L’iniziativa di Antonio Ingroia di venerdì al Teatro Capranica era quello di cui avevamo bisogno. Dissipa molti dei dubbi che erano nell’aria. Finalmente, oggi, la nostra sfida elettorale può cominciare. Abbiamo un candidato. Un uomo autorevole e con la schiena dritta, che in questi anni e negli ultimi mesi ha avuto il coraggio di caricarsi sulle spalle battaglie importanti e difficili. Per la legalità costituzionale, per la democrazia, contro la mafia e soprattutto contro gli incroci perversi tra questa e la politica, tra questa e lo Stato.Con questa legge elettorale il candidato premier è fondamentale. E noi, finalmente, siamo in campo con un candidato premier che sta rapidamente recuperando, per tutti noi, visibilità, credibilità, autorevolezza.
Soprattutto – è questa la cosa importante – siamo in campo con un profilo programmatico chiaro, rigorosamente alternativo al berlusconismo e al montismo, e che allo stesso tempo ha l’ambizione di proporre un’alternativa di governo e non la testimonianza residuale dei nostri – pur sacrosanti – principi.Il Partito democratico ha avuto parole chiare nei nostri confronti. Prima la sinistra interna, Orfini e Fassina, poi direttamente Bersani ci hanno detto che non ci sono le condizioni programmatiche per un accordo di governo. Con buona pace di chi negli ultimi mesi ha abbandonato la Federazione della Sinistra per rincorrere prima un confronto con il Pd che non è nemmeno mai cominciato ed entrare poi nel gioco delle primarie provando a legarsi alla stella (cadente) della candidatura di Nichi Vendola.La Sinistra invece è qui, si può riaggregare intorno a questo progetto. Certo, la lista che presenteremo alle elezioni politiche non sarà – in sé – il nuovo soggetto politico della sinistra di cui
abbiamo bisogno. Un soggetto politico non si improvvisa in poche settimane né si costruisce per l’urgenza elettorale. Né, soprattutto, si può fare senza aver prima sciolto alcuni nodi di fondo decisivi: il ruolo del lavoro, la collocazione sociale, l’obiettivo di dare finalmente rappresentanza politica al conflitto sociale.Ma questo progetto è un primo passo nella direzione giusta. A condizione che il timone venga tenuto fermo in quella direzione e non ceda alle provocazioni di qualche professore piuttosto arrogante o di qualche autonominato rappresentante della società civile che vorrebbe, con tanta retorica e molta prepotenza, obbligare al silenzio le forze organizzate, in primo luogo i partiti, in primo luogo Rifondazione Comunista.Antonio Ingroia ha posto la questione nei termini giusti e io sono d’accordo con lui. La lista deve rappresentare la novità e il rinnovamento di cui, anche a sinistra, c’è bisogno. Ingroia ha suggerito che i Segretari di Partito si assumano in prima persona la responsabilità di evitare che la lista venga percepita come la sommatoria di tante debolezze. Non ha chiesto ai partiti di fare un passo indietro. Anzi: ha chiesto ai partiti di stare a pieno titolo dentro la partita, insieme ai movimenti, alle associazioni, alle forze civiche e di movimento. Fuori dal pensiero unico del montismo e in alternativa a quei partiti, sinistra Pd e Sel comprese, che si illudono di poter
aggiungere un po’ di solidarietà e redistribuzione all’austerità feroce del liberismo.Serve un grande atto di coraggio da parte del nostro partito: dobbiamo stare dentro questo progetto, dentro questo processo. Senza subire veti, con pari dignità. Accettando la sfida del cambiamento, guardando al futuro.
Gentile Oggionni, condividevo le sue speranze. Purtroppo i fatti ci hanno dato torto. Fatta salva l’integrità della figura di Ingroia le liste sono state un doloroso fallimento. Nessuna possibilità per la società fatta di gruppi e associazioni di sentirsi direttamente impegnata e partecipante. Nessuno dei designati delle Assemblee è stato collocato in una posizione utile per l’elezione. Nessuna possibilità di sapere i criteri seguiti, a parte il meccanismo della sconce terzine con candidati riproposti in tutta Italia. In compenso inserite persone dal dubbio passato e presente (un super fascista in Sicilia e il pluripropretario di case Di Pietro). Ma questo poteva andar bene se almeno in una parte delle liste si fosse seguito un criterio di democrazia e di rappresentanza territoriale.
Peccato, convinti della vittoria già raggiunta si è preferito solo il funzionariato di partito e i soliti giornalisti e “figure nazionali”, una occasione mancata, una delle tante in cui la sinistra non guarda con lungimiranza al futuro.
Sergio Tanzarella
Segnalo questo blog, a dimostrazione che di problemi ne abbiamo sempre molti: http://perlademocrazianelpdci.wordpress.com/2013/01/02/9/
Lettera di un giovane qualunque ai partiti di sinistra
È arrivato un momento in cui non mi è più possibile stare fermo ad osservare il declino sociale che sembra doversi protrarre ancora a lungo. Per questo, messo alle strette da pesanti interrogativi, ho deciso di scrivere il mio punto di vista. Sembrerà strano ma più il mio ruolo appare irrilevante, più credo sia necessario esercitarlo. Un ruolo che mi illudo possa essere qualcosa di più di un voto. Questa lettera, ad esempio, è una mia prerogativa di libero cittadino.
In questi anni ho vissuto sulla mia pelle gli effetti di una presunta crisi generata in luoghi (peraltro immateriali) troppo lontani dalla vita quotidiana dei miei coetanei e della gente. Ne ho saggiato l’asprezza ma ho anche compreso il livello di mistificazione che quotidianamente ci viene somministrato, concentrato in pillole di verità assoluta. Ciò che viene raccontato come temporaneo malfunzionamento di un sistema perfetto – unica organizzazione socio-economica possibile – è in realtà la crisi del capitalismo. È il dominio della finanza, della speculazione e dell’inconsistente sulla vita materiale di uomini e donne che lavorano.
So di non aver fatto una grande rivelazione, ma è bene prenderne atto. È il presupposto per una comprensione critica del mio ruolo in questa fase storica.
Negli ultimi anni ho manifestato ed espresso il mio antagonismo solo attraverso la condotta che mi sono sempre imposto, ma ho capito che non basta più. Ero fortemente persuaso che il consumo critico, l’autonomia intellettuale ed il supporto morale a tutte le proteste e le istanze politicamente condivisibili potessero essere la ricetta per dare un buon contributo alla collettività. Ma ultimamente sento che non basta più.
Ho gradualmente abbandonato la mia attività politica (in senso stretto) dopo l’euforia dei movimenti e di Genova 2001. Ho deciso di non farmi rappresentare più da un partito da quando la sinistra si è frantumata. Come molti giovani, ho pensato che altre forme di lotta e resistenza potessero essere altrettanto utili ed incisive, e così ho virato verso l’arte, la musica, l’associazionismo. L’ho fatto con impegno e dedizione, riuscendo a coinvolgere ed influenzare, nel mio piccolo, tante persone.
Adesso sento che non basta più.
Ho abbandonato la militanza delle bandiere e dei partiti quando mi sono accorto che l’illusione dei vent’anni, quella di poter cambiare le cose, per molti si trasformava in opportunità: l’opportunità di poter fare il politico di mestiere. Una considerazione superficiale, forse infantile, ma che meglio di ogni altra interpreta il sentimento di quanti avevano sete di idee e sono rimasti delusi. E vi assicuro sono numerosi.
Molti miei ex compagni, con gli anni, hanno deciso di avere ruoli più esposti. Chi consigliere comunale, chi provinciale, chi regionale. Nulla di così immorale. I più audaci tra loro però, quelli che a parole erano i più ortodossi, quelli che erano perplessi nel rapportarsi con i movimenti e con i centri sociali, quelli per cui “il partito fa la rivoluzione”, quando ne hanno avuto l’occasione sono passati ad altri partiti, facendo fruttare in modo più efficace le loro doti di politico.
Da quando la sinistra si è dissolta come l’arcobaleno, nel 2008, molti di noi si son trovati a non avere più alcun punto di riferimento all’interno dell’arco costituzionale. So che magari la terminologia potrebbe apparire obsoleta e so anche che Rifondazione Comunista (il mio punto di riferimento ai tempi di Bertinotti) non era estranea a contraddizioni. Ma vi assicuro che è importantissimo avere un interlocutore politico che possa esercitare una piccola influenza sulla politica nazionale. Ed infatti, alle prossime elezioni, quanti saranno costretti a rinunciare al voto?
L’assenza di un riferimento politico autorevole è molto più grave della diffusa corruzione e della dilagante immoralità dei politici. Un intero popolo sembra aver orientato la propria frustrazione verso i politici e i politicanti, chiedendo loro onestà, moralità e correttezza. Credo ci sia una buona quota di ipocrisia in questa ondata di antipolitica che accomuna tutto e tutti in un unico impeto emotivo, come se il miglioramento delle nostre condizioni di vita dipendesse esclusivamente dal finanziamento ai partiti o dallo stipendio dei parlamentari. Questo gran polverone, pur sollevando una serie di problemi da risolvere, rischia però di distogliere ulteriormente l’attenzione dalle differenze e dalle alternative necessarie. I politici potrebbero anche essere tutti uguali, le idee no. Cavalcando questo umore potremmo allora dare il nostro consenso ad un neo-liberista che rinuncia a parte del suo stipendio e che si batte contro il finanziamento ai partiti ma che poi promuove privatizzazioni, contrazione dei diritti e altre politiche scellerate. Dimentichiamo che le vite in gioco sono le nostre e non le loro. Io non sopravvaluto l’uomo che fa politica e che detiene una certa quantità di potere (teoricamente assegnatogli), non mi aspetto da lui comportamenti eticamente esemplari ma esigo azioni concrete che rispettino il suo mandato ed i suoi elettori. Mi aspetto proposte alternative e differenti. Non mi interessano tanti politici onesti che facciano una politica qualsiasi, mi interessa la mia idea politica rappresentata da persone corrette e che ci credano davvero.
Le evoluzioni sociali, produttive ed economiche di questi tempi mi impongono di estendere l’interpretazione politica, prendendo in considerazione, ad esempio, gli aspetti ecologici e ambientali che ora più che mai si fanno preminenti. Ho dovuto ammettere con onestà che la decrescita dei consumi, delle produzioni, delle merci e dunque dell’orario di lavoro sia una necessità assoluta. La vita della biosfera è naturalmente sovraordinata a quella umana e di conseguenza, prima di garantire i diritti ai lavoratori, bisogna necessariamente creare i presupposti per il mantenimento delle risorse, e dunque della vita.
Per quasi un secolo il mondo capitalista e quello socialista si sono rincorsi sulla strada della crescita. Crescita illimitata, sproporzionata, incondizionata. Crescita impossibile. Crescita assunta come dogma, come unico indicatore di successo per un sistema socio-economico. E non è la crescita umana, spirituale, sociale, culturale, solidale, ma la crescita economica e delle merci. Una crescita che ha danneggiato i territori e gli ecosistemi, le nostre primarie fonti di sostentamento nonostante qualsiasi illusione tecnologica. Ed oggi, in nome di questa crescita, ci avventuriamo ad occhi bendati verso un punto non meglio identificabile, e tutto ciò a scapito dei giovani, ai quali è stato sottratto il futuro.
La dittatura del PIL, che lo sappiamo bene non indica affatto lo stato di benessere di un popolo, è quella che ci spinge a lavorare, a produrre, a consumare ciò che abbiamo prodotto e a ripetere il giro all’infinito, ottusamente, confondendo la crescita con lo sviluppo e con il progresso. E mentre la nostra impronta ecologica si fa sempre più invadente, andando ben oltre la capacità di carico del pianeta, qualcuno continua a dirci che dobbiamo riprodurci, mettendo al mondo nuovi precari pronti ad indebitarsi, a consumare e a generare rifiuti.
A favore della crescita giocano la flessibilità del lavoro, lo smantellamento dei diritti, la precarizzazione delle vite, l’incitamento all’indebitamento costante, ai consumi fuori dalla propria portata e all’istupidimento. Un operaio che può acquistare lo stesso televisore ultrapiatto o lo stesso smartphone di un borghese, se pur a rate, è un operaio che non avverte più l’esigenza della lotta di classe. E l’aspetto più triste della vicenda è che il televisore ultrapiatto o lo smartphone non sono in alcun modo indicativi di un acquisito benessere, dato che a fine mese nella maggior parte dei casi non ci si arriva ugualmente. L’economia al servizio del consumo e della crescita sfalsa le percezioni e diluisce le differenze sociali che invece, oggi, sono sempre maggiori. Il degrado culturale va di pari passo con quello politico. La riduzione del conflitto sociale rende la gente docile e disponibile a tutto, anche contro i propri interessi.
Mi sono sempre sentito comunista, ma non mi è mai interessato rinchiudermi dentro un recinto ideologico immutabile, pur credendo fortemente nella forza propulsiva delle ideologie. La fine del bipolarismo mondiale che i poteri forti hanno deciso dovesse verificarsi attraverso il crollo simbolico di un muro, ci ha ridotti alla stregua di consumatori di un solo prodotto, lettori di un solo giornale, rinunciatari e disillusi.
Per questo, senza rimpiangere il passato ma con lo sguardo al futuro, mi accorgo che occorre una nuova visione per il cambiamento, per un altro mondo possibile e necessario.
Peccato però che io non riesca ad identificare una sola forza politica capace di interpretare questa tendenza, la più moderna e ragionevole. Quella che coniuga e collega, in una sola prospettiva, socialismo ed ambientalismo. C’è chi lo chiama ecosocialismo. Personalmente non amo ricorrere a troppi –ismi, né mi interessa inoltrarmi in ulteriori formule o denominazioni. Si tratterebbe, semplicemente, di una sinistra contemporanea ed anticapitalista.
Nel 2013, quindi, a chi potrei dare il mio voto? Dopo quasi vent’anni di inebetimento in cui l’unica contrapposizione è stata quella sterile tra berlusconiani e antiberlusconiani, a chi potrei rivolgermi? A forze di sinistra, proclamatesi ecologiste, che sono già pronte ad allearsi con i liberali? A forze riformiste che sono terrorizzate dall’eventualità di poter essere identificate dagli elettori come “di sinistra”? A variopinti agglomerati di sigle e siglette sotto la guida di un altro giudice in cerca di nuove esperienze? Ad un agitatore affannato che approfitta del degrado morale per inserirsi con lezioni di moralità? Ad un manipolo di banchieri e “tecnici” con in mente un’idea di Europa nemica della gente? O ad un partito comunista che, tra i suoi punti programmatici, inserisce un’impossibile “assunzione immediata a tempo indeterminato di tutti i precari”?
Ho trent’anni, vivo al sud e sono precario, laureato e specializzato ma ancora senza un vero lavoro. Dio sa quanto vorrei essere assunto a tempo indeterminato. Dio sa quanto io creda nel lavoro come diritto, come garanzia e non come traguardo da raggiungere attraverso la competizione. Dio sa quanto io possa attribuire a Marco Biagi (e seguenti) la colpa del disastro sociale attuale. Ma pur non essendo un esperto di economia, mi rendo conto che un cambiamento rapido e drastico è una favola, e parlarne è un esercizio di stile, se non addirittura d’ozio. Tuttavia è indispensabile regolare e riumanizzare il mondo del lavoro, e per fare questo è necessaria l’influenza di una forza politica antagonista e autorevole. Facile a dirsi.
Quando qualche anno fa sono nati, dalla disgregazione della sinistra, tanti piccoli partiti con piccole sigle, piccole bandiere e piccoli leader, io ho smesso di dare la mia fiducia. Ma oggi qualcosa mi dice di tornare a riflettere.
Ho sempre guardato queste realtà con un certo sospetto, e non escludo che ciò sia dovuto ad una mia limitata capacità di analisi politica. Mi sono sempre chiesto quale peso potesse avere il mio voto per uno di questi partiti, e quale peso potesse avere uno di questi partiti nello scenario nazionale. Non lo so, ancora non ho una risposta alla mia domanda. Sicuramente esistono aspetti che mi sfuggono o il mio modo di intendere la politica è viziato dal pensiero dominante che impone visibilità come sinonimo di esistenza. Probabilmente risiede in me un’infantile o idilliaca idea di purezza che, in maniera molto ingenua, mi aspetto da un semplice partito politico in un Paese occidentale.
Quindi ho valutato criticamente tutti questi nuovi partitelli di sinistra, indistintamente. Si potrebbe obiettare, giustamente, che non sono tutti uguali, che esistono sostanziali differenze, e che dunque il mio accomunarli in un solo ragionamento contiene già di per sé un errore di valutazione. Ma io ho sempre considerato velleitarie le divisioni della sinistra, in un periodo che richiedeva a gran voce l’unità. Non siamo tutti fini politicanti, non disponiamo tutti di strumenti culturali che ci consentano di valutare sfumature e dettagli, ma generalmente abbiamo bisogno di un riferimento chiaro e importante. Quando questo viene meno, la gente si lascia affascinare dalla Lega Nord, dalla destra, dal padrone. Quando questo viene meno, riemergono la violenza e l’inconcludenza degli anni più bui della nostra storia recente. Quella violenza esercitata in nome del proletariato ma nella quale il proletariato non si è mai riconosciuto.
Chi votare dunque? Votare per il futuro di tutti o per la propria autoassoluzione?
D’altro canto, però, il mio voto sarebbe superfluo in ogni caso, considerando le ultime evoluzioni che vedono la totale incapacità della politica italiana, quella dei grandi partiti, di riprendersi un ruolo nascondendosi dietro la pacata arroganza dei banchieri, dei liberisti e dei padroni.
Non escludo che la mia rinnovata voglia di militanza possa essere solo il tentativo di sentirmi apposto con la coscienza, in un periodo in cui sarebbe troppo pesante la responsabilità di un non voto. È per queste ragioni che ho deciso di scrivere questo appello, forse un’esortazione, quasi uno sfogo, probabilmente inutile ma molto sentito.
Finora ho scritto in prima persona, ma vi assicuro che ciò che mi spinge a queste riflessioni è ampiamente condiviso da un gran numero di giovani, orfani della sinistra ma ancora desiderosi di partecipazione e di guida.
Mi sarei aspettato qualcosa di più dai programmi che ho letto nei siti dei partiti di sinistra, qualcosa che fosse più aderente alla realtà quotidiana delle nostre vite, qualcosa che ci spingesse con maggiore entusiasmo all’adesione, qualcosa che si traducesse in azioni realizzabili o quantomeno proponibili.
Un voto “a naso chiuso”, un voto per il “meno peggio” o anche per “l’unico partito antagonista” non è sempre un voto utile, perché è episodico e non costruisce nulla.
Siamo numerosissimi ad augurarci ancora, dopo anni, l’unione della sinistra italiana in una sola realtà che possa fare i numeri, quelli necessari per avere un senso. Lo so, si ridurrebbe il numero dei segretari, delle bandiere, delle sigle, ma si ridarebbe un serio e valido punto di riferimento ai lavoratori, ai precari, ai giovani, ai migranti, alle minoranze e, perché no, agli intellettuali borghesi radical chic che da un po’ non trovano più collocazione. Una sinistra popolare ma non pop.
L’Europa viaggia in una direzione opposta e antitetica a quella dei diritti e del lavoro, ed è in questo momento che una sinistra forte e con i consensi potrebbe giocare un ruolo importante. Una sinistra che sia in grado di leggere il mondo, che sappia reinterpretare la dottrina, che sappia fare una rinuncia oggi per costruire le conquiste di domani.
Sono sicuro di rappresentare, con queste mie parole, centinaia di migliaia di giovani italiani che hanno voglia di partecipazione ma che non possono sprecare le loro energie.
Purtroppo lo sappiamo tutti da tempo, in politica non è la somma che fa il totale, e ne è stato eloquente dimostrazione l’esperimento della Sinistra Arcobaleno. Ed infatti ciò che è necessario non è una somma, ma una sintesi.
C’è bisogno di proporre con forza temi importanti per questo Paese.
– Prima di tutto la definitiva risoluzione di quella che in tanti hanno definito questione meridionale. Il sud dell’Italia, annesso forzatamente in un nuovo Stato unitario liberale, è stato sin dal 1860 oggetto di una pianificazione politica ed economica ben precisa che lo ha designato come colonia interna. Un popolo il cui ruolo è quello di fornire braccia e cervelli al nord Italia o, in alternativa, di acquistare i suoi prodotti. Un popolo umiliato, mortificato, diseducato, abbandonato all’insorgere fisiologico di logiche clientelari e mafiose che oggi, tuttavia, superano i confini e si insinuano anche nel ricco nord. Ampi territori in cui è stato imposto lo smantellamento di realtà produttive che, se pur tra mille contraddizioni, generavano lavoro e reddito. Regioni che sono ancora oggi preda di un inesorabile spopolamento. Terre di conquista per le quali vengono promessi ponti, centrali a carbone ed altre assurdità come risoluzione dei problemi.
– Il salario sociale, indispensabile per i giovani in cerca di lavoro e per i disoccuparti. La ricerca del lavoro, oggi, è un importante investimento economico, è un’avventura, è una dispendiosa incognita, e fin tanto che non muteranno gradualmente le condizioni del mercato del lavoro, i giovani (e non solo) saranno esposti a continui rischi e ad un livello di instabilità altissimo.
– Seri disincentivi per le aziende che non assumono a tempo indeterminato e che scelgono di adottare le altre forme contrattuali previste, causa di incertezza e precarietà.
– La formazione e l’affiancamento all’interno delle aziende. Non è più accettabile che i datori di lavoro cerchino e assumano (a tempo…) solo persone con anni di esperienza pregressa. L’imprenditore deve assumersi la responsabilità della sua scelta, deve formare i neo assunti ed assumerli a tempo indeterminato.
– L’abolizione definitiva (in ogni sua forma e denominazione) dello stage, quella meravigliosa forma di lavoro gratuito ed intercambiabile che consente alle aziende di abbattere i costi sfruttando giovani per i quali, in questo sistema distorto, lo stage rappresenta una grande opportunità da spendere in seguito, nei successivi e lunghi anni di precarietà.
Il lavoro è il fulcro su cui fare leva per ridare dignità alla gente e per riprendere un cammino verso l’equità e la redistribuzione. Ma sono tanti altri i punti fondamentali su cui lavorare per il cambiamento.
Pensiamo solo ad una seria regolamentazione della circolazione delle merci; ad una seria regolamentazione in materia di imballaggi delle merci di ampio consumo; alla drastica riduzione dei trasporti su gomma; alla promozione concreta delle economie locali; all’educazione alla riduzione dei consumi; all’aumento delle tasse sui grandi capitali e sulle rendite; alla riduzione dei costi della politica; al ruolo dei lavoratori nelle aziende; al diritto di voto per gli immigrati; ai diritti per tutte le coppie.
Una politica che cambi paradigma passando dalla centralità dell’economia e della crescita alla centralità del lavoro, della gente e dell’ambiente, che abbini la riduzione delle merci all’aumento dei diritti. Le due cose non sono affatto in contrasto tra loro, lo dicono ormai in tanti più autorevoli di me.
Non sono un politico, né uno statista. Non ho le capacità e le competenze per stilare un programma politico e non è necessario che io le abbia. Però vivo la realtà, come tutti i giovani, come tutti i lavoratori, come le donne, i migranti, i precari, i disoccupati.
Sappiamo bene ciò di cui abbiamo bisogno e ciò di cui vorremmo parlasse una forza di sinistra. La voteremmo volentieri. Ed infatti alla politica – mi auguro fatta anche da noi – affideremmo il compito di stilare programmi e strategie.
Il nostro voto a queste elezioni potrebbe essere inutile, o peggio ancora dannoso. Ma il futuro non si esaurisce in pochi mesi, e può essere migliore di come si presenta se percorso in una prospettiva socialista. Ma abbiamo tutti bisogno di realismo, di cose concrete ed immediate e di unità.
Mi auguro che ciò possa verificarsi. Ce lo auguriamo in tanti.
quindi?
Dove c’è puzza del pd, io non ci sto.
mi sembra chiaro che da una parte ci sono ingroia, de magistris, il pdci e l’idv e dall’altra il prc e revelli. oggionni scrive che sta con ingroia.
domanda: che si fa?
Cara Lidia,
scusami se ti contraddico ma leader è utilizzata nel vocabolario politologico inglese in relazione alla figura di referente del governo presso le due Camere dell’ordinamento britannico ben prima del Ventennio fascista.
Non ha una connotazione di destra, se non quella che gli si vuole dare (o che gli è stata data nel corso degli anni) legando l’esistenza stessa di un capo allo scivolamento semantico verso la gestione autoritaria e dispotica del potere da parte dello stesso.
Lo stesso culto della personalità criticato nella nostra tradizione ammetteva e considerava del tutto legittima l’esistenza di un capo. Nella nostra tradizione il Segretario generale.
Qualsiasi sia il giudizio che di essi si vuole dare, non saprei leggere la nostra Storia senza riconoscere l’influenza di personalità come Lenin, Stalin, Rosa Luxemburg, Gramsci, Togliatti, Berlinguer etc.
Mi sbaglio?
Simone Oggionni
Non ti sbagli, ma Rosa ad esempio non fu mai un laeder, e le parole sono pietre:,oggi la parola non può essere usata in Europa senza ricordare che vi sono stati in questo nobile e civile continente il duce il Fuehrer, il caudillo, il conducator , il piccolo padre ecc ecc. e che dopo Berlusconi Capo del governo e non Presidente del consiglo e i presidenti delle regioni diventati Governatori e il trend presidenzialista invece che parlamentare impresso da Napolitano alla presidenza della Repubblica e l’arroganza di Monti, chi vuole essere di sinistra, atlernativo/a e sopratttutto comunista, deve sottolineare al massimo la caratteristica colllettiva della gestione del potere e soprattutto della formazione della cultura politica, mantenendo il massimo di spirito critico e frenando facili entusiasmi. ciao grazie per l’arttenzione lidia
Gentile Signor Oggionni,
ricevo ora notizia che arriva pure quest’altro:
>>>Piero Grasso candidato PD…
Da quando gli statali non riescono più a controllare i politici coi vari sistemi che hanno sempre usato in passato, si sono decisi a scendere in campo per difendere direttamente i loro interessi di casta. Ad esempio i movimenti per l’acqua e la scuola “pubbliche” non hanno altro che statali al loro interno, statali che s’impegnano al massimo per attrarre i cittadini e convincerli a mantenere “in servizio” gli statali, piuttosto che scegliere altre strade.
Ovunque si vada sono presenti molti statali che fingono un impegno civile e politico mentre non fanno altro che deviare gli astanti dalla preziosa unica consapevolezza che una Democrazia non può avere nessuno in carica a vita nel settore del pubblico impiego, così come già abbondantemente assodato nell’ambito governativo.
La Questione Pubblica è davvero l’ultimo e più grande dei taboo. Il sesso non fa più notizia. Il carattere superstizioso del monoteismo non si dichiara ma è noto a tutti. Perfino la Questione Demografica trova molti estimatori. L’indebita permanenza di assunti a vita nel settore pubblico non trova invece ancora alcuno pronto alla denuncia.
E’ dura ammetterlo ma bisognerebbe farlo: siamo stati tutti addomesticati, fin da bambini, dagli statali a credere che gli statali sono esseri tanto naturali e necessari da non riuscire, noi insignificanti cittadini, nemmeno più a vederli, proprio come fossero eterei esseri superiori.
La ringrazio, saluto e porgo i miei migliori auguri per un sereno Nuovo Anno e futuro senza più assunti a vita, senza più accaparratori, monopolizzatori, nei ruoli del nostro BENE COMUNE.
Danilo D’Antonio
si ma… se poi sta col pd (visto che non risulta stia raccogliendo le
firme), tutto diventa niente, anzi peggio, giacchè proseguirebbe l’eterna ed
avvilente presa per i fondelli di chi da sempre spera in un’alternativa
(tradita)! gli esempi (anche recenti) non mancano.
qundi, prima chiarezza sul che fare davvero e poi, forse, avanti col
sostegno. ma se rimaniamo miti (?) individuali, come sempre e per
espierienza, tutto resta da veriicare. se manca una autentica
organizzazione di base e di classe, infatti, ognuno, andrà dove vorrà e
riterrà, senza confornto e senza responsabilità. Ovvero da nessuna parte e
alla fine inutilmente per nchi chiede altro.
è sempre stato così e dovremmo averlo appreso. purtroppo non mi pare. gli
innamoramenti continuano per poi finire ..
Certo che si ha un concetto strano di COMUNISMO.
Comunismo è condivisione del bene comune.
Si può forse contraddire questa affermazione?
Qualcuno si sente di dire che COMUNISMO è appropriazione del BENE COMUNE?
Ed allora come si fa a prendere per riferimento comunista qualcuno che s’è preso a vita un ruolo pubblico, un ruolo che è di TUTTI e per questo va condiviso, partecipato a turno?!
Ammappela che confusione si trova su ‘sta povera terra.
Finora non c’era Internet e le uniche idee che passavano erano quelle degli statali. Ma ora con Internet la verità pian piano verrà a galla. E finalmente si saprà che uno statale NON può essere comunista perché infrange il fondamento stesso di questo ideale.
Danilo D’Antonio
Público é de todos! Privado é de alguns!
http://hyperlinker.com/ars/de_todos.htm
Non capisco in tutta onestà quale sia questo ruolo pubblico/statale che si è preso a vita!
Questo spiega bene anche l’ironia del dott. Ostellino su questo blog…
Come ti massacro Ingroia, firmato Corsera
di Redazione Contropiano
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A molti compagni non è simpatico. Molti lo adorano a prescindere. Il dibattito è aperto, come si dice. Ma questo articolo del Corriere della sera stabilisce una misura: quello dell’odio del “potere vero” (“forti” non significa nulla) nei suoi confronti.
Questo, naturalmente, non è un “endorsement”. E per capirlo basta leggere gli articoli che abbiamo dedicato agli eventi mediatici “Io ci sto” e “Cambiare si può”. Ma quando si affronta un conflitto è bene tener presente tutte le “combinazioni di forza” esistenti sul terreno. Oltre che il proprio giudizio.
Leggere per credere quanta acrimonia sia riuscito a inserire in un solo articolo il critico televisivo del Corriere della sera, quell’Aldo Grasso di solito molto tranquillo e comprensivo, anche nei confronti del peggior trash espresso in pollici. Si vede che è amore…
Persino la foto inserita nell’edizione online è un esempio di “mostrificazione” quasi imbarazzante, per chi l’ha ordinata…
Una retorica da canzonette del pm quasi-candidato
Ingroia e la politica dopo la parentesi Onu in Guatemala.
Quelli come Antonio Ingroia non si accontentano di fare bene il loro lavoro, vogliono anche redimere il mondo. Per loro la spada della Giustizia è sempre senza fodero, pronta a colpire o a raddrizzare le schiene. Dicono di impegnarsi ad applicare solo la legge senza guardare in faccia nessuno, ma intanto parlano molto delle loro indagini anche fuori dalle aule giudiziarie, contenti di esibire la loro faccia. L’esposizione mediatica, gli interventi ai congressi di partito sono un diritto, ma per dimostrare la propria imparzialità non bastano frasi a effetto, intrise di retorica alla Toto Cutugno: «Partigiani della Costituzione», «Il libro dei sogni», «Un tesoro smarrito sul fondo dell’anima» (non della schiena, dritta per intenderci).
Dopo un periodo di pausa attiva (da due mesi stava svolgendo un lavoro investigativo patrocinato dall’Onu in Guatemala contro i narcos), dopo il via libera del Csm, Ingroia ha offerto la sua disponibilità a candidarsi (io ci sto!) chiedendo ai vari Di Pietro, Ferrero, Diliberto di «fare un passo indietro». Tra i fan del nuovo líder máximo spiccano i nomi di Moni Ovadia, Sabina Guzzanti, Fausto Bertinotti, Gino Strada, Vauro. L’ex procuratore aggiunto vorrebbe anche Maurizio Landini e Michele Santoro.
In Guatemala ci è finito mentre si chiudeva «la madre di tutte le indagini» della Procura di Palermo, quella sulla presunta trattativa Stato-mafia, con le famose intercettazioni riguardanti anche il Colle (che non pochi problemi hanno creato nei rapporti istituzionali) e il consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio, un tempo stretto collaboratore di Giovanni Falcone, stroncato poi da un infarto.
A Palermo ha abbandonato l’inchiesta nella sua fase più delicata e il comizio di venerdì non ha certo giovato alla sua reputazione (già incrinata dalla gestione di Massimo Ciancimino) e alla credibilità della magistratura italiana, alimentando il sospetto che l’attività giudiziaria, specie se clamorosa, venga intesa da alcuni come opportunità per una carriera politica.
Le debolezze del magistrato non lo rendono più umano, ma soltanto più simile a un cittadino al di sotto di ogni sospetto.
Aldo Grasso
Sarebbe senz’altro meglio, anzichè un simbolo unico, di coalizione, la copresenza di tutti i simboli, cioè dei simboli di tutte le forze che andrebbero a formare il “quarto polo”. Il simbolo di coalizione richiama molto la triste esperienza dell’Arcobaleno.
Del quarto polo fa parte anche il PdCI? Se non ne fa parte, ovvero se il PdCI sceglie di votare per il centrosinistra di Bersani, non ha senso che continui con esso la Federazione della Sinistra.
Sarebbe meglio, pure, che il candidato presidente del quarto polo fosse, anzichè Antonio Ingroia, Giorgio Cremaschi.
Rispetto alla motivazione del quarto polo costituita dall’ “insufficienza” di Rifondazione Comunista, è vero che Rifondazione presentandosi alle elezioni da sola non ha possibilità di eleggere alcuno. Ma questa insufficienza del PRC è tale anche nel momento e nella misura in cui Rifondazione stessa rinuncia ad essere forza veramente d’alternativa, autonoma, e d’opposizione (“il cuore dell’opposizione” come dicevamo nei primi anni del partito). La linea politica non decisamente e visibilmente d’alternativa, autonoma, e d’opposizione, è in corso da ormai una decina d’anni, per scelta, o consenso, dei gruppi dirigenti del partito. E’ iniziata, questa linea perdente, con la svolta di Bertinotti di apertura al centrosinistra l’indomani del referendum del giugno 2003 sull’art.18 dello Statuto dei lavoratori e si protrae – con l’unica eccezione del Congresso di Chianciano – ad oggi. Oggi, nelle ultime settimane, è rappresentata dalla sostanziale assenza del partito sulla questione della legge elettorale. Al di là di qualche dichiarazione, non c’è stata protesta del partito nei confronti di leggi elettorali, esistenti o proposte, che sono un furto della rappresentanza, della democrazia, che escludono il partito stesso dalle assemblee elettive. Eppure nel 1953 i comunisti insorsero contro la “legge truffa”! Oggi i comunisti non si battono, come dovrebbero, in prima persona e con tutto l’impegno di cui sono capaci, per il ripristino del proporzionale vero: è impensabile (ri)costruire il partito comunista in Italia, il partito di classe e di massa, d’alternativa e d’opposizione (l’opposizione, nei momenti più alti, talmente forte e costruttiva da “governare dall’opposizione” come disse Luigi Longo) senza legge elettorale e sistema politico che consentano consistenti, proprie e autonome, forza elettorale e rappresentanza istituzionale.
Fraterni saluti e auguri
Giovanni Caggiati – Parma, 23/12/2012
Condivido le considerazioni, la determinazione, l’analisi e l’entusiasmo: cambiare vuol dire anche mettere fine a marginali protagonismi e riconoscersi nella pratica antagonista.
Grazie Fabrizio, a presto!
grazie,credo di non aver bisogno di trombettieri per capire quel che capita,
mi piacciono quasi di più candidati(e perchè no candidate?) scelti a sorte e
non il solito urlo acritico per costruire famosi laeder lidia
cara Lidia, grazie per quest’ultimo epiteto. Nei panni del trombettiere ancora non mi ero calato.
E se dall’estrazione a sorte dovesse poi emergere il nome di qualche compagno (o compagna) dalla storia nobilissima ma del tutto incapace – oggi – di dialogare con il presente, le sue nuove contraddizioni e le nostre generazioni?
Ti rendi conto che sciagura sarebbe per tutti noi? Io mi sento la responsabilità di assicurare un futuro e una prospettiva a decine di migliaia di persone. Non mi accontento della storia che abbiamo alle spalle. Ti risulterà evidente che se le elezioni dovessero andare male, futuro e prospettiva sarebbero quantomeno compromessi.
Cordialmente,
Simone Oggionni
Caro Simone davvero non riesco a convincermi che bisogni costruire dei nuovi laeders, dato che considero il laederismo una delle massime e non rimediabili sciagure a sinistra. So bene che rischi mortali corriamo, ma proprio in questi casi l’ordinaria amministrazione non serve, non giova,non costruisce, ciao lidia
Sul fatto che con l’ordinaria amministrazione siamo morti, sfondi una porta aperta. Dovremmo osare ancora di più. Quanto ai leaders, non demonizzerei. Avere un bravo leader aiuta, come dimostra la storia migliore del movimento comunista e operaio, italiano e internazionale. Il problema sorge quando i leaders che hai non funzionano!!!
Laeder è la stessa parola (di destra) che Duce e Fuehrer, e indica un potere personale, tanto è vero che nel linguaggio comunista fu detto negativamente “culto della personalità” e ingloba una pericolosa e inutile esaltazione autoritaria personale maschile. Abbiamo bisogno proprio del contrario, di una gestione collettiva e multipla, su questo non si tratta di demonizzare o no, si tratta di due modi diversi e non compatibili di gestire il potere, lo so che sono pignola, ma ho fatto la professoressa tutta la vita e la pedanteria della matita rossa e blu è una ovvia deformazione professionale. Ma siccome oggi il terreno forse unico nel quale abbiamo un rapporto di forzae non sfavorevole può essere la cultura, usare le parole politiche col massimo di precisione è parte decisiva dell’alternativa, scusa l’insistenza lidia
Non resta che l’ironia, condivido, Ostellino
La ringrazio per l’ironia e soprattutto la condivisione! Possiamo registrare la sua adesione?
Simone, siamo sinceri. Si sta facendo un sacco di confusione giocando con il colore arancione. Venerdì si è deciso (e ingroia l’ha detto e ribadito) di andare a verificare con il Pd se ci sono possibilità di un accordo, quindi di presentarsi con la coalzionie di centro sinistra. opzione che prc ha sempre escluso, e che quindi cozza con chi sostiene ingroia. Sabato si è riunito cambiare si può, che invece esclude qualsiasi anche minima discussione con il centrosinistra. Il Pdci, l’Idv, de Magistris, Ingroia, i Verdi, etc fanno parte del primo gruppo. Il Prc del secondo. Non escludo che alla fine nn si faccia niente con il Pd e che poi si vada insieme. ma non facciamo confusione ulteriore.
Terribile! L’apertura del giornaletto dei ferreriani controlacrisi.org di oggi è questa intervista vergognosa a Mattei, quello che sta combattendo Rifondazione ovunque!!!
Ci siamo incontrati per la nascita di Cambiare si può. Da allora sono seguite diverse assemblee tutte verso la formazione di questo Quarto Polo. Un tuo bilancio sul percorso sino all’assemblea di ieri.
L’ Assemblea al Quirino è stato un vero disastro. Uno scontro semi- militare fra canuti militanti di partito contro ex militanti. Si respirava l’ irrilevanza, la sconfitta, il cupio dissolvi della peggior sinistra. Ingroia è comparso ha parlato e non ha neppure ritenuto necessario far finta di ascoltare. Se ne è andato dopo mezz’ora! Altro che nuova politica….Il processo non è chiuso ma certo non è in buone mani.
Un’assemblea ricca di interventi e partecipata quella che ha visto il Teatro Quirino pieno di realtà diverse: politiche, di movimenti, associazioni e singoli individui. Nel teatro si è discusso a lungo, negli interventi che si sono successi, sulla possibile candidatura di Ingroia, su questo confronto con il Pd, mal visto da chi crede con fermezza nella costruzione del Quarto Polo. E’ arrivata poi la notizia, da parte di Bersani, che non accetta il confronto con Ingroia. Il tuo punto di vista in merito.
L’ho detto apertamente e lo ripeto. Per me Ingroia, per quel che rappresenta non certo come persona che non conosco, è il peggior candidato possibile. Non solo il metodo della sua scelta, informata alla logica puramente mediatica del suo lavoro, ma anche il merito: una tetra simbologia disciplinare e legalistica, un “uomo di Stato” che propone i metodi autoritari del ripristino della statualità come panacea di ogni male. “Riforme, meritocrazia, legalità e lotta alla corruzione” sono altrettanti capitoli dei Programmi di aggiustamento strutturale con cui il Fondo Monetario e la Banca Mondiale conducono la loro politica genocida. Io sono, e con me sono davvero tanti compagni, per l’ illegalità creativa e costituente, per una visione olistica della politica, per una vera rivoluzione del senso comune. In questi ultimo cinque anni, soprattutto con la Commissione Rodotà ed i referendum avevamo fatto passi da gigante nell’ elaborare e diffondere le nostre ragioni. Ci vogliono studio, riflessione ed impegno nelle lotte. Ingroia ha fatto un altro mestiere. Non ci si improvvisa attori del cambiamento sociale. Quanto a Bersani, credo che abbia tutto l’ interesse ad un polo guidato da Ingroia. Forse toglierà qualche voto a Grillo, dovrebbe consentire a De Magistris di sfilare l’IDV a Di Pietro, forse toglie qualche voto a Vendola e ricostruisce lo spauracchio ridicolo di Berlusconi che torna, portando il dibattito in dietro di vent’ anni. Ne guadagnerà il “voto utile”. Soprattutto, non emozionando alcuna delle giovani energie che ci sono nel paese, Ingroia non porterà a votare neppure uno di quelli che si astengono anche con Grillo in campo, che sono il vero spauracchio della partitocrazia. Quei voti si potrebbero conquistare con una simbologia e un’immagine nuova e credibile del tutto opposta a quella del giustizialismo antiberlusconiano.
In assemblea si doveva arrivare a stipulare le regole per capire le regole sulla formazione della lista elettorale, ma si è protratta e sul finale è stato deciso che Revelli, Pepino e la Sasso proporranno un testo che poi passerà al vaglio delle assemblee territoriali votate dagli iscritti e da chi si iscriverà a Cambiare si può fino al momento del voto e da quelli che il 15 dicembre hanno partecipato alle assemblee in tutta italia lasciando una mail. A quali modalità e regole daresti spazio per proseguire?
Francamente, come avrai capito dalle precedenti risposte, comincio a nutrire dubbi seri sul senso di proseguire. Quali che siano le regole scritte nel dispositivo i mestieranti del vecchio riusciranno a sconfiggere quei pochi, fra i coinvolti in CSP, che vogliono davvero innovare. Io voglio bene a Pepino e Revelli ma credo che il sol fatto che si sia dato a loro l’incarico di questa esplorazione dimostra il fallimento dell’ Assemblea del Quirino. Con chi parleranno? Ce li hanno i numeri di telefono dell’insorgenza che c’è nel paese e a cui bisogna spiegare perché abbia ancora senso votare nonostante la crisi terminale della rappresentanza? Ho cercato di dirlo nel mio discorso, che con gran mestiere è stato autorizzato solo quando tutti se ne erano già andati per minimizzarne il senso: sarebbe molto più importante coinvolgere 10.000 militanti giovani e pieni di energie che continuare a ripetere che non c’e’ tempo e bisogna affidarsi a chi può andare a Porta a Porta o a Otto e Mezzo… Il Quirino sembrava una famiglia di genitori rissosi dalla quale i figli scappano: dov’erano gli studenti? Gli occupanti dei Teatri? Le prime linee dei movimenti contro le grandi opere? Dove i Centri Sociali? Dove gli acquaioli? L’ invito di Ingroia ha fatto scappare i figli ancora di più! Io credo che la sola via a questo punto sia di smetterla con la retorica delle candidature “dal basso” che porteranno solo esponenti di classe politica, e provare a immaginare un gruppo di quattro o cinque persone che abbiano voglia di mettere la faccia e magari annacquino un po’ il senso giustizialista-partitocratico emerso al Quirino. Io creerei un comitato di tre saggi, presieduto da Gallino che decidano questi cinque o sei nomi. Poi le assemblee locali compilino i restanti posti in lista e tanti auguri a tutti!
I movimenti che “aderiscono” a Cambiare si può sono una realtà molto importante, dall’acqua al no tav, insieme ad alcuni partiti e rappresentano gran parte dei cittadini che hanno votato il referendum contro la privatizzazione dell’acqua pubblica, sostenuti dall’impegno nei territori. Aumentano i sostenitori a Cambiare si può. Resta un lavoro immane da fare per la campagna elettorale rispetto ai tempi a disposizione.
Io non condivido quest’ analisi. A cambiare si può non aderisce alcun movimento in quanto tale. I movimenti non “aderiscono” a un bel niente e si autorappresentano. A CSP per ora ci sono solo alcuni esponenti, più o meno prestigiosi e attivi dei vari movimenti e poi ci sono tutti gli ingredienti di un nuovo, vetusto arcobaleno. Ma l’ottimismo della tua domanda mi fa ben sperare. Ed è forse per questo che, nonostante il processo fin qui mi stia davvero facendo tristezza, ci resto dentro. Non mi piacciono quelli che abbandonano e vanno sull’ Aventino. Non è il mio carattere.
Con lo scioglimento delle camere da parte di Napolitano il percorso delle firme raccolte viene interrotto? Cosa accadrà adesso tecnicamente?
Io credo che l’accelerazione della crisi e le dimissioni di Monti accettate senza batter ciglio da Napolitano abbiano come principale scopo la salvezza del “lavoro flessibile” che è stata la più importante conquista neoliberale del Governo Monti in combutta con il PD. Il referendum sarebbe stato pericolosissimo perché prefigurava la forza di un alternativa possibile se SEL non avesse fatto altre scelte. Avrebbe messo in imbarazzo tutti. I poteri forti, danti causa del Montismo e dell’attuale fase non potevano sopportare il rischio che il paese scegliesse. Un po’ come per il Referendum di Papandreu. Ora tutto il lavoro è perso.
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Il Comunismo ha un futuro
a patto di capire cos’è
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La nostra cultura si è sviluppata in un modo tale che l’unico approccio di conoscenza che oggi si utilizza è quello specialistico. Al contrario siamo sprovvisti di una visione organica (mancando addirittura i corsi di studio per ottenerla) che ci permetta di vedere il nesso tra le cose. E così, occupandoci ad esempio di economia, se è facile si faccia coincidere il sistema capitalistico con l’attività privata, al contrario è difficile si metta in relazione il sistema comunista con la nostra attività pubblica. Eppure il sistema pubblico soddisfa per molti aspetti il caposaldo della teoria comunista: la comunanza dei beni e dei mezzi di produzione.
Il fatto è che oggi impera pure un modo monoideistico di vedere la vita, a causa della generalizzata disdicevole pratica del monoteismo. Questa attitudine mentale, che permette alla propria mente di ospitare un solo ideale escludendo tutti gli altri, fa sì che quando ci si riferisce all’ideale comunista, tanto da parte dei sostenitori tanto da parte dei detrattori, ciò che si intende è la sua realizzazione assolutistica, coinvolgente l’intera società e non concedente spazio ad altro. Stessa identica cosa avvenendo per altro con l’ideale capitalistico.
E così non ci si avvede che in realtà la parte buona del comunismo, sarebbe a dire la pura comunanza dei beni e dei mezzi di produzione senza la dittatura di alcuno e senza una sua estensione totale sull’intero territorio economico, è una realtà sociale almeno in parte già esistente nella nostra società e coincidente proprio con la sfera delle attività pubbliche.
Il prendere bene coscienza di ciò, masticando a lungo queste idee, ci apre a nuove consapevolezze:
– innanzitutto capiamo che la sfera pubblica è giunta fino ad oggi conservando dalla nascita un grave difetto d’impostazione: l’assegnazione a vita dei pubblici suoi ruoli; ciò genera una casta di statali i quali, solo loro, posseggono di fatto un bene comune (non a caso lo gestiscono proprio come fosse loro) costituito da una ricca moltitudine di incarichi, poteri e redditi, venendo così immediatamente infranto lo stesso principio di base della proprietà pubblica.
– capiamo poi che la visione assolutistica tanto del comunismo quanto del capitalismo è sbagliata, il pubblico ed il privato, ed i loro corrispondenti teorici: il comunismo ed il capitalismo, non solo potendo ma proprio dovendo convivere in parti equilibrate in modo da garantire altrettanto equilibrio tra società ed individuo, in modo che la prima abbia a svolgere bene le sue funzioni senza schiacciare le persone ed in modo che queste siano libere di esprimersi, felicemente rinsaldando ancor più la società.
– capiamo pure che il capitalismo è cresciuto troppo ed ha invaso quasi l’intero mondo economico essenzialmente per due motivi: perché il comunismo teorico che dall’altra parte si voleva realizzare era sia sgradevole (a dir poco) che poco funzionale e perché la sfera pubblica (che avrebbe invece potuto realizzare efficacemente l’aspetto migliore dell’ideale comunista) aveva ed ha ancor oggi un brutto difetto di impostazione che ne decreta il fallimento e spinge senza indugio alla privatizzazione.
– capiamo infine che per far addivenire la società (sarebbe la prima volta nella sua storia) ad una situazione tanto felice quanto stabilmente tale occorre introdurre l’assegnazione a rotazione dei pubblici ruoli, al fine di realizzare una vera Res Publica, e contemporaneamente ricondurre un numero di attività attualmente comprese nella sfera privata all’interno della sfera pubblica, fino allo stabilirsi di un equilibrio quantitativo tra le due parti.
Dall’Unità d’Italia ad oggi la pubblica amministrazione ed i vari governi che si sono succeduti hanno avuto mille occasioni per lanciare una riflessione di questo tipo e realizzare una sintesi propositiva adeguata. Avendoci potuto evitare tante spiacevoli, quando non drammatiche, situazioni vissute e pure quella, grave, in cui ci troviamo ora. Ci spiace molto osservare che chi ha la pretesa di guidare la società si mantenga in realtà spesso molto indietro rispetto ad essa.
Ma oggi è lo stesso Pianeta Terra, con la tremenda crisi economica in cui ci stiamo tuffando velocemente a causa dell’esaurimento delle sue risorse, a decretare l’urgenza di un subitaneo passaggio dall’incompresa, e quindi caotica, situazione attuale ad una chiara, e quindi ordinata, situazione in cui ad ognuno sia garantito un lavoro minimo, con un reddito da cittadinanza coprente i brevi periodi intermedi, in cui la corruzione venga spazzata via definitivamente ed in cui l’economia sia davvero al servizio del benessere e dell’evoluzione individuale e sociale.
Tutto ciò partendo proprio da una armonica rotazione sociale realizzata all’interno delle pubbliche strutture.
Naturalmente, per osservanza di quel prezioso metodo di conoscenza e di intervento che è l’approccio organico, non possiamo esimerci dal ricordare che nessuna felice visione si potrà mai in realtà realizzare nel nostro come in qualsiasi altro Paese del mondo senza aver prima firmato dei patti di autocontenimento alla produzione economica ed alla riproduzione umana. In modo che alcun Paese o Confederazione di Paesi possa praticare, e spingere gli altri a, condotte economiche, riproduttive, politiche, militari che non siano rispondenti e finalizzate allo stabilirsi di un forte sentimento di pace e felicità diffuso su tutto il Pianeta Terra.
Danilo D’Antonio
Piazza del Municipio
64010 Rocca S. M. (TE)
tel. 339 5014947
approfondimenti:
http://Capitalismo-e-Comunismo-nella-Nuova-Era.hyperlinker.org
http://Equo-Impiego-Pubblico-a-Rotazione.hyperlinker.org
http://Metamorfosare-Necesse-Est.hyperlinker.org
http://Decrescita-e-Metamorfosi.hyperlinker.org
http://The-Switch.hyperlinker.org
http://Il-Calendario-della-Terra.hyperlinker.org
Giusta analisi: infatti Essere Comunisti e Ferrero non hanno la stessa linea. Per fortuna si tiene tutto assieme… ma la sostanza e la credibilità la portano De Magistris, Ingroia… e quella parte del Prc che sta con Grassi, Oggionni etc…………. se fosse per Ferrero saremmo morti!
Chi si sta suicidando è invece il prc ferreriano.
Emblematico l’articolo di oggionni, che tra le righe manda a quel paese cambiare si può e dice che è “io ci sto” con Ingroia “quello che ci vuole”. E Ingroia, giova ripeterlo, ha ben detto e ripetuto che il suo progetto è cosa ben diversa da Cambiare si può – basta d’altronde vedere i firmatari dell’appello, ovvero Ingoria, de magistris, Di Pietro e nientepopodimeno che Orazio Licandro, uno al vertice del Pdci…
Susanna Camusso attacca l’Agenda Monti. Evidentemente anche lei è parte del complotto delle banche, e vuol far credere alla gente che il centro-sinistra sia diverso dal centro filo-montiano. Ma per fortuna c’è il PRC ferreriano che ha capito tutto, e spiegherà come stanno davvero le cose al popolo in rivolta.
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CAMUSSO: IL PROFESSORE PROPONE UNA RICETTA VECCHIA DI VENT’ANNI
Il segretario della Cgil risponde a Monti che ha accusato il sindacato di sinistra e Vendola di conservatorismo. Le politiche del premier sono simili a quelle proposte, decenni fa, da Margareth Thatcher in Gb e da Ronald Reagan negli Usa
http://tg.la7.it/economia/video-i646927
Grazie Simone.
Un abbraccio ed Auguroni Reds!
Cla
Grazie a te Claudio e ricambio gli auguri 🙂
Cambiare si può… ma non così…entiendes. Yo soi comunista e hablo comunista no arancio. La mi casa es la misma casa de el Che, Cuba independiente y socialista, el Venezuela chavista, el mundo obrero y comunista! Non voterò Arancione, non contribuirò alla scomparsa del Partito della Rifondazione Comunista che ho contribuito a far nascere con dolore, fatica ed impegno nel 1991. L’attuale gruppo dirigente della cosiddetta”sinistra comunista” non mi rappresenta più. Guarderò da un’altra parte, a sinistra. E lavorerò per far rinascere in Italia una sinistra degna di questo nome, di lotta e di opposizione, ed un Partito Comunista di massa e di popolo. Auguri cmq e hasta siempre!saggio originale—-
Il blocco arancione dissolve la sinistra e le ragioni del lavoro.
Si confermano una volta di più le ragioni della presenza elettorale del PCL.
L’annullamento delle sinistre nel blocco “arancione” con Di Pietro e Ingroia segna la liquidazione persino simbolica, sul terreno elettorale, di una presenza indipendente del mondo del lavoro: dissolta nell’abbraccio subalterno con un ex magistrato questurino e subordinata all’egemonia culturale di un indistinto civismo progressista.
La disastrosa esperienza arcobaleno viene dunque replicata in peggio.
Il fatto che ciò accada nel momento della massima aggressione capitalistica contro i lavoratori e della massima crisi della loro rappresentanza politica rende questo atto liquidatorio ancora più grave. Tanto più a fronte dell’apertura al centrosinistra liberale e al suo probabile futuro governo da parte delle forze guida del blocco arancione.
Da un lato la subordinazione di SEL al PD, dall’altro l’annullamento di PdCI e PRC nel blocco arancione, confermano e rilanciano le ragioni della presenza elettorale autonoma del Partito Comunista dei Lavoratori. Che, a maggior ragione, si configura nelle prossime elezioni come l’unica espressione indipendente delle ragioni del lavoro e di un programma anticapitalista.
Partito Comunista
Ripubblico anche qui quanto ho pubblicato (“postato”) altrove, premettendo solo questo: la mania (un vero e proprio complesso di inferiorità, a questo punto!) di stare con chiunque, questo anche a costo di rinunciare al nostro simbolo, alla nostra storia, identità ed ai nostri programmi si è già rivelata deleteria in passato.
E potrà esserlo di nuovo in futuro.
Ma come?!
Crediamo nel comunismo, molte/i di noi studiano con passione Marx, Gramsci, la Luxemburg, il Che ecc., militano nel partito ed altre/i (per es. il sottoscritto) sia pure non da militanti ma da semplici simpatizzanti fanno quello che possono per sostenere appunto il partito e poi?
Poi che facciamo, decidiamo di fatto di autoannullarci?!
Gravissimo errore, perchè secondo me dobbiamo preparci ad un lunghissimo “inverno”: un inverno politico ed economico-sociale che può durare quanto il tragico ventennio fascista.
Se non in termini di tempo, almeno in quelli di disastri relativi a diritti, lavoro ed uguaglianza.
Ecco perchè l’unica soluzione può essere solo l’unità di TUTTI i comuniste e le comuniste di questo Paese.
Quando Gramsci e Togliatti fondarono il pcd’I, beh, quella poteva sembrare un’operazione settaria ed idealistica: esisteva il psi, no? Eppure, quel partito (quello di Gramsci e Togliatti) crebbe e guidò vittoriosamente (sia pure insieme ad altri) la lotta contro il nazifascismo.
Ora abbiamo un fascismo finanziario, ma il risultato non cambia. Perciò unità, compagni e compagne, unità!
Care/i compagne/i
Vi ricordo che l’Italia dei Valori ha votato l’altro giorno contro il decreto svuotacarceri, contribuendo a impedire l’amnistia per centinaia di detenuti. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Ingroia. Non ci sono troppi giudici al posto di comando nella lista che volete fare ?
Pasquale Videtta
La mia esperienza in Sinistra Ecologia Libertà si chiude oggi e con ciò termina ogni mia collaborazione (svolta, come tutti gli altri, da volontario) con i social network di Sel e di Nichi Vendola, che ho avuto il piacere di co-gestire grazie alla fiducia datami da un compagno e da un amico come Marco Furfaro. Perdo tutto e non guadagno nulla, quindi.
Scriveva Antonio Gramsci che «il partito non è un nome vano e senza soggetto». E io in quel “Sinistra, Ecologia, Libertà” mi riconoscevo pienamente. Per me, e credo un po’ per tutti, essere di “sinistra” coincide con il battersi per l’uguaglianza, per i diritti, per il lavoro. Ebbene, com’è possibile realizzare tutto ciò con il Partito Democratico? Bersani ha già chiarito che l’art.18 non verrà ripristinato (e i referendum sono stati invalidati a causa dello scioglimento delle Camere prima del 2013), che l’Agenda Monti non verrà stravolta, che gli impegni europei presi sul pareggio di bilancio e sul fiscal compact verranno rispettati.
Non solo: come posso fare campagna elettorale per chi ha contribuito al massacro sociale del Governo Monti? Come posso sostenere un candidato premier che ha votato “sì” ad una legge di stabilità che decreta la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, il taglio di 300 milioni di euro alle università, e il versamento di 2 miliardi per il Tav in Val di Susa? Come posso propagandare un candidato premier che ha votato sì ad una legge pensionistica iniqua, ingiusta, che non solo ha distrutto la vita agli esodati, ma che manderà tutti in pensione a 67 anni (record in Europa)? Come posso volantinare per un candidato premier che, da un lato afferma di voler ridurre le spese militari, salvo poi votare sì all’ennesimo aumento? Come posso votare per un candidato premier che non solo ha eliminato l’art.18, ma che ha promesso che esso non verrà ripristinato? Vendola, ma il 27 Marzo non avevi affermato che «il centrosinistra andrà in pezzi se il Pd cederà sull’art.18»?
Sinistra coincide con “diritti” e “uguaglianza”, appunto, che spesso vanno di pari passo con “laicità”. Mentre la polizia di stato schedava me e altri amici e compagni in Vaticano, avete sentito una sola parola di Bersani, candidato premier dei “progressisti”, sulle affermazioni del Papa? Perché dovrei votare chi «non vuole far sposare gli omosessuali col modello tedesco» (cit.Francesca Fornario)? Non posso sostenere chi crede che i diritti gli appartengono, come se fossero una piccola elemosina da concedere di tanto in tanto.
Men che meno posso sostenere un candidato le cui posizioni, grazie alla Carta d’Intenti, non potranno mai essere spostate.
Potrei continuare su tutti i punti politici che mi separano dal Pd e dalla scelta di Sel, ma mi fermo qui. Quest’oggi Sel, dopo aver ceduto la parola “sinistra” al Pd, ha dimostra di avere al suo interno anche poca “libertà”. Un partito non è libero se le decisioni e il dibattito vengono sequestrati. Un partito non è libero se deve rispondere a logiche di spartizione dei posti parlamentari. Un partito non è libero se una competizione viene di fatto falsata, blindando e salvaguardando un gruppetto di dirigenti, premiati/miracolati per motivi che continuano a sfuggirmi.
E’ stato un bel viaggio, iniziato il 16 Settembre 2010, con la mia prima tessera e il mio primo congresso nazionale di partito. Ho sempre considerato Sel la mia seconda casa. Porterò con me tutto il mio entusiasmo, le mie aspettative, le mie critiche, ma soprattutto tutto ciò che mi è stato trasmesso dalle tante persone straordinarie che ho conosciuto in questo percorso insieme. Se a muoverci sono stati gli ideali, ci ritroveremo sullo stesso cammino.
«Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita. Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come… più di sé stesso. Era come… due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita. No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare…come dei gabbiani ipotetici. E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano senza più neanche l’intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito. Due miserie in un corpo solo».
P.S. A “comunista” sostituite “di Sel”. Mi scuso con Gaber per aver associato indirettamente la sua poesia anche a Gennaro Migliore (non poteva mancare un’ultima polemica).
Simone Oggionni scrive:
Sono all’assemblea di #Cambiare si può. Non ci siamo. Cambiare così non serve a nessuno. È difficile ascoltare un grumo di pregiudizi contro i partiti e contro i comunisti così denso come questo pomeriggio. Rifondazione Comunista non fa due passi indietro. Se qualcuno pensa che a decidere il programma, il simbolo e le nostre liste sia Paul Ginsborg o Marco Revelli mi sa che non ha capito nulla.
(tratto da http://www.facebook.com/simone.oggionni/posts/10200141568722799 )
Mi dispiace per te Nicola mai io mi associo alle considerazioni, di Oggionni.non possiamo portare acqua per il mulino degli altri, noi abiamo un orgoglio.
Oggionni l’unica soluzione lo ripeto da tempo è che fate congresso straordinario e tu fai il segretario. Non c’è nè di palle!
Concordo…Occorre rilanciare seriamente un idea di alternativa progressista al liberalismo di estrazione montiano, quello per intenderci che fa capo alle grandi banche ed alle Accademie, ed al pericolo populismo berlusconiano. Occorre andare oltre le origini, senza per questo rigettarLe, costruire un Futuro politico, al di là dei simboli e dei Partiti….La strada sembra quella giusta ed Ingroia un candidato autorevole ed intelligente!. Un nuovo soggetto progressista a Sinistra del Pd è possibile….