Intervento all’VIII Congresso nazionale del Prc
Percepisco il rischio dell’ordinarietà, e cioè che questo congresso, questo dibattito, ci scivoli addosso senza capirne l’importanza.
Ma sbaglieremmo, perché questo non è un congresso ordinario. Questo è un congresso che cade nel ventennale della nostra nascita – e quindi impone necessariamente di fare i conti con la nostra storia, con ciò che abbiamo fatto e con ciò che siamo diventati – ed è un congresso segnato dal carattere eccezionale della fase politica che stiamo attraversando.
Sulla fase politica non voglio aggiungere molto a quello che è già stato detto. Soltanto tre punti, rapidissimi.
Prima questione: tutte le nostre energie vanno dedicate all’opposizione politica e sociale al governo Monti. Un governo la cui cifra più pura sta nell’attacco violentissimo che sta progettando al lavoro (che è il cuore della questione italiana) e ai lavoratori, con quella proposta Ichino che, nel nostro Paese, con questo capitalismo straccione e rapace, si trasformerà nella libertà totale di licenziare e nella libertà concessa ai padroni di imporre, senza alcun vincolo, il proprio arbitrio, la propria violenza, la propria prevaricazione.
Seconda questione: questo governo porta in sé un pericolo ancora maggiore, di portata costituente, e cioè la normalizzazione nell’opinione pubblica dell’idea secondo la quale la Tecnica salva il mondo (quasi che il governo sia espressione diretta di una presunta Ragione scientifica, e non lo strumento di dominio dei poteri forti internazionali e nazionali che hanno causato la crisi). C’è in questo – e hanno fatto bene i compagni a ricordarlo – il rischio dell’omicidio della politica, dell’espropriazione della democrazia e della sovranità popolare (di cui il presidente Napolitano è più che un complice e più che un responsabile), coerente con quel vento di populismo, di presidenzialismo e di anti-politica che ha soffiato – voglio dirlo con il massimo della nettezza ai compagni di Sel, e al compagno Nichi Vendola in particolare – anche a sinistra, anche tra noi.
In terzo luogo, proprio perché le ragioni dell’opposizione sono così forti e nette, dobbiamo capire quale tipo di opposizione fare. E qui sta la politica, la capacità di cogliere e mettere in pratica le sfumature, i dettagli, la nostra intelligenza.
Io non penso che si possa fare opposizione con ambiguità, con reticenze, con mezze misure. Non penso si possa applaudire, e lo voglio dire al compagno Diliberto, all’autorevolezza di Monti e degli altri ministri oppure dichiarare di non avere tabù sulla riforma delle pensioni. E questo è bene dirlo con estrema, cristallina chiarezza!
Però compagni non si può nemmeno dare l’impressione di avere in qualche modo sempre bisogno di esagerare e di eccedere, perché questo tradisce pulsioni, tentazioni minoritarie, settarie. E allora, come ha detto ieri il Segretario, “massimo di chiarezza e minimo di settarismo”, perché l’opposizione può essere intransigente e allo stesso tempo intelligente. E cioè si può conciliare il rigore di una posizione intransigente con un atteggiamento egemonico che parli alla gente in carne ed ossa, alle masse lavoratrici, agli studenti, ai disoccupati.
E cioè un’opposizione che sappia parlare a tutta la sinistra, ai comitati, ai movimenti, alle organizzazioni di massa nel nostro Paese, che incalzi l’Idv e Sel e li metta di fronte alle proprie responsabilità e agli errori clamorosi di valutazione e di linea politica!
E che provi a utilizzare l’opposizione al governo Monti per fare l’unica cosa utile e sensata che dobbiamo fare: unire. Unire i comunisti, unire i lavoratori, unire le lotte, unire i conflitti, unire la nostra generazione, unire la sinistra, unire l’opposizione politica e sociale al governo dei padroni e delle banche.
Unire quindi non a partire dalle chiacchiere ma a partire dai fatti, dalle azioni, dalle lotte.
Come la straordinaria lotta che quotidianamente i nostri compagni, e in particolare i giovani, conducono contro le organizzazioni squadristiche, neofasciste e di estrema destra e contro le mafie e la criminalità organizzata spesso nell’isolamento più cupo, senza la protezione di null’altro al di fuori dei propri corpi e delle proprie idee. E anche per questo voglio ringraziare chi sta in trincea ogni giorno, nelle periferie delle grandi città e soprattutto nel nostro Mezzogiorno, e ricordare compagni come Dax, Valerio Verbano ma anche Pio La Torre e Peppino Impastato.
E voglio ricordare, permettetemelo, che questa nostra lotta contro il neofascismo e la mafia è spesso una lotta contro gli apparati repressivi dello Stato, che sono – con il loro disordine pubblico e le loro galere -l’altra faccia della medaglia: e quindi voglio dire che continueremo la nostra lotta anche in memoria di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e, a dieci anni da Genova, lasciatemi abbracciare idealmente Haidi e Giuliano e ricordare il nostro compagno Carlo Giuliani, nel nome del quale proviamo ogni giorno ad essere donne e uomini migliori.
Infine, voglio dire un’ultima cosa: non andiamo da nessuna parte se non prestiamo cura al più grande patrimonio a disposizione della sinistra italiana. E questo grande patrimonio si chiama Rifondazione comunista. Il nostro partito. E quando penso al nostro partito non penso ai gruppi dirigenti, la cui unità è certo importante e va valorizzata, ma non è la cosa più importante.
Non penso alle grandi strategie, alle grandi alchimie politiche, penso a quelle decine di migliaia di donne e uomini che ogni giorno impegnano con la militanza (una parola alta e nobile) la propria vita quotidiana, al prezzo di grandi sacrifici, sottraendo tempo ed energia ai propri affetti, al proprio tempo libero, alla propria famiglia. E sapete perché lo fanno, perché lo facciamo? Perché siamo mossi da una passione smisurata e da un amore vero nei confronti di valori come la giustizia, la libertà, l’eguaglianza, valori che hanno segnato la nostra storia e siamo convinti che segneranno ancora il nostro futuro.
E nessuno potrà mai convincerci del contrario, e di fronte a quelli che per vent’anni ci hanno insegnato che il comunismo è un cumulo di macerie e di orrori (al punto che non pochi anche tra noi se ne sono alla fine convinti) noi dobbiamo tirare fuori tutto l’orgoglio della nostra storia, della nostra identità. Perché il rifiuto di processare la nostra storia, l’orgoglio nei confronti della nostra storia è un pensiero carico di speranza e di impegno per il futuro.
Orgoglio, passione, amore. La politica è fatta di sentimenti e uno dei nostri compiti, forse il più grande, è riconnettere la nostra politica, la nostra iniziativa, con la vita quotidiana, con le sue sofferenze, i suoi dolori, ma anche le sue grandi gioie.
Connettiamoci, allora, e guardiamo al futuro. Senza averne paura.
È da tempo che diciamo che il partito ha bisogno di correre veloce e di mettere al centro della propria riflessione e della propria iniziativa i giovani. E oggi voglio dire, devo farlo da questo palco, lo dico in primo luogo al Segretario, che questa richiesta rimane spesso inascoltata. Ho letto in questi giorni il documento politico finale di una delle federazioni più grandi e importanti d’Italia, un documento importante, articolato, lungo, 33mila battute, 15 cartelle. Sapete quante volte compariva la parola “giovani” in questo documento? Una. Una volta sola.
Questo è il segno di un partito adulto sofferente, che tradisce una difficoltà e anche una paura.
Dobbiamo evitare un rischio, che per noi sarebbe letale. Il rischio è quello di perdere la capacità di comunicare con il nostro popolo, di perdere la capacità di parlare il linguaggio degli ultimi, degli sfruttati e anche quello del nuovo proletariato urbano giovanile, delle borgate, delle periferie. Che sia chiuso nei suoi tecnicismi, nelle sue tattiche di corridoio, nelle alchimie stantie dei gruppi dirigenti, nelle grandi strategie delle liste elettorali. Che rimanga imprigionato nelle sue liturgie, in pratiche sempre più vecchie, sempre più illeggibili, sempre più autoreferenziali. E quindi mute, afone rispetto ad un mondo – penso innanzitutto a quello della nostra generazione – che reclama un nuovo protagonismo, una nuova volontà di lottare e di prendere in mano il proprio futuro e che quindi reclama anche – facendo questo – una nuova grammatica.
Una nuova grammatica delle relazioni politiche che dica che il partito è importante ma non è sufficiente, e che – per dirla con Fausto Bertinotti – bisogna agire dentro il recinto ma anche fuori, immaginando e progettando un vero processo costituente della sinistra e dei movimenti sociali.
Una nuova grammatica delle relazioni umane, perché dopo vent’anni di regime berlusconiano va ricostruito anche tra noi un modo diverso di vivere il nostro impegno politico e il rapporto tra l’impegno e la vita privata, con maggiore coerenza, intransigenza personale e quindi anche capacità autocritica tra ciò che si proclama e ciò che effettivamente si fa.
Una nuova grammatica dei valori etici e dei valori estetici. Perché essere comunisti è il diritto a respirare aria pura, relazioni profonde, crescere un senso del bello che questa società involgarita e imbarbarita ci ha sottratto.
E allora in conclusione, sapendo che interpreto il sentimento di tutte le giovani compagne e dei giovani compagni del nostro partito, voglio rivolgere un pensiero a Lucio Magri, ripensando alle sue parole, che per me sono un rovello quotidiano.
“La memoria è presidio di libertà e di verità”. E penso di poter dire che la sua vita è stata un esempio straordinario di libertà.
Mentre la memoria delle sue lotte, della sua intelligenza, dei suoi scritti è, oggi, un presidio straordinario di verità.
Ed entrambi questi caratteri, la libertà e la verità della sua vita, della sua azione, del suo pensiero, ci parlano, ci devono parlare del nostro futuro.
Anche per te, nella tua memoria, l’uomo volerà. Grazie Lucio e grazie a tutti voi.
Dichiarazione di NICOLA NICOLOSI, Segretario Confederale Cgil, Coordinatore Area ‘Lavoro Società’
GOVERNO: CONTRO LA MANOVRA SCIOPERO GENERALE UNITARIO
‘Lavoro-Società’: elezioni anticipate per mandare a casa un governo classista
La manovra economica preannunciata ieri dal governo Monti mostra un evidente carattere classista. E’ un provvedimento che brilla per il suo intollerabile cinismo, calato sulla testa delle parti sociali attraverso un’inaccettabile e supponente ‘informativa’: niente male per un ex commissario europeo che si fa beffe dei presupposti improntati al dialogo sociale previsti dal trattato di Lisbona.
E’ una manovra che colpisce infatti i lavoratori da ogni punto di vista: sul versante previdenziale, fiscale, dell’aumento dell’imposizione territoriale e dell’Iva.
Il capitolo-pensioni, in primo luogo, grida vendetta: nonostante il fondo Inps sia in attivo per i lavoratori dipendenti (e non già per gli autonomi), si prefigura l’età di pensionamento a 70 anni e la cancellazione nei fatti dei 40 anni di contribuzione: una lucida e vergognosa assurdità, per poter far pagare il prezzo della crisi ai soliti noti, ovvero agli operai, agli impiegati, agli insegnanti, a tutti coloro che hanno sudato una vita per pagarsi i contributi previdenziali.
Inoltre, il governo favorisce le imprese perché la cancellazione dell’Irap rappresenta un regalo a loro esclusivo favore. Tenendo poi conto che quell’imposta andava a finanziare per il 40% la sanità regionale, si tratta dell’ennesimo provvedimento che si accanisce sui lavoratori-cittadini; e verrà aumentata l’addizione Irpef regionale fino all’1,23% per compensare il mancato introito precedentemente garantito dall’Irap medesima.
I provvedimenti che presenterà in Parlamento il governo Monti non sono soltanto palesemente ingiusti, ma è anche depressivi, perché porteranno ad una riduzione del Pil del 2% nel 2012. E vorremmo ricordare che stiamo parlando della quarta manovra finanziaria realizzata nel 2011, per un totale di 100 miliardi di euro, ossia 200mila miliardi di vecchie lire, contro i 92mila miliardi della manovra Amato del 1992, che passò alla storia come la peggiore.
Noi chiediamo un cambiamento radicale della manovra, riproponendo le proposte avanzate dalla Cgil in occasione dello sciopero generale del 6 settembre: non intendiamo consentire a Monti quanto non abbiamo concesso a Berlusconi.
La risposta deve ora ritornare alla politica: chiediamo al Parlamento di apportare cambiamenti a misure del tutto inaccettabili e nel frattempo lavoreremo per condurre unitariamente Cgil, Cisl e Uil alla mobilitazione fino allo sciopero generale – che raccolga le mobilitazioni unitarie già in corso nelle aziende e nei territori – da realizzarsi nei tempi utili.
Avevamo prefigurato che il governo tecnico avrebbe varato interventi contro il mondo del lavoro: siamo stati facili profeti. Perciò occorre restituire quanto prima la parola agli elettori: servono elezioni anticipate per ristabilire il primato della democrazia.
Sarà lunga e dura ed erta la strada dobbiamo e dovrete come partito riappropiarvi la fiducia della gente e lo si fa standoci vicini e in alcuni casi il tempo non coincide con le vicende elezioni o amministrare quando i numeri sono quelli che sono .Pochi punti fermi e convincere le persone che questi insieme a loro possono fare la differenza rispetto ad altri Buon Lavoro Aldo
Sì, e dobbiamo rimanere uniti, vicini, come scrivi tu! Non perderci di vista e continuare a costruire, giorno dopo giorno.
un caro saluto,
Simone
Assolutamente vero.
Le lacrime VERE le versano i tartassati, i deboli, i diseredati, quelli che da oggi si suicideranno per la vergogna di non arrivare a fine mese, o si lasceranno morire di fame per difendere la loro dignità piuttosto che andare alle mense dei poveri. Quelli che vedranno i figli emigrare, e avranno la casa e l’azienda requisita dalle banche di monti e passera perchè non sono in grado di pagare i mutui. Quelli che dovrebbero versare 42 anni di contributi, e sarebbero lieti di farlo se avessero il lavoro, ma non ce l’hanno mai avuto o lo hanno perso per sempre.
Le lacrime vergognose e OFFENSIVE della fornero, vajassa di nuova generazione, sono solo ipocrite manfrine televisive, valgono quanto quelle che stasera vedremo versare da vespa, dove il “povero” monti che ha rinunciato allo stipendio (ma non ai 20.000 € che gli diamo come senatore a vita !) sarà beatificato ad uso e consumo del popolo bue, mazziato e cornuto.
Maurizio
Una patrimoniale alla rovescia
Monti ruba a chi ha sempre pagato e non tocca ricchi, evasori, politicanti e corrotti
Alla fine Monti una “patrimoniale” l’ha fatta, però alla rovescia, applicandola a quel poco di redditi e di diritti restati a milioni di salariati e di ceti medi impoveriti: e non ai ricchi, ai grandi patrimoni, alle rendite finanziarie, agli evasori, alla casta politica, ai corrotti.
La maggiore violenza il governo bipartisan la esercita contro le pensioni. Nonostante l’INPS sia in attivo (se si escludono le spese assistenziali, assurdamente a carico delle pensioni), malgrado ci siano tre milioni di persone che ricevono pensioni da 5000 fino a decine di migliaia di euro mensili e/o cumulino più pensioni a lauti stipendi succhiando oltre 200 miliardi all’anno, ancora una volta vengono colpiti i più deboli. Lavoratori dai miseri salari, sfruttati fin da giovanissimi e in attività usuranti, dovranno raggiungere i 42 anni di contributi (le donne 41), con un furto di almeno 30 mila euro in media. Il passaggio al contributivo per tutti/e è un latrocinio ancor maggiore, da diverse decine a centinaia di migliaia di euro. Ed è un furto anche l’innalzamento di un anno delle pensioni di vecchiaia, mentre sparirà l’adeguamento all’inflazione delle pensioni da 1000 euro in su.
La nuova ICI colpirà (rivalutazione delle rendite catastali del 60%) tanti lavoratori/trici a basso reddito, che con grandi sforzi hanno acquistato una casa che spesso non hanno ancora pagato, mentre l’ulteriore aumento di 2 punti dell’IVA deruberà ulteriormente settori popolari già spremuti fino all’osso.
La vera “patrimoniale” è invece sparita, insieme all’aumento dell’IRPEF per i redditi più alti: eppure sarebbe bastata una tassa dell’1% sui patrimoni di quel 10% di ricchi che posseggono il 55% della ricchezza nazionale, per avere oltre 50 miliardi di euro, il doppio dell’attuale manovraccia. Nè pagheranno alcunchè le banche, la grande finanza, gli squali redditieri che hanno ingigantito la crisi e che ci si arricchiscono tuttora
Gli evasori, quelli/e che derubano le casse pubbliche di circa 300 miliardi l’anno, non verranno manco sfiorati dalla “tracciabilità” oltre i mille euro. Il taglio dei costi della politica politicante è svanito, vitalizi e cumuli di pensione (basterebbe eliminarli per recuperare un centinaio di miliardi annui) compresi. E nulla toccherà la corruzione interna alle strutture istituzionali e amministrative che dilapida almeno 200 miliardi annui.
Centrodestra e centrosinistra mugugnano come Cgil, Cisl e Uil ma accetteranno tutto, sotto diktat di quegli Stati “virtuosi”, Germania in primis, che si sono arricchiti con l’euro e che vogliono far pagare la crisi ai settori popolari dei paesi come l’Italia, che hanno salari, pensioni e garanzie dimezzati rispetto ai paesi “forti”.
Non possiamo sperare nulla dalle caste politiche e sindacali di Stato. Dobbiamo rapidamente costruire la più vasta alleanza sociale tra tutti/e coloro che pagheranno la crisi, usando tutte le forme di protesta, da mettere in campo nelle prossime settimane, che allarghino e potenzino il fronte anti-crisi, in assoluta indipendenza dalle forze politiche e sindacali del capitalismo privato e di Stato.
LA CRISI VA PAGATA DA CHI L’HA PROVOCATA E DA CHI CI SI ARRICCHISCE
Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS
Ottimo intervento, condivido: appassionato e carico però anche di proposte e di analisi. Bravo Simone, il partito sarà (in futuro, quando?) in buone mani!
Studiate! Altro che perdere tempo in polemiche congressuali….
Il Fondo Monetario Internazionale
3 dicembre 2011 | Categorizzato come Economia,Opinioni | Scritto da Elio Bitritto
Soldi, soldi, soldi
Tra sussurri e mancate smentite, il FMI si appresta a fare un maxi prestito, al tasso del 5%, all’Italia. Non sembra sia stato richiesto da alcuno ma, a quanto pare, sembra che debba essere accettato altrimenti l’Italia e la “zona euro” vanno a scatafascio. Non s’è ben capito intanto da dove provengano tutti questi soldi (che rappresentano, ovviamente, solo una piccola parte dei depositi dell’FMI): non si comprende perché alla Grecia hanno fatto e fanno tante storie per un prestito (evidentemente molto inferiore) mentre all’Italia, alla perentoria esortazione di “Napoleone il Breve ” Monti faccia ciò che deve , il “prestito” lo si impone. 600 miliardi di euro che si aggiungeranno ai circa 1.900 di debito pubblico significano una sola cosa: vendere l’Italia ai cinque veri “padroni” dell’FMI, vale a dire Stati Uniti, Germania, Francia, Gran Bretagna e Giappone: sarebbe il colpo di grazia per questa nostra Italia. Il tutto con il compiacimento e perfino il “ringraziamento” di persone che definire “tecnici” a questo punto, è per lo meno temerario. Naturalmente tutto ciò rappresenta un semplice corollario poiché il teorema, lo scopo finale e vero di tutta l’operazione è il controllo totale dell’Italia: non è bastato “sospendere” la democrazia con l’espulsione di Berlusconi, occorre prevenirne il ritorno o, quanto meno, l’influenza con un impegno che l’Italia non sarà mai in grado di onorare, se non rinunciando a tutte le sue grandi industrie, a tutte le sue strutture più belle e remunerative. Ed il fatto che la FIAT sia “scappata” per tempo dall’Italia rappresenta, secondo me, la prova del nove: se non riusciamo a onorare un debito pubblico di 1.900 miliardi di euro, potremo ragionevolmente pensare di riuscirci con un debito di 2.500 miliardi?
E non bisogna trascurare un altro aspetto del vergognoso comportamento della Merkel nei confronti dell’Italia: parla tanto di debito pubblico italiano al 120% del PIL (per il quale il rendimento paga interessi da capogiro) vantandosi di un debito tedesco all’80,7 % ma truccando i conti come il più spregevole dei magliari poiché non mette nel calderone il debito della KfW, corrispondente alla nostra Cassa Depositi e Prestiti: se lo facesse il suo debito arriverebbe al 97% del PIL . Certo inferiore al nostro ma si avvicinerebbe pericolosamente al superamento del 100%. A questo trucco contabile si presta l’Europa dei contabili dominata dai tedeschi al punto che non tengono in alcun conto il fatto che le banche tedesche sono strapiene (molto, molto di più) di bond greci fasulli: ciò ha determinato un attacco speculativo non sulle banche tedesche ma su quelle italiane. Ci sono molte altre cosette che la Merkel tace o nasconde: prima o poi verranno fuori: oggi, però, si comincia a capire che sotto l’arroganza tedesca si celano guai grossi al punto che Jean-Claude Junker, premier lussemburghese e Presidente dell’Eurogruppo ha dichiarato “Considero il livello del debito tedesco una fonte di preoccupazione: il fatto è che a Berlino nessuno se ne vuole accorgere”.
Chissà se i nostri superministri saranno in grado di accorgersene o aderiranno alle solite arroganti imposizioni dei tedeschi!
Elio Bitritto
Durante la conferenza stampa dell’osannato Decreto salvaitalia, al secolo salva banche e salva imprese, il Ministro bancario Passera parlando dei sacrifici parla del Ministro Fornero chiamandola Emma. Il lapsus freudiano è palese; il massacro sociale del Decreto è sulla base delle indicazioni iussive di Emma Marcegaglia, altro che sulla base delle Else Fornero di turno
Conosco Elsa Fornero, mia conterranea, concittadina e persona stimata nonché irreprensibile. Non ho difficoltà a pensare alla sincerità del suo empito emotivo. Il problema, però, è che la dottrina neoliberale, che il governo Monti va riaffermando, ben lungi dall’essere l’amaro calice da bere per andare verso una guarigione certa, non è altro che la via d’emergenza per smantellare il sistema di Welfare State, passando al Debtfare State. Dopo il trentennio gaudente dell'”arricchitevi!”, sotto il quale si celava l’imperativo dell'”arricchiteli!”, ovvero lasciateli manovrare come meglio credono poichè da ciò ne trarrete godimento – cosa che si è rivelato un falso clamoroso, com’era facilmente prevedibile già dalle sue premesse – ora si passa al capitalismo penitenziale. C’è una lunga sequela di luoghi comuni del tipo “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità” che d’ora innanzi verranno posti come filtro e veto a qualsiasi istanza di riequilibrio economico e di giustizia sociale. Ciò a cui stiamo assistendo è lo smantellamento del sistema pensionistico, passo dopo passo. Punto e basta. Trattandosi di uno dei quattro settori strategici del sistema dell’offerta pubblica (insieme ai trasporti, alla sanità e all’istruzione) non è difficile trarre alcune amare conclusioni sulla sconfitta storica che il movimento dei lavoratori sta vivendo, nel nome di un capitalismo finanziario senza volto e, soprattutto, socialmente irresponsabile
Le lacrime che Elasa Fornero versa, quindi, non sono le sue ma le nostre.
cv
La verità è che Simone ha fatto un intervento da Segretario e la Belligero un intervento patetico da membro frustrato della corrente che ha perso! E’ la differenza tra chi sa fare politica e chi prova a recitare una parte che non gli riesce…
grande Simo! Andrea M.
PACCO DI NATALE
Il governo Monti ci ha portato un bel regalo di Natale! Non c’era bisogno di tanti professoroni, alti funzionari e banchieri per tagliare pensioni, fondi a Regioni e Comuni, mettere l’ICI e aumentare forse l’Iva, senza neppure discutere coi sindacati: bastava un gruppo di ragionieri e si sarebbe pure risparmiato sugli stipendi d’oro. Ma dove sono le misure per la crescita?? Ma dov’è la tanto decantata “equità”?? Una mini patrimoniale ridicola e poche misure di facciata che sfiorano chi ha tanto e chi non ha mai pagato, coprono in realtà una mazzata terribile sulla testa di pensionandi, pensionati, giovani, ammalati, possessori di case e ceti medio-bassi.
DI CHI È LA RESPONSABILITÀ DI TUTTO CIÒ?
1) LA DOTTRINA DELL’ “AUSTERITÀ ESPANSIVA”. L’errore di Monti è quello già denunciato dal Servizio ricerca del Congresso europeo e dal Fondo Monetario Internazionale, cioè di aver sposato la dottrina dell’ “austerità espansiva”, il modello fallimentare iperliberista dell’Unione Monetaria Europea (UEM) fatto di estremo rigore e misure restrittive nell’illusione, già rivelatasi disastrosa in Grecia e in Spagna, di dare poi impulso alla crescita. Queste politiche economiche non sono state neppure in grado di stabilizzare i mercati finanziari e ridurre i tassi di interesse sui titoli pubblici, perpetuando invece il circolo vizioso austerità-recessione-deficit-nuova austerità. Questa dottrina si basa sull’idea errata che la Banca centrale europea (BCE) non debba rifinanziare l’indebitamento pubblico e che si debba lasciar giudicare il mercato e le agenzie di rating. La BCE perciò é nata debole, senza una funzione istituzionale di supporto, lasciando generare timori perfino sulla solvibilità dello Stato e rendendo tossiciì i titoli pubblici. Affinché venga conservato questo strano modello di Banca centrale, gli Stati vengono obbligati a perpetrare misure di drastica austerità con le conseguenze che abbiamo conosciuto.
2) INASCOLTATO DA MONTI L’APPELLO DI CENTINAIA DI ECONOMISTI SULLA MODIFICA DEL RUOLO DELLA BCE. Qualche settimana centinaia di prestigiosi economisti provenienti dalle maggiori Università italiane e internazionali gli avevano scritto che rimettere in ordine i conti pubblici non è sufficiente per arrestare la crisi, perché la sfiducia non riguarda più il singolo Paese, ma l’intera zona euro, viziata da un difetto costitutivo riguardante il ruolo della Banca centrale europea, che deve funzionare come prestatore di ultima istanza per dare garanzia ferma e illimitata sul debito sovrano dei paesi dell’Eurozona, affinchè i tassi di interesse dei titoli di Stato vengano ricondotti ai livelli pre-crisi. Vi sono paesi che sono fuori dalla UEM e dalla Unione Europea con elevati disavanzi e debiti pubblici come Giappone, Gran Bretagna, e Stati Uniti (ad esempio il Giappone ha un debito pubblico che supera il 200% del PIL! Quello degli Stati Uniti supera il 100%): perché questi Paesi non subiscono attacchi speculativi quelli dell’eurozona? Perchè hanno una banca centrale che, stampando dollari o yen, può acquistare titoli direttamente dallo Stato, nel caso in cui i mercati rifiutino di farlo. In Europa non si può perché la cancelliera tedesca Merdel si oppone a modificare il ruolo della BCE e perfino ad Eurobond finanziati dalla BCE, in grado di sostituire i titoli di stato nazionali. Ciò permetterebbe invece una stabilizzazione del rapporto debito/Pil che tranquillizzerebbe i mercati, e si tradurrebbe in avanzi di bilancio necessari al sostegno della domanda aggregata e della crescita, particolarmente rilevante nelle fasi recessive come l’attuale. Timori d’inflazione per l’espansione della base monetaria non ce ne sarebbero perché i fatti dimostrano che durante una crisi, base monetaria e offerta di moneta seguono strade differenti ovunque. Del resto lo scopo di una Banca centrale è stabilizzare l’economia, invece così si impongono draconiane misure circa il debito pubblico, si fanno soffrire i popoli, si trasformano i titoli di Stato in titoli tossici e si premia la speculazione. Già, perché la BCE è l’unica Banca Centrale del mondo che compra titoli di Stato solo dalle banche private (all’1,5% di interesse) e non dagli Stati: con questi soldi le banche private speculano felici e contente comprando per esempio in Italia titoli di Stato al 7% di interesse.
Noi possiamo tagliare le pensioni, la sanità, licenziare il Pubblico impiego che tanto la speculazione e la crisi continueranno finchè lo statuto della Banca centrale europea non sarà modificato. Monti si è dichiarato contrario a tutto ciò a Strasburgo e nelle altre sedi internazionali, ponendosi più a destra perfino del Presidente francese Sarkozy. A Monti dobbiamo dunque addebitare la responsabilità di tutti i nostri sacrifici!
3) SE L’EUROPA NON MODIFICA IL RUOLO DELLA BCE BISOGNA RENDERE CHIARO A TUTTI CHI HA CAUSATO IL DEBITO PUBBLICO Quest’ultimo matura in Italia negli anni 1970-80 quando la spesa sociale viene adeguata ai livelli europei ma non le entrate fiscali. L’aumento dei tassi di interesse internazionali, l’ingresso nello SME e il “divorzio” fra Tesoro e Banca Centrale, la perdurante evasione fiscale determinarono l’esplosione della spesa per interessi e l’aumento del debito. La crisi di bilancio dunque non è generata dai costi dello stato sociale che oggi viene macellato, ma sostanzialmente da un calo delle entrate fiscali che dura da molto tempo. Dunque il debito è stato causato da diversi fattori: i salvataggi delle banche; le politiche di riduzione dell’onere fiscale concesse alle imprese, le delocalizzazioni delle imprese che pagano le imposte all’estero e non nel paese d’origine, il crollo della domanda interna di merci (che ha determinato una diminuzione di introiti fiscali per lo Stato) causata dalla riduzione dell’occupazione e del reddito; è un aumento del debito pubblico dovuto alla speculazione che ha fatto perdere fiducia nei Paesi e quindi salire i tassi d’interesse anche dei Titoli di Stato e perciò allargare il debito pubblico; è un aumento del debito pubblico dovuto alla stagnazione della crescita, causata negli ultimi 20 anni dalla perdita di produttività che, a sua volta, nasce sia dal ritiro dello Stato dai settori economici più avanzati sia dalle riforme del mercato del lavoro, che, precarizzando, hanno abbattuto il costo del lavoro e scoraggiato così gli investimenti per l’innovazione tecnologica, diminuendo perciò la produttività e penalizzando quindi le nostre esportazioni.
4) IL RIFIUTO DELLA MERKEL AD AIUTI EUROPEI ALLA GRECIA HA SCATENATO LA SPECULAZIONE. L’emersione del problema del debito è dovuta soprattutto al rifiuto della cancelliera tedesca Merkel di finanziare la Grecia nel 2009, quando bloccò per mesi gli aiuti europei facendo degenerare la situazione. Questo ha scatenato l’assalto speculativo della finanza internazionale, che si è poi esteso ad altri Paesi come Irlanda e Portogallo, poi Spagna e Italia, lambendo la Francia e ora la Germania. Gli investitori in effetti hanno ritenuto che, se l’Europa non riusciva a gestire con successo una crisi come quella greca, a maggior ragione non sarebbe stata in grado di affrontare quella di Paesi con debito maggiore
5) DOVE SONO LE MISURE PER LO SVILUPPO NELLA MANOVRA MONTI? L’UNICO MODO PER TORNARE A CRESCERE È STIMOLARE L’ECONOMIA Come ha scritto Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001, le politiche di austerity promosse dagli Stati europei sono un grave errore perchè fanno decrescere la domanda e rallentano la crescita. Anche un’eccessiva concentrazione dei redditi penalizza la domanda interna. Poichè l’aumento del debito pubblico è dovuto anche a un crollo della domanda interna (e quindi a una diminuzione di introiti fiscali per lo Stato) causata dalla riduzione dell’occupazione e del reddito bisogna che l’autorità pubblica si faccia creatrice di prima istanza di nuova occupazione attraverso la produzione di quei “beni base” fondamentali per il progresso sociale e civile dell’umanità. Attivare un nuovo motore interno dello sviluppo economico europeo, sul modello del “Job act” di Obama, significa che lo Stato deve rientrare nella produzione a partire da quella di servizi in regime di monopolio fino alle produzioni avanzate e innovative, che i privati non coprono, spingendosi fino alla nazionalizzazione delle banche, facendo crescere l’occupazione, riducendo l’orario di lavoro, aumentando i salari, dando maggiori servizi, deduzioni fiscali, potenziando ricerca, formazione, tecnologia, scuola e università, con investimenti su green economy e conoscenza, e difendendo il carattere pubblico di beni comuni quali acqua, energia, servizi alla persona, istruzione, sanità, trasporti, aziende municipalizzate, attività industriali pubbliche, immobili. I fondi vanno reperiti da chi possiede di più, cioè le persone (fisiche e giuridiche) titolari di grandi patrimoni anche immobiliari, e chi le tasse non le paga (l’evasione è a 120 mld l’anno!); con una maggiore tassazione delle transazioni e delle rendite finanziarie esclusi i Titoli di Stato, la riduzione dell’assurda spesa militare, chiudere i paradisi fiscali, tagli ai costi della politica, una politica fiscale ispirata a criteri di legalità e giustizia, Ici sulle attività di lucro della Chiesa; recupero e tassazione dei capitali occultati all’estero (230 miliardi solo in Svizzera!), utilizzo del surplus di riserve auree di Bankitalia. E siccome il debito pubblico non ha importanza strategica, come abbiamo visto, non bisogna costituzionalizzare il vincolo del pareggio di bilancio anche perchè tale modalità di controllo è basata sull’imposizione di regole fisse e di delega delle scelte politiche alle forze economiche che è profondamente contraddittoria con l’esigenza di scelte democratiche nella politica economica. Monti sta andando in direzione opposta a tutto ciò.
6) MODIFICARE LO SQUILIBRIO NELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI FRA PAESI EUROPEI ESPORTATORI E IMPORTATORI La modifica del Patto di stabilità europeo avvenuta il 24 marzo di quest’anno ha posto l’accento sul debito pubblico anziché sullo squilibrio nella bilancia dei pagamenti fra Paesi europei esportatori e importatori, che genera debito (privato e pubblico) sull’estero. Ci sono 2 strade: la prima è che siccome è praticamente impossibile in tempi brevi aumentare le esportazioni in misura sufficiente a riequilibrare i deficit commerciali, i Paesi in crisi dovrebbero ridurre drasticamente le importazioni. Ma questo presuppone una riduzione anche molto violenta della domanda interna, che ha l’effetto di deprimere l’economia, e quindi di ridurre le entrate fiscali, accrescendo così il deficit statale. L’altra strada è che, se vogliamo che l’Europa e l’euro sopravvivano, è necessario che chi ha beneficiato di questi squilibri contribuisca al loro riequilibrio molto più di chi ci ha rimesso, proprio perchè ha più risorse per farlo. La Germania ha finora adottato politiche interne fortemente restrittive e di fortissima deflazione salariale competitiva, in totale contraddizione egoista con la sopravvivenza dell’Unione monetaria europea, accumulando crediti grazie al fatto che gli altri Paesi più deboli assorbivano le loro merci indebitandosi e quindi destabilizzandosi. Bisogna dunque ottenere prioritariamente uno “standard retributivo europeo”, che consentirebbe di interrompere la competizione salariale in atto tra i paesi dell’Unione.
CONCLUSIONE: DAL SOGNO ALL’INCUBO MONTI.
Non è sufficiente essere persone competenti per avere idee efficaci a risolvere i problemi. Le tre parole chiave annunciate dal governo Monti – rigore, crescita, equità – sono state espresse con rilievo diseguale, e sempre in chiave iperliberista: molto rigore senza discontinuità con le misure prese dal governo Berlusconi e Tremonti, poca crescita e scarsa equità.
Dobbiamo opporci con efficacia alle misure che vengono proposte, dimostrare che c’è una volontà popolare che desidera qualcosa di diverso e di più sensato rispetto alla macelleria che stanno provando a somministrarci.
LA PAROLA EQUITÀ DEVE TORNARE AD AVERE SIGNIFICATO.
RESISTERE ALL’AUSTERITÀ!
RESPINGERE LA MANOVRA MONTI CON LO SCIOPERO GENERALE!
Franco Pinerolo
Milano, 4 dicembre 2011.
come al solito…. il migliore intervento del Congresso! Sai emozionare e spiegare le cose lucidamente, con un rigore analitico che hanno in pochi! Sei il NOSTRO segretario! Bravo! Anna
Bel discorso Compagno. Non sono potuto venire a Napoli perché sono dovuto rimanere a casa dalal famiglia, ma mi avrebbe fatto piacere dirtelo di persona. Davvero bravo!
Grandissimo!! Complimenti per il bellissimo interventoooo, sei davvero bravo!!!
Caro Oggionni e pensare che fino a un anno e mezzo fa andavi in giro con Giannini e Sorini per pubblicizzare la ricostruzione del partito comunista… buona connessione, buona narrazione, buona bertinottata.
e tu, caro Cippalippa che non ti firmi, vai avanti con il tuo micro progettino del cazzo (visto che questo è il livello): farai molta strada! Oggionni almeno prova a indicare una prospettiva e un orizzonte, tu – che sei appunto una Cippalippa – sei rimasto negli anni Trenta. Per fortuna il mondo va avanti e si può essere comunisti anche senza bersi il cervello.
Bravissimo Simone! E bravo perchè guardi al lungo periodo …