In questa sala abbiamo svolto, a settembre, prima dell’inizio del congresso del Prc, una assemblea. Riuscì perfettamente e ci diede l’entusiasmo e la carica giusta per affrontare un congresso che – lo sapevamo – sarebbe stato difficile.
Ora ci troviamo con una sala ancora più partecipata, dentro un’iniziativa ancora più riuscita. E questo è il primo obiettivo raggiunto: possiamo fare anche quest’oggi il pieno di energia per gli appuntamenti che ci aspettano.
Perché, credetemi, è sfiancante, debilitante essere costretti a stare perennemente come se fossimo in trincea, a vivere la nostra militanza dentro il partito con queste difficoltà, con lo stigma permanente delle caricature: i moderati, i liquidatori, i rottamatori, gli scissionisti, i traditori. Mentre vorremmo tutti potere utilizzare le nostre energie e il nostro tempo per costruire mobilitazione esterna, conflitto, iniziativa politica. E invece siamo costretti a occupare la gran parte del nostro tempo per le lotte interne, per difenderci.
Ecco, la prima promessa che dobbiamo scambiarci è che a partire da oggi vogliamo tornare a occupare tutte le nostre forze nella battaglia politica esterna, nella società, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle Università.
Per fare cosa?
Per fare quello che qui ci ha chiesto, molto lucidamente, la Fiom, per proseguire la battaglia delle Rsu contro la riforma Fornero, per fare quello che ci chiede il movimento studentesco. E qui lo posso dire, vedendo tanti ragazzi e tante ragazze della giovanile del partito di Roma: ogni tanto si vince. Si lotta in un fronte ampio della sinistra e si conquista il presidente della Consulta, un giovane comunista. Lo dico perché la sinistra che vogliamo costruire è così, ogni tanto partecipa anche per vincere alle competizioni e alla lotta politica.
Ma per fare questo, queste lotte, cosa ci serve? Io riparto dai fondamentali: ci serve un soggetto politico. E questo è l’obiettivo che ci stiamo ponendo, a partire da questa assemblea.
Serve un soggetto politico che abbia legami organici con il mondo del lavoro. Che abbia una cultura politica di massa, che lotti per l’egemonia, che si ponga concretamente il tema della trasformazione e non pensi soltanto alla testimonianza della propria purezza, della propria identità. Un soggetto che unisca la sinistra ma che sia di più e non di meno della somma delle singole forze. Che riesca a intercettare il consenso del mondo della cultura, dell’intellettualità marxista, perché la sinistra ha perso proprio nell’incapacità di parlare con le proprie parole, le proprie categorie e nell’incapacità di progettare il futuro e di relazionarsi al presente con la profondità dei tempi lunghi, rincorrendo al contrario l’eterno presente (e finendo con il rincorrere per forza di cose le parole e le categorie dell’avversario). Che ricostruisca, infine, una connessione con il mondo giovanile, perché – cari compagni – esiste un mondo enorme fuori da qui.
Un mondo giovanile che soffre, che non trova lavoro, che lascia la scuola ma non ha un salario decente, che non ha diritti, tutele, garanzie per farsi una famiglia, sempre più donne costrette ad abortire perché sicure di perdere, con la gravidanza, o il lavoro o i pochi soldi che hanno da parte.
E in questo mondo spesso si comincia a rialzare la testa, a lottare. A questi ragazzi e queste ragazze non possiamo riproporre le vecchie liturgie, le correnti, le riunioni, le pre-riunioni, gli accordi di vertice e non possiamo riproporre gli stessi gruppi dirigenti che in questi ultimi venti anni hanno fallito. Qui sta l’urgenza del rinnovamento, altro che rottamazione!
Non è un caso che il rinnovamento, e la parte del partito che lo sostiene, vengano posti sotto attacco dagli stessi che, dopo la sconfitta di febbraio, hanno tenuto fermo il partito per un anno e sono riusciti nell’impresa tragicomica di fare rieleggere il segretario uscente con poco più del 40% dei voti del Cpn.
Da questo punto di vista – concludo – le elezioni europee sono soltanto il primo passo di questo nuovo percorso. Attenzione, però: perché noi corriamo il rischio che ci siano due liste di sinistra per Tsipras. Sarebbe una sciagura, perché divisi – lo abbiamo imparato tante volte – si perde. Noi dobbiamo impedirlo e il senso di questa assemblea è anche questo: essere in campo per costruire un ponte. Perché la sinistra – nella sua tradizione migliore – i ponti non li bombarda, ma li costruisce! E noi vogliamo costruirli, facendo cadere le pregiudiziali, gli ostacoli, i paletti che spesso sono lo specchio dei rancori tra i gruppi dirigenti. Va costruita una unica lista per un’unica sinistra. Una sinistra plurale, dentro cui viva a testa alta l’identità, la storia e il futuro dei comunisti. Finalmente unita, finalmente grande, finalmente utile ai giovani, alle donne, ai lavoratori di questo Paese.
Si tratta del mio intervento all’assemblea Lavori in corso a sinistra promossa dall’area degli emendatari del documento di maggioranza al IX Congresso del Prc. L’obiettivo è quello di prendere atto dell’esito del congresso del Prc e avviare un nuovo percorso aperto a tutte le forze a sinistra del Pd.
caro compagno,
condivido il tuo documento e oggi capisco meglio il voto contrario
espresso da molti compagni. ciao valter Aosta
Bravo Oggionni
UN PASSO AVANTI MA ANCORA NON CI SIAMO
di Vito Nocera
L’incontro di sabato 18, promosso da Essere Comunisti, è stato un utilissimo momento di confronto. Alla vigilia di elezioni europee fondamentali e con un Paese in preda a mille fibrillazioni istituzionali e sociali è indispensabile interrogarsi, come lì si è fatto, se, nel carattere tripolare che ha assunto il sistema politico italiano, esiste ancora lo spazio per una sinistra che abbia una dimensione significativa. Esplorare le ragioni profonde di questa difficoltà aiuta, infatti, a comprendere, quanto sia complicato e difficile immaginare una strada. La crisi in cui, non da oggi, è piombato il Prc ( una crisi che pare irreversibile ) e lo stesso evidente ridimensionamento del progetto di Sel parlano chiaro. E’ ormai dal 2008, più di cinque anni dunque, che tutti i tentativi ( Arcobaleno, Fds, Ingroia, la stessa Sel che senza essere in coalizione non sarebbe entrata in Parlamento ) hanno sostanzialmente dato lo stesso verdetto. Al momento, nonostante le cose che spesso si citano, e che anche la relazione di Grassi ha ricordato ( dai referendum sull’acqua ai sindaci di alcune città ) uno spazio significativo a sinistra non c’è. Ciò per diverse ragioni sulle quali l’assemblea di sabato ha poco indagato. A differenza di Paesi come la Grecia e la Germania,e in parte anche la Francia, qui oltre ai conservatori e ai progressistti è venuto emergendo una terza forza. Il Movimento di Grillo, incarnando all’estremo il diffuso sentimento antipolitico ( presente dovunque in Europa ma più forte in Italia ) e mescolando con scaltrezza contenuti di entrambi i campi in conflitto, è riuscito ad occupare una parte significativa dello spazio politico intercettando quote di elettorato trasversale che ne fanno un partito che naviga intorno al 20%. Di questo 20% almeno la metà ( dunque intorno al 10% ) è verosimile provenga da elettori che prima votavano a sinistra, alle ultime politiche anche una parte del precedente voto al Pd. Dato che, pur evidenziando una certa stanchezza, il progetto di Grillo non sembra in condizione di subire un crollo immediato è facile ipotizzare che a bocce ferme lo spazio a sinistra che si auspica in realtà non esiste. I populisti tedeschi non sono neppure riusciti ad entrare in Parlamento e in Grecia Alba dorata ha connotati marcatamente fascisti. E’ questo che ha reso più facile una tenuta, sia pure a fatica, della Linke in Germania e ( complice la caduta verticale del Pasok ) l’affermazione di Siryza in Grecia. Qui il Pd, nonostante i problemi, non è una forza elettorale in declino e il movimento di Grillo occupa spazi a sinistra che Alba dorata in Grecia non può ambire a occupare.Naturalmente questo non vuol dire che si devono deporre le armi. Solo che serve un progetto meno leggero per pensare davvero a un rilancio. Sabato abbiamo ascoltato con interesse rappresentati Rsu che stanno animando la importante iniziativa per modificare la legge Fornero. Di interesse mi è parso anche l’intervento di Fratoianni di Sel: ha con equilibrio riconosciuto le difficoltà di quel progetto ma anche, giustamente, l’attenzione che in Sel resta elevata per le cose in cui si dibatte attualmente il Pd. Così come ci sarà da riflettere per provare a interpretare conflitti che ormai, vediamo, si muovono lontani dal paradigma della “vecchia lotta di classe”. In questo sforzo, peraltro decisivo se si vuole sperare di riaprire un vero varco a sinistra, l’assemblea mi è apparsa un pò fragile. Pochi hanno trovato la voglia di riflettere ( se si esclude Santilli Oggionni e pochi altri )sulle contraddizioni più inedite che il combinato disposto tra economia e comunicazione globali ci squadernano davanti. Così come di quelle giovani generazioni precarie che, un’abile propaganda ma anche squilibri strutturali effettivi, rischiano di mobilitare contro il quadro sociale dei passati diritti. E tuttavia – e vengo al punto – come già ormai quasi 25 anni fa con la nascita del Prc, senza il venire in campo di una massa critica adeguata che emerga – come allora – da un evento soggettivo forte di rottura ( come sarebbe una esplicita frattura nel Pd di una parte almeno di chi si è opposto e si oppone a Renzi ) non c’è oggi uno spazio che si possa riempire in maniera significativo con le energie, politiche e sociali, delle attuali sinistre.Non dico che questa frattura sia probabile. La crisi che investe l’Italia, insieme a convenienze di parte, è chiaro che sconsiglia lì una rottura. E nell’Italia di oggi , certo molto diversa da quella di 25 anni fa che offrì uno spazio significativo alle forze che lasciarono il pci – pds, non è neppure scontato un consenso. Eppure per puntare sul serio a riaprire uno spazio a sinistra, mi sbaglierò, ma a questa possibilità, pur remota, non si può rinunciare. Del resto lo scontro che c’è nel Pd è sotto gli occhi di tutti. Dalla legge elettorale, alle interlocuzioni politiche, ai temi del lavoro. Fino alla pericolosa arroganza di Renzi che può, alla lunga, diventare il motivo più forte di rottura frontale. E devo dire con franchezza che non aver colto per niente nell’incontro di sabato questo aspetto è sintomo di una immaturità che mi lascia perplesso. Cosa impediva di spedire un segnale ?Dallo scontro sul rapporto col cavaliere, alle critiche alla proposta di legge elettorale che penalizza le forze minori e non riconsegna all’elettore la scelta, fino alle critiche sul progetto di manipolare le regole sul lavoro che Renzi accarezza, sono tutti temi che possono vederci vicini. E mentre è sotto l’offensiva mediatica di Renzi ( che si spaccia per radicale offrendo qualche speranza a un vasto elettorato Pd ) Dio solo sa quanto una sinistra interna ( cui il sindaco di Firenze con i contatti con Vendola e Landini intende strappare anche questa patente ) avrebbe avuto ed avrebbe bisogno oggi di interlocutori, per quanto modesti, a sinistra. L’orizzonte delle elezioni europee, che mi pare abbia concentrato le principali attenzioni, ovviamente resta un passaggio cruciale. Anche per la sfida che sappiamo a quel livello si gioca per l’Euro e per il futuro dell’Unione. Ogni esperienza che contrasti con nettezza antieuropeismo e populismo e che metta in chiaro di voler cambiare indirizzi economici e assetti istituziaonali dell’Unione attuale è benvenuta. Ma ciò che, credo, dovrà prioritariamente impegnarci è il progetto politico di riaggregare forze e reinsediare una sinistra in Italia. Vedremo l’andamento della crisi sociale, capiremo meglio dove potranno arrivare le contraddizioni del Pd, e anche vedremo se sarà utile o meno concorrere in qualche forma per le europee ad esperienze di liste a sinistra. L’importante è che non si ricada nel piccolo cabottaggio alla Ingroia ( o Arcobaleno ) che già si è sperimentato ormai troppe volte, e inutilmente, in questi ultimi anni.
andiamocene e in fretta da Rifondazione è diventata una gabbia di rancorosi e falliti
Oggionni fa un errore fondamentale:
“Attenzione, però: perché noi corriamo il rischio che ci siano due liste di sinistra per Tsipras. Sarebbe una sciagura, perché divisi – lo abbiamo imparato tante volte – si perde.”
La strategia è talmente divisa (e le elezioni sono strategia) che non c’è nessuna possibilità di avere una lista unica. L’abbiamo visto alle politiche, lo vediamo ora.
Noi ponti ne gettiamo un’infinità, ma di là non arriva mai una risposta.
MAI.
Citami un solo caso negli ultimi anni in cui delegazioni di Rifondazione e Sel si sono incontrate per fare iniziative assieme, citami un solo incontro tra segretari e/o segreterie.
Parliamo di cose reali.
“L’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari” A. Gramsci
Ti cito la campagna referendaria per l’acqua pubblica, la lotta sul reddito minimo garantito (nata dalla collaborazione tra Tilt e Giovani comunisti) le campagne elettorali per l’elezione di Zedda e Pisapia e, anche recentemente, diverse esperienze elettorali territoriali, che guarda caso sono quelle in cui in assoluto abbiamo preso più voti.
Il problema – e noi lo abbiamo posto congressualmente – è che tutto questo è stato possibile malgrado un gruppo dirigente strutturalmente incapace di dialogare. Avere riconfermato il segretario è un elemento, da questo punto di vista, molto negativo.
Tutto questo non giustifica l’ennesima scissione organizzata dentro Rifondazione Comunista…
Ho ascoltato il video del tuo intervento… mi hai colpita al cuore!