i nostri padri per riaffermare il diritto dell’individuo contro quello del profitto, oggi assume forme talmente differenti da porre alcuni imprenditori più prossimi al proletariato industriale che alla loro ideologia “di classe”.
Come possiamo non condividere molte delle idee che nell’800 hanno portato al superamento del potere nobiliare ed autarchico per far nascere lo Stato moderno, ma ciò non di meno l’attuale battaglia non è più la stessa perché i nemici non sono più quelli, ed anche il fascismo, eroicamente combattuto i nostri padri, oggi assume caratteristiche diverse meno impositive e militaresche, ma non per questo meno meno violente e disumane.
Gli strumenti del controllo sociale e dell’appropriazione da parte di alcuni del prodotto sociale di tutti, sono diversi, la lotta ed i metodi con cui combatterli sono diversi.
La storia ci ha consegnato esperienze di comunismo che somigliavano molto più a capitalismi di Stato, che a tentativi di liberazione sociale che erano nelle intenzioni dei soggetti rivoluzionari. la teoria critica della società non può servirsi più (o quanto meno può servirsene molto parzialmente) di quelle esperienze.
Con la dissoluzione della politica e degli Stati nazione, la cui sovranità è sempre più limitata, gli strumenti di cui la sinistra si è sempre servita ormai sono ferri vecchi.
Da questo nasce la crisi della sinistra che molti attribuiscono all’incapacità dei compagni di stare insieme, alla litigiosità od alle pretese di alcuni di essi. Non è così, sono i conti con la storia che debbono ancora esser fatti…
Condivido completamente parola per parola. Dopo le europee bisogna fare il partito unico ed essere comunisti ci deve stare non fate scherzi
Trovo che questo ragionamento sia oltre modo il più sensato ed utile per affrontare i tempi che seguiranno il prossimo voto alle Elezioni Europee. Ad ogni scadenza elettorale siamo sempre alla ricerca della formula magica per superare le soglie di sbarramento e gli ostacoli che anche la nostra invisibilità mediatica ci pone di fronte. Ormai siamo eternamente in balia di campagne elettorali all’insegna del “voto utile” anche in assenza di leggi elettorali maggioritarie. E questo comprime come noto i gradi di libertà e gli spazi di democrazia nei quali una sinistra di classe può ancora ritrovare la sua vera collocazione e rappresentanza. Ma i nostri più acerrimi nemici finiamo per essere noi stessi. All’indomani di ogni sconfitta, fosse quella della Sinistra Arcobaleno, quella di Rivoluzione Civile o dell’impalpabile ed evanescente Lista Etico (Elezioni Regionali in Lombardia) non siamo nemmeno in grado di raccogliere i cocci dell’ennesima delusione. Tutti ad autoflagellarsi per la sconfitta cercando le mille e più ragioni del distacco con un elettorato di sinistra che quasi in ogni paese europeo arriva ormai alla doppia cifra tranne in Italia.
Concordo pienamente con la tesi esposta. Dobbiamo iniziare a pensare che, indipendentemente dal risultato elettorale, un’azione forte per partire con l’unità della sinistra debba essere effettivamente avviata. Arrivasssimo al 4,01% lo faremmo forse con un entusiasmo maggiore, ma cosa cambierebbe se arrivati al 3,99% fossimo esclusi anche dal Parlamento Europeo ? Ci sarebbe meno bisogno di unità a sinistra ? Paradossalmente ne servirebbe di più e quindi spero che questa non sia l’ennesima occasione perduta che va a sfociare nel solito tentativo isolato che poi al prossimo giro verrà riesumato e riproposto ancora sotto una diversa etichetta, pensando che si giunga al miracoloso exploit elettorale. Certo anche questa volta ci sono stati passi falsi, errori e vuoti di potere decisionale. C’è stata una sorta di commissariamento delle forze politiche da parte dei “garanti intellettuali”, ma se alla fine fosse stato il modo per far ripartire ciò che in tutta Europa esiste e che in Italia latita da tempo, forse non tutto il male sarebbe venuto per nuocere.
Proprio così: ci sarebbe ancora più bisogno di Sinistra unita, non meno! Grazie per le argomentazioni e la condivisione.
Io sono iscritto al PDCI, un Partito che, come credo sappia chi legge questo articolo, ha ritenuto di non partecipare al percorso della Lista Tsipras.
Dopo un periodo di valutazione ed anche di criticità rispetto ad alcune scelte sui candidati, all’atteggiamento dei garanti e ad altre questioni, ho scelto di votare quella Lista anche se il Partito a cui sono iscritto non la sostiene, non esprime indicazione di voto e persino, in alcuni suoi settori scommette sul fallimento di questa esperienza politica.
Se ho scelto di farlo è perchè i fatti mi hanno convinto che la Lista Tsipras, di cui conosco bene i limiti, è però anche oggettivamente una scommessa positiva nello scenario di queste elezioni europee.
So anch’io che è molto importante costruire un’unità comunista, che considero un obiettivo di grande valore, ma non riesco sinceramente a vedere nessuna contraddizione fra l’unità comunista e il processo di costruzione di una più vasta unità a sinistra. Allo stesso modo non riesco a vedere una contraddizione fra “l’intellettualità” e i “sofferenti”, soprattutto negli anni che ci tocca vivere. Credo, invece, che dobbiamo tutti scommettere proprio su un progetto che unisca. Unisca comunisti e non comunisti, intellettuali e settori sociali martirizzati dalla crisi, giovani con la voglia di navigare verso nuove mete e persone che rappresentano e portano sulle loro spalle una storia gloriosa. Se non sapremo fare questo e se le organizzazioni politiche non avranno la lungimiranza di sacrificare a questo progetto un po’ della propria identità e sovranità, non solo non saremo capaci di mettere in campo un programma fatto di “proposte molto concrete, molto credibili e molto praticabili”. Saremo, al contrario, stretti, in una triplice morsa di forze diversamente eppure egualmente populiste, eversive e non pienamente democratiche (Grillo e Berlusconi da un lato e il PD renziano dall’altro) e incapaci di muoverci e di rappresentare la voglia di cambiamento, di giustizia, di eguaglianza e di libertà partecipativa che serpeggia nel Paese.
Condivido molto, salvo:
– il giudizio sul Pd di Renzi;
– una interpretazione rigida della questione dell’unità comunista. La questione comunista va assolutamente posta nel nuovo soggetto. Le forme le vedremo insieme e non vanno, a mio avviso, anteposte all’obiettivo.
Encomiabile buona intenzione. Ma quando impareremo che con le buone intenzioni si va soltanto all’inferno?!? E quando smetteremo di confondere l’esigenza di unità della “sinistra” (???) con l’esigenza prioritaria dell’unità dei comunisti?!? Ancora: quando capiremo che l’unità si fa su un programma vero, fatto di proposte molto concrete, molto credibili e molto praticabili?!? E, infine, quando la smetteremo di “confrontarci”, trescare e unirci con l’intellettualità radicale – anch’essa con eccellenti sentimenti e intenzioni –, con le anime belle, piuttosto che con il proletariato, gli oppressi i (veramente) sofferenti?!?
Senza polemica: ma qual è, oggi, in termini reali e non astratti, il rapporto tra comunisti e proletariato, cioè gli oppressi veramente sofferenti?
E quali sono le forze comuniste, e quali i suoi gruppi dirigenti, che possono oggi, credibilmente, porre al Paese e alla classe l’obiettivo della costruzione di un nuovo partito comunista?
E, ancora, su quali programmi, con quali proposte, credibili e praticabili?