
Ma è da martedì, dal momento in cui ho saputo dell’uccisione di Stefania Noce, che un grumo di pensieri torvi mi perseguita e mi costringe a scrivere, cercando un senso e una via d’uscita.
Perché Stefania era una compagna, una giovane compagna iscritta per anni al nostro partito e alla nostra organizzazione giovanile. Fino ad un paio d’anni fa era la segretaria del circolo di Licodia Eubea, in provincia di Catania. Faceva parte del movimento studentesco, non si perdeva una manifestazione. E scriveva. Ho ritrovato in rete un suo scritto a proposito di condizione femminile, di femminismo. C’è una frase che mi terrorizza: «Abbiamo denunciato – scrive Stefania – qualsiasi forma di patriarcato, le sue leggi, le sue immagini. Pensavamo di avere finito. Ma non è finita qui».
Stefania ha pagato con la vita l’assenza di una conclusione, l’impossibilità – dentro le coordinate di questo sistema – di una conclusione. E ciò che mi perseguita, mi terrorizza è precisamente quest’assenza di confini a difendere il nostro mondo, che con ingenuità e presunzione ci illudiamo sia incontaminato da tanta ferocia.
Invece dobbiamo imparare con il sangue che non ci sono confini, perché la meschinità e la violenza maschile penetrano ogni forma, ogni legge, ogni immaginario. Al punto che il fatto che vittima dell’ennesimo femminicidio sia una giovane compagna, impegnata quotidianamente nella lotta contro la dittatura maschile, è null’altro che un paradosso cinico di questa società e della sua malattia.
Quale può essere, allora, il nostro compito? Quale, se non trasformare il ribrezzo e la rabbia in un grande impegno collettivo? Questa è la straordinarietà della politica, che può restituire senso e speranza a ciò che è inaridito dalle nefandezze innominabili dell’uomo.
Rimane da capire da che parte iniziare. Forse conviene farlo da due verità poco praticate.
La prima è la convinzione che fino a che non ribalteremo questo sistema capitalista, nel quale sono codificati e santificati il possesso e lo sfruttamento maschili della donna al loro massimo livello, non ci sarà fine per il patriarcato e la sua violenza. E ciò purtroppo fa piazza pulita di tante ricette facili e retoriche, di tanti sterili riformismi, di tante quote rosa e di tante pari opportunità.
La seconda è un monito a chi derubrica il conflitto di genere ad appendice della lotta di classe. Perché la violenza patologica del patriarcato e dei suoi dispositivi, lungi dall’essere appannaggio esclusivo della borghesia e del capitale, è connaturata al nostro essere maschi. Ciò significa che la superficialità, la banalizzazione, l’indifferenza diffuse tra noi al limite dell’incoscienza sono una colpa che non possiamo più permetterci.
La banalità del male è qui, nella nostra vita quotidiana, nei nostri infiniti errori, nel nostro linguaggio, nell’utilizzo del nostro corpo, nelle pretese e nei deliri di onnipotenza, nella categoria di “passione” che meschinamente utilizziamo per giustificare le nostre ossessioni, persino nella violenza, nella mediocrità e nella pornografia che trasuda sovente dalla nostra attività politica.
Non so dove può condurre questa riflessione, che per noi deve essere una presa di coscienza dolorosa ma indifferibile. Forse non spetta a me indicarlo né ipotizzarlo, ma in primo luogo alle donne e alle compagne. Non lasciamo però che tutto ci scivoli addosso e che la nostra vita – privata e pubblica – prosegua come se niente fosse. Come se niente fosse accaduto, anche tra di noi.
Stefania, in quell’articolo che già prima richiamavo, scriveva: «Nessuna donna può essere proprietà oppure ostaggio di un uomo». Enrico Berlinguer adattò al conflitto di genere la celebre frase di Marx sull’impossibilità per i popoli oppressori di essere liberi, sostenendo che nessun uomo opprimente una donna avrebbe potuto ritenersi libero. Proviamo per una volta ad essere liberi per davvero. Proviamo a farlo insieme. Non lasciamo cadere la bandiera di Stefania, mettiamoci in discussione.
IL 26 A ROMA E IN TUTTA ITALIA FACCIAMO UNA FIACCOLATA PER TE, STEFANIA. Stefania Noce, 23 anni, barbaramente uccisa dal suo ex fidanzato. Aderite e chiedete info inviando mail a [email protected] .
STORIA DI UN PAESE IMPROVVISAMENTE RITROVATOSI “CONTRO NANO”…
Il dato è tratto: Silvio Berlusconi è morto! (politicamente, s’intende…)
Il 12 novembre, rassegnando le dimissioni, il Cavaliere ha irrimediabilmente inciso la parola “fine” su di una stagione politica protrattasi quasi un ventennio, inaugurata e conclusasi praticamente allo stesso modo: con un videomessaggio agli Italiani, coerente fino all’ultimo con il suo inimitabile stile da “tele imbonitore”.
Era il ‘94 quando il magnate italiano delle tv commerciali “scendeva in campo” annunciando una “rivoluzione liberale”, riuscendo in un’impresa dai più giudicata temeraria: smontare pezzo per pezzo l’impetuosa “macchina da guerra” dell’allora Pds, segnando di fatto l’avvento della seconda Repubblica.
Un’era geologica nel frattempo è trascorsa, segnata dal trapasso dall’età delle “monetine” (di Craxi) a quella delle “papine” (di Silvio), ultime comparse di quel “teatrino” (si direbbe ormai “festino”) della politica di cui il Cavaliere si era presentato come acerrimo avversario (almeno prima di assumere anch’egli in esso una parte da protagonista!).
Eppure l’ex Premier può vantare oggi di aver già raggiunto almeno un traguardo: essersi ritagliato un ruolo da protagonista nei libri di storia che leggeranno i nostri figli (anche se, sul contenuto della “narrazione berlusconiana”, è probabile che in molti storici non mancherà la tentazione di calare un “velo pietoso”, desiderando archiviarla in fretta!).
Mister B è (politicamente) morto.
Eppur Lui sembra non accorgersene… come se nessuno dei suoi “consiglieri di corte” abbia ancora avuto l’ardore di premonirlo!
Contro l’impietoso responso dell’anagrafe, a dispetto delle separazioni (politico-familiari) subite e bufere (giudiziar-sessuali) patite, il Cavaliere par ancor convinto di poter “resistere, resistere, resistere”… come se nessun cataclisma si fosse nel frattempo abbattuto sulla politica italiana!
Come un don Giovanni tradito dal tempo (ma che non perde tempo, tra una defaillance e l’altra, a guardarsi allo specchio…), come un indomito “don Chisciotte de Arcore” incitante gli ultimi suoi servitori a seguirlo, l’Unto d’Arcore par sicuro di riuscire a domare ancora una volta gli Italiani dando prova dell’ennesima resurrezione (politica, s‘intende).
Il tempo, però, è un giudice più supremo di ogni corte, più impietoso di ogni toga, “implacabile” nelle sue sentenze.
E così colui che 17 anni fa si presentava al Paese come l’“homo novus” (geniale imprenditore di successo, modernizzatore e fuori dagli schemi), oggi -se non altro per sopraggiunti “limiti d’età”- appare soltanto l’ombra di se stesso… il reduce di una seconda Repubblica ancor minorenne… (eppur già scomparsa!).
Per questo Mister B (che si ricorderà nei libri di storia come il più grande “estetista” degli ultimi 150 anni!) appare oggi come l’“ultimo giapponese”: come quei reduci dagli occhi a mandorla della Grande Guerra dimenticati dal loro Paese in una miriade di isolotti oceanici ai confini del mondo (dove per anni son sopravvissuti continuando a resistere contro un nemico immaginario, con la sola compagnia di armi arrugginite), allo stesso modo il Cavaliere, già da tempo abbandonato dai suoi stessi alleati, continua a combattere come un “protagonista solitario” della storia, un patriota disposto a immolarsi per una causa (l’anticomunismo) nella quale nessuno più crede!
Sinceramente convinto di esser sceso da cavallo (piuttosto che esser stato “disarcionato” dalle cancellerie europee e dai mercati!), il Cavaliere non ha perso occasione nel corso della sua prima uscita pubblica da dimissionario per blandire l’arma più logora del suo repertorio: l’anticomunismo!
Il clima, però, è irrimediabilmente mutato: non sono in pochi, anche tra i suoi stessi sostenitori, a interrogarsi se valga la pena rispolverare antichi slogan ideologici e populisti in una fase in cui il Paese tutto, sotto attacco della speculazione internazionale, corre seri rischi di “default”.
L’impressione che emerge è che l’incorreggibile Silvio, a corto d’argomenti, speri di “riesumarsi” tirando fuori dal cilindro sbiadito il solito “asso della manica”, il “cavallo di troia” più esibito della retorica berlusconiana, emblema di una destra (quella italiana) confusa e sguaiata.
“La sinistra non è cambiata, sono ancora gli stessi”, ha sentenziato lo scorso 25 novembre Berlusconi dal palco di un convegno dei Popolari liberali, aggiungendo che sarebbe “l’uomo più felice se dalla sinistra arrivasse quella maturazione verso la libertà, verso un rapporto libero tra cittadini e Stato, mentre loro vogliono che lo Stato sia superiore al cittadino, con il cittadino messo al servizio dello Stato”.
Mr. Bunga Bunga ha ricordato per l’ennesima volta i motivi del suo impegno politico: “siamo scesi in campo nel ’94 per non lasciare il Paese in mano a quelli che nel loro profondo sono rimasti comunisti. Per questo stesso motivo siamo ancora in campo! I comunisti non hanno mai fatto i conti con il loro passato e con gli orrori di una ideologia spaventosa, la più disumana e criminale della storia dell’uomo che ha prodotto solo miseria, disperazione e più di 100 milioni di morti!”.
Infine, l’Uomo d’Arcore ha così rassicurato i suoi sostenitori: “siamo e resteremo in campo per garantire a tutti di poter vivere in un Paese democratico e libero… continuiamo a combattere uniti!”.
Non molto tempo prima il Cavaliere -ancora nelle vesti di Premier- aveva sentito l’urgenza di interloquire direttamente con i telespettatori della trasmissione Kalispera per ribadire il seguente concetto: “I comunisti italiani si sono imborghesiti, hanno imparato a vestirsi con capi firmati e scarpe fatte su misura, pasteggiano a caviale e champagne. Hanno cambiato il nome più volte ma il trucco non ha funzionato perché sono rimasti gli stessi di prima con gli stessi pregiudizi, lo stesso modo di fare politica… l’abitudine di mistificare la realtà, demonizzare l’avversario e calunniarlo cercando di farlo fuori!”.
Poco conta poi se gli stessi metodi non sono affatto stati disprezzati dall’entourage del Cavaliere, servitosi delle stesse armi (la “demonizzazione” dell’avversario, a tutti i costi e con tutti i mezzi) per far sistematicamente fuori:
1- giornalisti scomodi (si ricordino le calunnie all’ex direttore de l’Avvenire, Dino Boffo);
2- magistrati protagonisti (si vedano i casi del giudice Mesiano -accusato da giornalisti compiacenti di indossare in pubblico indecenti calzini turchesi!- e del pm Boccassini -accusata d’aver simpatizzato sentimentalmente “negli anni ’70” con un giornalista militante dell’estrema sinistra-);
3- e alleati ribelli (si ricordi l’attacco a Fini sulla vicenda della casa di Montecarlo, orchestrato dall’ormai noto affarista Lavitola!).
Niente di nuovo, dunque: Berlusconi persevera nel suo “sproloquio” preferito (secondo solo alle sue ormai celebri “barzellette”!).
Anzi, di nuovo qualcosa c’è: questa volta -forse per la prima volta- il ritornello più caro al Presidente suona davvero “stridulo” agli Italiani, come una litania ormai trita e ritrita quasi più di quelle note gag di Totò e Peppino mandate in replica innumerevoli volte sugli schermi televisivi!
Non è difficile controbattere, ad esempio, che in Italia non è facile intravedere più nemmeno un’“ombra rossa”: dei sostenitori di quella contestata ideologia non ne è rimasta più nemmeno traccia nelle Istituzioni!
“Al lupo, al lupo!”, sembra imperterrito ammonire il Cavaliere…
Ma chi sarebbe lo “spauracchio” del Presidente? Chi gli “eversori rossi” che attenterebbero alle nostre libertà?!
Il freddo e tecnocrate Mario Monti (di fatto nominato dalla “culona tedesca” -come ribattezzata da “il Giornale”- per realizzare quelle riforme liberali che la destra italiana non è stata in grado in un ventennio nemmeno di cantierare)?
Il fuori dagli schemi Nichi Vendola (che persino Bertinotti accusa di star spingendo Sinistra e Libertà verso una socialdemocrazia di stampo europeo)?
Gli ormai consunti D’Alema e Veltroni (tra gli ultimi post-comunisti che siedono in Parlamento e tra i primi promotori di un governo di tecnici e banchieri e di un’alleanza politica coi post-democristiani)?
Oppure Giorgio Napolitano (ex comunista che oggi siede al vertice dello Stato con il non secondario merito di risultare l’unica autorità pubblica che vanta ancora della fiducia della stragrande maggioranza degli Italiani)?
Gira e rigira, rischiamo di finire con lo scoprire come l’ultimo comunista nei dintorni risiede a Mosca… (ed ha la non pratica consuetudine di regalare “lettoni” agli amici di vecchia data!).
lettera a un magistrato
„
A Te, magistrato, consegno uno straziante grido di morte, è quello di Stefania prima che la voce morisse con lei: non decidere senza averlo prima ascoltato!
Ti consegno l’angoscia, il terrore, l’ultimo sguardo atterrito e sgomento di una ragazza che potrebbe avere il nome di tua figlia o della mia …e lo sai!
Stefania appartiene a te e a me, alla tua e alla mia umanità!
Accanto a lei il nonno: a colpirlo la stessa feroce mano, vile e sprezzante.
A te, magistrato, consegno l’anima uccisa di una madre scampata alla morte per morire ogni giorno: non decidere senza averne prima sentito i lamenti!
Siamo stanchi di una società che giustifica e deresponsabilizza, non farlo anche tu!
Nessuna pioggia, per non dimenticare, laverà mai il balcone insanguinato …guardalo!
Mi chiedo: se ad armare la mano fosse stata una mente malata, perché mai né famiglia, né scuola hanno chiesto di curarla?! Sarebbero, esse, corresponsabili di un così efferato delitto!
Se ad uccidere è stato invece, come pare, un bruto lucido e sanguinario che in nome di istinti bassi ed egoistici ha negato all’altro, a Stefania, la libertà di una scelta, perché dire che ha ucciso per amore?
Se anche alla fine un qualche avvocato riuscisse a “costruire” delle attenuanti, questa società si sentirebbe offesa da eventuali, ingiusti sconti ad una esemplare punizione nei confronti di chi, dopo aver tolto alla vita ogni carattere di sacralità pensa di poter fare dell’altro ciò che vuole …anche ucciderlo!
No, questo non può e non deve accadere! Anche questa sarebbe violenza… alla dignità di Stefania, all’affetto di un nonno, allo strazio di una madre, al dolore di ognuno di noi…
…ai prezzi pagati nella storia per la liberazione della donna da ogni forma di schiavitù, anche quella che porta il nome di Loris.
“
PAGINA A SOSTEGNO DI STEFANIA.
http://www.facebook.com/pages/Stefania-Noce-Per-Non-Dimenticare/202845743139983?ref=ts
quand’è che gli facciamo il c…o???
Umberto Vattani (Skopje, 5 dicembre 1938) è un diplomatico italiano.
4 giugno 2010ommaigodLascia un commento
Vattani e` stato al centro di numerose controversie. Nel 1988 Vattani accompagna il Presidente del Consiglio De Mita a Mosca in visita ufficiale a Gorbaciov. Un incidente diplomatico mai pienamente chiarito portera` alle dimissione dell’ambasciatore italiano in Russia Sergio Romano. Nel 1993 viene sfiorato dallo scandalo Mani pulite ed interrogato a Milano da Antonio Di Pietro. La vicenda e` legata allo scandalo ENI di pagamento di tangenti per l’acquisto di gas dall’Algeria. Il nome di Vattani, allora consigliere di Giulio Andreotti, viene fatto dall’amministratore delegato dell’ENI Gabriele Cagliari[1], ma la vicenda non avra` seguiti anche per il suicidio in carcere dello stesso Cagliari. Nel 2001, con l’approssimarsi delle elezioni politiche che portarono al cambio di governo tra Giuliano Amato e Silvio Berlusconi, da segretario generale della Farnesina si era candidato a sostituire il ministro degli esteri ancora in carica Lamberto Dini in caso di vittoria di Berlusconi. Dopo le elezioni gli fu tuttavia preferito Renato Ruggiero anch’egli diplomatico ed ex segretario della Farnesina. Una volta insediato Ruggiero lo rimosse diplomaticamente inviandolo a Bruxelles.[2]. Sempre nel 2001 Vattani fu incaricato, prima dal governo Amato, poi da quello Berlusconi, di sovraintendere il G8 di Genova e di avviare un dialogo con il Movimento del Genoa Social Forum per prevenire le proteste [3]. Il dialogo con il Movimento fu tuttavia solo formale ed unilaterale. Durante il G8 le proteste furono represse nei Fatti del G8 di Genova che portarono alla morte del ragazzo Carlo Giuliani. Anche la gestione amministrativa del G8 di Genova fu controversa, tra l’altro per la vicenda del fallimento dell’armatore che nolleggio` le navi per il G8, Georges Poulides. Nel 2005 e` stato indagato per una vicenda di importazione di gas dalla Tunisia [4]. Nel 2009 e` stato condannato dal Tribunale di Roma a due anni ed otto mesi di carcere per peculato per aver fatto venticinque mila euro di telefonate private con il cellulare di servizio[5]. La condanna e` tuttavia coperta dall’indulto. Nonostante la condanna, il Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola lo conferma come presidente dell’ICE. Nel 2010 lo scandalo del Senatore eletto all’estero sulla base di documenti falsi, Nicola Di Girolamo, ha riportato alla luce la vicenda insabbiata delle frequentazioni del figlio Mario Andrea Vattani nell’estremismo naziskin di Roma degli anni ’80 e dei relativi guai giudiziari. Mario Andrea Vattani fu indagato (ma prosciolto dopo aver tacitato le parti civili) assieme a Stefano Andrini per il pestaggio di Andrea Sesti davanti al cinema Capranica nel giugno del 1989[6]. Stefano Andrini fu condannato a 4 anni ed 8 mesi di reclusione. Mario Andrea Vattani e` entrato in diplomazia ed e` oggi consigliere per le questioni internazionali del sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Bravo Simone, insistiamo: il problema lo devono porre gli uomini, non le femministe incallite e stupide che ci sono dentro Rifondazione in quella cricca e lobby di potere che è il Forum delle donne!!!
Ma poi mi chiedo: e perché la portavoce Anna Belligero non dice niente? Non interviene!? almeno su queste cose… dovrebbe essere un terreno suo…. avanti così!
Grazie per questo articolo. E auguri per il nuovo anno. Felice
come sempre raggiungi i sentimenti e fai vibrare le corde dell’emozione… ma soprattutto guardi al futuro e ce ne dai un po’. Grazie! Marcella Dellera
grazie simone per questo tuo articolo, le avessero tutti gli uomini queste parole nel cuore il nostro sarebbe un mondo davvero migliore e senza le violenze infami che conosciamo tristemente. ti voglio bene. Elisa
Anche GiULiA ha sperimentato la censura: abbiamo dovuto cancellare alcuni commenti particolarmente violenti e offensivi in calce all’articolo di Luisa Betti “E lei dischiuse la porta al suo assassino”, sul femicidio di Stefania Noce. Commenti violenti e offensivi che si sono ripetuti su diversi siti e blog che hanno trattato il caso. Lea Melandri, in questa lettera, riporta noi giornaliste alle nostre responsabilità.
Care amiche,
leggo i commenti che sono arrivati finora al mio post su Stefania Noce (Blog 27esima ora -31.12.2011), ma anche ad altri siti che ho visto su internet, e confesso che sono un po’ provata. Mi torna il dubbio che i blog non servano che a dare la stura a quello che di più disgustoso passa nella testa di alcune persone. So che altri, peggiori, sono stati censurati dalla Redazione, ma quelli che restano sono davvero pesanti. Spero che, passate le feste, arrivi un minimo di ragionevolezza.
Mi chiedo se oltre alla violenza fisica dobbiamo subire anche quella verbale ogni volta che tentiamo di portarla allo scoperto.
Resto dell’idea che questa riflessione sulla violenza contro le donne , per acquistare peso e imporsi al dibattito pubblico, dovrebbe entrare nelle pagine dei giornali, negli editoriali, nelle pagine dei commenti politici e culturali. Altrimenti resta cronaca e chiunque può dire che è ideologia femminista.
Chiedo scusa per la nota pessimista, che fa torto all’impegno e alla fatica con cui le quindici giornaliste del Corriere tengono aperto il Blog 27esima ora. Sanno quanto ho apprezzato la loro iniziativa che dura ormai da un anno e quanto sollecito le donne e gli uomini, che conosco impegnati su questi temi, a intervenire.
Mi chiedo se, oltre a continuare a riflettere sul perché gli uomini uccidono le donne, sul perché nella famiglia e nei rapporti più intimi si annidano odi così selvaggi, si possa fare qualcosa di più e di altro, usando le nostre professioni, i nostri saperi, la forza collettiva che stiamo cercando di creare. L’approfondimento dei temi che ci stanno a cuore non basta, se non è accompagnata da un’azione che li imponga al dibattito pubblico.
Alla consapevolezza prodotta dalle donne, e oggi anche da associazioni di uomini, mi sembra sia venuta a mancare nel tempo la capacità di tenere aperto il conflitto con una cultura maschile tuttora dominante, nascosta dietro la maschera della neutralità e caparbiamente determinata a mantenere il silenzio su tutte le questioni che interrogano il rapporto tra i sessi. Ci accontentiamo di manifestazioni, anche molto partecipate, ma che cadono subito dopo nella dimenticanza.
Forse dovremmo cominciare con il riconoscere che, così come la violenza maschile è rimasta confinata nella cronaca nera e nella patologia del singolo, anche la relazione uomo-donna, nelle sue forme più diverse, a partire dalla divisione tra pubblico e privato, non è ancora diventata una questione sociale e politica.
Hanno avuto cittadinanza, sia pure lentamente e in sottordine, le questioni riguardanti l’ambiente, il clima, i beni comuni, i rifiuti, l’odio razziale. Il sessismo resta sbarrato dietro la porta di casa.
Quanto contano il silenzio e la complicità, sia pure inconsapevole delle donne in tutto questo? Che cosa siamo disposte a rischiare per una campagna che porti all’ordine del giorno di governi, amministrazioni, partiti, luoghi della cultura, le questioni che ci stanno a cuore?
Avremo, mi auguro, nel corso dell’anno appena cominciato, occasioni per discuterne.
Letto 100 volte
C’è tantissimo lavoro da fare, molto di quello che in questi anni abbiamo dato per scontato si è perso, caduto nel buco nero di anni e anni di riflusso ideologico e culturale. Le donne sono state le prime vittime di questo arretramento, ma le donne oggi possono essere anche l’avanguardia di un rinnovamento radicale. Il lavoro però sarà più duro di prima e il percorso più impervio. Ce la faremo.
Le cose non sono affatto lineari come alcuni organi di informazione oggi, soprattutto nei report di alcune ora fa, stanno elaborando.
VATTANI è UN NAZI PROVETTO, BEN NOTO A DIGOS E ROS, non foss’altro che per la vicenda del tentato omicidio a un giovane di sinistra qualche anno fa davanti al cinema Capranica qualche anno fa a Roma.
La cosa triste è pure che tutti il libri che si sono occupati del neofascismo romano negli ultimi 30 anni conoscono bene Vattani. Come è noto Vattani jr entra in diplomazia, sponsorizzato da Vattani sr, nel 1991 ottenendo, povera bestia, come prima sede diplomatica Tokio. Poi diventa consigliere di alemanno ministro, per passare consigliere di alemanno sindaco di Roma. Non risulta nessun passo di censura versus Vattani jr. da parte di nessun governo di centro sinistra, Prodi I, D’alema, Amato, Prodi II!
Comunque da consigliere di Alemanno sindaco nel maggio 2011, canta con gli Z 0 alfa, meglio trascrivibile come ZOA’, (animali, DAL NOME TRAGICO DI UN BATTAGLIONE SEMICLANDESTINO DI SS), nel raduno nazista “LA TANA DELLE TIGRI” a Roma organizzato da Casapound.
Ma nessuno si muove contro Vattani, per chiedere censure…
Anzi Vattani si reca come madonna pellegrina in nome e per conto di Alemanno nelle farse delle commemorazioni del Campidoglio per la Memoria ad Auschwitz, con centinaia di migliaia di morti israeliti e decine di migliaia di morti comunisti e russi …barbaramente irrisi da queste sceneggiate. Ma nessuno denuncia incongruenze fino a ieri e oggi.
Né la sinistra, né l’estrema sinistra italiana. Niente nella Comunità ebraica, niente in Israele, neanche su Haaretz.
Tutto ciò fa schifo!
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=175055&sez=HOME_INITALIA
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/11_dicembre_30/farnesina-vattani-deferito-1902704701088.shtml
http://www.repubblica.it/politica/2011/12/30/news/finisce_in_parlamento_il_diplomatico_fascio-rock-27409228/?rss
Volontariato, università e politica
chi era la ragazza uccisa dal suo ex
Gli amici di Stefania Noce piangono la giovane, assassinata insieme al nonno ieri a Licodia, dal fidanzato che non voleva lasciarla. L’omicida afferma di non ricordare nulla, forse voleva suicidarsi
di SALVO CATALANO
Loris Gagliano e Stefania Noce
PALERMO – I carabinieri lo hanno trovato sul lungomare di Marina di Acate, seduto al posto di guida con un tubo di gomma che partiva dallo scarico della sua Ford Ka e finiva dentro l’abitacolo dell’auto, nel tentativo di suicidarsi. Loris Gagliano, lo studente di 24 anni che ha ucciso l’ex fidanzata Stefania Noce, sua coetanea, e il nonno di lei Paolo Miano, 71 anni, ieri pomeriggio ha guidato per una cinquantina di chilometri prima di fermarsi in stato confusionale. Aveva quattro coltelli nella sua auto, di cui uno sporco di sangue, la probabile arma del delitto. “È provato, prostrato ed incapace di ricordare e ricostruire i fatti” ha detto il suo avvocato, Gino Ioppolo, dopo l’interrogatorio davanti al sostituto procuratore della Repubblica di Ragusa, Monica Monego, a cui Loris Gagliano avrebbe ammesso di avere avuto “un rapporto conflittuale con l’ex fidanzata”.
Loris Gagliano e Stefania Noce avevano entrambi 24 anni ed entrambi frequentavano l’università. Lui è studente della facoltà di Psicologia all’università La Sapienza di Roma ed era tornato a casa per le feste natalizie. Lei era iscritta alla Facoltà di Lettere a Catania. E nell’ambiente giovanile ed universitario catanese era molto conosciuta per il suo attivismo e la sua passione. Militava nel Movimento Studentesco Catanese e aveva partecipato a numerose mobilitazioni negli ultimi anni. Aveva anche scritto alcuni articoli sul sito del movimento universitario, dove si firmava Sen. Su questo stesso sito ieri è stata creata una bacheca virtuale aperta ai contributi di chiunque l’abbia conosciuta.
“Il movimento dell’onda, quella straordinaria esperienza umana e politica, intrecciò le nostre vite – scrive un conoscente – Il candore dei balconi e il nero della pietra lavica, così come il bianco degli striscioni e il nero delle bombolette o semplicemente il colore del tuo sorriso e quello dei tuoi capelli”. Non si limitava a studiare, Stefania, ma provava a vivere con partecipazione tutto quello che le capitava. Era stata in missione in Abruzzo subito dopo il terremoto dell’aprile del 2009 e gli altri volontari con cui ha condiviso quell’esperienza oggi la ricordano su facebook.
L’omicida Loris Gagliano, prima di trasferirsi a Roma, ha frequentato il liceo a Caltagirone. Il suo storico compagno di banco, Vincenzo Ampolo, si rivolge direttamente a lui in un commento su BlogSicilia. “Eri molto riflessivo e vagamente impulsivo. Mai violento – scrive Ampolo – Un amico, un fidanzato, che si trasforma in un mostro. Un mostro troppo vicino per non lasciare traccia o per essere ignorato. Che cosa è successo in questi quattro anni di università in cui ci siamo allontanati, che ti ha cambiato talmente tanto da farti diventare un mostro?”.
Martedì mattina Stefania Noce aveva affidato alla pagina Facebook il suo pensiero: “Ciò che non si può dire in poche parole, non si può dire neanche in molte” aveva scritto poche ore prima di essere uccisa.
L’abbiamo pubblicato qui, per chi volesse altri approfondimenti http://www.welfarenetwork.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4677:per-ricordare-stefania-noce&catid=77:ultimissime&Itemid=110
è un ottimo articolo, perché non mette la donna in condizione di essere sempre e solo la vittimi, in quanto tale, che è il rischio che andrebbe evitato. anche tra di noi. gran bel testo.
Caro Simone, e’ una mattanza! Sono 127 le donne uccise nel 2010, solo in Italia, dal marito, fidanzato, amante, “compagno”. Uno schifo! Ogni sabato sera su Rai3 c’è “amore criminale” e narra le storie di queste povere donne. La tua analisi sociale e la proposta del tuo agire come sempre sono impeccabili e spiegate in modo semplice e completo. Da parte ho cercato di riflettere su questo fenomeno sociale in una visione più intima. Seguendo queste storie, la cosa che più mi colpisce e’ l’evoluzione da uomo a mostro. Vedi la storia narrata di questi uomini normali che diventano orchi. Non sono qualcosa che capitano ad altri. Il mostro e’ dentro ad ogni uomo, compreso noi due. Sta a noi fare in modo che risieda ai margini ed ai confini della nostra vita quotidiana e che la fiducia in noi stessi non ci faccia perdere mai la ragione. Un abbraccio e buon 2012!
Sono d’accordo Andrea. Teniamo duro e… cambiamo noi stessi ogni giorno! Buon 2012 anche a te, Simone
Scusa Oggionni se faccio offtopic ma ti segnalo questo articolo, a proposito di fascisti e amici del Pdl… è una cosa indecente… seguila! http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?currentArticle=18S5VO&articleFormat=pdf
mi fai commuovere, grazie davvero Simone. una giovane compagna, Sandra