Le dimissioni di Berlusconi di queste ore sono un fatto epocale. Chiudono un’epoca tristissima della nostra storia nazionale, durante la quale il sistema di potere e di valori berlusconiano ha cambiato nel profondo il volto del Paese. Quest’Italia che oggi può svegliarsi dall’incubo è più povera di quanto non fosse nel 1994. Più ingiusta e diseguale socialmente, ma soprattutto corrotta e umiliata nella sua antropologia profonda. È un Paese che ha assorbito e radicato nelle viscere tutti i peggiori tratti del berlusconismo: l’individualismo, l’egoismo proprietario, la prepotenza e l’arroganza padronale, l’indifferenza. Soltanto i prossimi anni ci diranno quanto l’infezione sia profonda e quanto tempo ci vorrà per curarla. Ma se il nostro male fosse solo questo, saremmo tranquilli e potremmo almeno per ora festeggiare la caduta del tiranno e iniziare a progettare il futuro.
E tuttavia, per quanto paradossale e duro sia riconoscerlo, non è facile in queste ore festeggiare come vorremmo. Perché il rischio concretissimo che abbiamo davanti a noi è che al posto del regime di Berlusconi si insedi un governo tecnocratico diretta espressione di quei poteri finanziari ed economici e di quelle istituzioni in nome dei quali Berlusconi ha governato in questi anni, demolendo tante conquiste del movimento operaio dei decenni scorsi, a partire dai diritti dentro i luoghi di lavoro e dallo Stato sociale. Oggi quei poteri, che non si fidano ancora del centro-sinistra (e per questo impediscono le elezioni anticipate) ma neppure più di Berlusconi, chiedono il conto e assumono direttamente nelle proprie mani la nostra sovranità nazionale, utilizzando come strumento quel Mario Monti per dieci anni Commissario Europeo, presidente europeo della Trilateral di Rockfeller e international advisor della Goldman Sachs, la banca d’affari più potente del mondo. Insomma: il più affidabile rappresentante di quei poteri forti che il governo Berlusconi ha difeso e rappresentato e che, non dimentichiamocelo, sono la causa e l’origine di quella crisi economica che oggi Monti sarebbe chiamato ad attenuare.
Siamo quindi ad un passaggio delicatissimo. Quel giorno della liberazione tanto agognato oggi, visto da vicino, è molto diverso da come lo avevamo immaginato.
La percezione di una democrazia in crisi verticale è così forte da non consentirci soddisfazioni incaute. Come in Grecia, così in Italia. Perde la democrazia, si restringono pesantemente gli spazi della politica e del controllo pubblico e mediato sulle scelte di interesse collettivo. Va in crisi l’idea che la volontà popolare determini ed indirizzi i Parlamenti e l’azione dei governi. Questo paradigma fondativo della nostra Repubblica e della nostra Costituzione, già pesantemente messo in discussione dal populismo di destra e di sinistra e dalla parallela vandea anti-politica, subisce oggi un colpo durissimo.
Abbiamo davanti a noi scenari diversi. È possibile che la pressione e il residuo potere contrattuale di Berlusconi faccia sì che il governo Monti nasca con un impegno a termine e che quindi in primavera si torni a votare.
Ma difficilmente il quadro politico italiano dopo questi giorni di travaglio e ancora di più dopo la nascita del nuovo governo sarà uguale a come lo abbiamo fino ad oggi conosciuto.
Le prese di posizione delle forze politiche determinano, per ciascuna, un punto di non ritorno. Coloro i quali si illudono di poter chiedere al nuovo governo forme di redistribuzione e di equità sociale dimostrano una colossale ingenuità, che in politica equivale ad una colpa.
Quanto al Pd, che in queste ore sta accettando di sostenere il nuovo governo, sappia che non solo sta compromettendo la posizione di vantaggio elettorale accumulata in questi anni. Sta definitivamente abdicando ad una funzione di alternativa la cui possibilità era tutta nelle sue mani. Una parte di quel partito lo vuole, strategicamente. Un’altra parte ne è costretta, ma lo sta allo stesso modo accettando.
Questi atteggiamenti rischiano di segnare una forte ipoteca sul futuro. Sull’interesse generale del Paese, che rischia di uscire da un tunnel (quello di Berlusconi) per infilarsi in un altro (quello del regime monetario dell’Unione Europea e delle sue banche). Ma anche sull’interesse specifico della sinistra italiana, che rischia di esplodere di fronte al cambiamento di scena.
Il nostro compito è contrastare senza alcuna ambiguità il governo Monti, in qualunque forma esso prenderà vita; e aggregare immediatamente tutte le forze politiche e sociali contrarie alla grande coalizione, costruendo con loro un’opposizione di sinistra.
Caduto Berlusconi, diventa determinante capire, con grande nettezza, chi accetta di adeguarsi alle pretese della Banca Centrale Europea e chi vuole mantenersene autonomo. La nostra strada è una sola.
salute
stavo per cancellare questa lettera, non lo faro’!!!!!!1
mi trovavo d’accordo a suo tempo,e a maggior ragione ora.
e’ giusto ricordare anche la lucidita’ di analisi,che ci viene data in tempi non sospetti .
e’ ed sara’ la nostra tenacia , e la nostra MEMORIA a proseguire con maggior determinazione.
LE CRISI CREATE AD HOC, POSSONO INGANNARE QUALCHE SPROVVEDUTO.
ed a riportarci indietro nel tempo………………………..
MA NOI DI CERTO NON LA PAGHEREMO,E NON CI FAREMO CONVINCERE E INTIMIDIRE
DAI BURDEL.
bardeggia maurizio
Ok!. Che alternativa credibile, accettabile, fattibile proponete? Antonia Sani
Semplice, che si torni a votare il prima possibile e che la gente, democraticamente, decida da chi farsi governare! In quel caso noi abbiamo proposto di presentarci con un Fronte democratico che comprenderebbe Pd, Idv, Sel e Federazione della Sinistra.
Simone
Monti, un programma che non può funzionare
Mario Pianta
L’esercizio di “equilibrio” con cui Mario Monti ha costruito il suo governo tecnico – con persone che “garantiscono” le diverse forze politiche, il Vaticano e i poteri forti – non è stato ripetuto nel discorso di ieri al Senato sul programma di governo. Le tre annunciate parole chiave – rigore, crescita, equità – sono state declinate con rilievo diseguale, e sempre in chiave liberista.
Molto sul rigore, ma senza discontinuità con Tremonti. Conferma delle misure prese dal governo Berlusconi in risposta alle direttive dell’Europa, pareggio di bilancio in Costituzione e verifica lasciata ad autorità indipendenti. Spending review per tagliare un po’ dovunque spesa pubblica e “costi della politica”, razionalizzazione delle pensioni e della pubblica amministrazione, provincie da abolire con calma, dismissione del patrimonio pubblico, lotta generica all’evasione fiscale. Un po’ meno tasse su lavoro e imprese, un po’ più su consumi e ricchezza immobiliare, affrontando “l’anomalia italiana” della mancata tassazione della prima casa. Niente patrimomiale.
Molto sulla crescita, ma con le stesse ricette liberali praticate da vent’anni. Liberalizzazione dei mercati e professioni, capitali privati nelle infrastrutture, realizzazione della riforma Gelmini per l’università. Niente politiche industriali, niente economia verde. Sul lavoro, riforme da fare “con il consenso delle parti sociali”, contratti a livello d’impresa, nuove regole per i nuovi assunti (senza tutela dal licenziamento, si immagina) e qualche protezione in più per i precari. E’ per questa via di salari ancora più bassi che il governo punta a recuperare competitività internazionale.
Nulla sull’equità, declinata solo in termini di donne e giovani “esclusi” dal mercato del lavoro a cui si può proporre una fiscalità di favore, ma elogiando la “mobilità a scala europea” che una volta si chiamava emigrazione.
Poco sull’Europa, se non per dire che la fine dell’euro sarebbe la fine dell’Europa, e riconoscere che c’è stato un “difetto di governance europea”: non si spiega quale, né si nomina Angela Merkel, che potrà essere l’osso più duro per Mario Monti nel suo tentativo di tenere l’Italia nell’Unione monetaria e l’Unione in piedi. Non una parola sulla finanza e su come limitare la speculazione contro il debito degli stati. Non una parola sulle politiche di domanda che possono fermare la recessione. Non una parola sul declino della struttura produttiva dell’Italia. Non una parola su disuguaglianze record e povertà.
Ieri l’obiettivo di Monti era ottenere la fiducia sia dal Senato italiano che dal “Senato virtuale” dei mercati finanziari. La prima – grazie a Napolitano – l’ha ottenuta facilmente; la seconda resta sospesa, con la speculazione passata ad attaccare i titoli di Francia e Spagna e le borse in calo. Ma quanto alla capacità di affrontare i nodi della crisi, questo è un programma che non può funzionare.
Mario Pianta, Università di Urbino; Centro Linceo Interdisciplinare, Accademia dei Lincei http://works.bepress.com/mario_pianta
Comunicato-stampa
CONTRO LE POLITICHE LIBERISTE DEL GOVERNO AZIENDALE MONTI
17 NOVEMBRE SCIOPERO GENERALE E MANIFESTAZIONI IN 24 CITTA’
A ROMA CORTEO DA P. DELLA REPUBBLICA (ORE 10)
Ora che abbiamo la lista dei ministri non ci sono più dubbi. Il governo bipartisan Monti non ha solo un programma ultra-liberista, ma anche ministri esponenti dei gruppi finanziari, del Vaticano e del capitalismo di Stato e privato che da sempre predicano le politiche antipopolari che hanno provocato la catastrofica crisi. Allo Sviluppo Economico addirittura il super-banchiere di Intesa Corrado Passera; all’Istruzione il Rettore del Politecnico di Torino Francesco Profumo, un esaltatore della scuola-azienda e dell’ Università-impresa, uno che parla in italo-inglese, che si autodefinisce “marketing oriented” e “incubatore di imprese”, che si vanta di aver creato al Politecnico 109 imprese interne e 14 fondi finanziari e che si lamenta perché nelle sue facoltà gli studenti non vengono ancora formati come imprenditori; ai beni culturali Ornaghi, il Rettore della Cattolica, braccio culturale del Vaticano Abbiamo salutato con soddisfazione la caduta del governo Berlusconi. Ma il governo Monti minaccia di essere altrettanto micidiale per i salariati, i pensionati, i giovani, i ceti popolari e vuole imporre la libertà totale di licenziare, il collocamento dei dipendenti pubblici in “esubero” (ora in particolare degli insegnanti) in Cassa Integrazione, anticamera del licenziamento dopo 24 mesi, l’annullamento dei contratti nazionali, l’eliminazione delle pensioni di anzianità e del residuo sistema retributivo, la privatizzazione di tutti i servizi pubblici locali malgrado i risultati dei referendum, la svendita del patrimonio naturale e artistico e le distruttive Grandi Opere, confermando per il Pubblico Impiego il blocco dei contratti fino al 2014 e per la scuola anche degli scatti di anzianità e la retribuzione dei docenti in base ai grotteschi quiz Invalsi.
LA CRISI E IL DEBITO VANNO PAGATI DA CHI LI HA PROVOCATI E DA CHI CI SI ARRICCHISCE.
Nella manovraccia approvata dalla casta bipartisan non c’è neanche un provvedimento che faccia pagare la crisi a chi l’ha provocata e a chi ci si arricchisce. Con una seria patrimoniale, recuperando gran parte della evasione fiscale, riducendo drasticamente la corruzione dilagante nelle strutture pubbliche, riducendo le “pensioni d’oro”, cancellando le missioni di guerra e tagliando le spese militari avremmo alcune centinaia di miliardi annui non solo per aggiustare il bilancio ma per salari e pensioni adeguati, investimenti nell’istruzione e nella sanità, nei servizi sociali, nella tutela del patrimonio naturale ed artistico; per porre fine alla precarietà e garantire un reddito minimo per tutti/e.
Perciò i COBAS, insieme alla CUB, scioperano per l’intera giornata in tutto il lavoro dipendente domani 17 novembre, che è anche giorno mondiale di lotta degli studenti. I COBAS manifesteranno, insieme agli studenti, alla CUB e ad altre strutture sociali, in 24 città.
In particolare a Roma la questura ha autorizzato il corteo da noi richiesto da P. della Repubblica (ore 10) a P.SS. Apostoli. Ma avevamo già notificato alla questura che, in caso di presentazione del governo al Senato per la fiducia, avremmo proseguito fino alla piazza più vicina al Senato, cioè P.S. Andrea della Valle: e così faremo. Gli studenti della Sapienza partiranno dall’Università (ore 9.30) e ci incontreremo a P. dei Cinquecento, proseguendo poi insieme e ponendo così fine agli intollerabili divieti di Alemanno e recuperando la libertà di manifestare pacificamente nelle vie della città.
Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS
16 novembre 2011
Ottimo articolo, Simone: apriamo gli occhi…. ma adesso cosa ne sarà del Fronte Democratico? Lo mettiamo in cantina?
leggo: apriamo gli occhi…… posso dire che per me vecchio operaio metalmeccanico da sempre iscritto alla fiom (1969)
gli occhi sono aperti anzi spalancati da sempre. mi risulta difficile capire ora che qualcunomi dica
di aprire gli occhi. (mi suona tanto come quella rivista “svegliatevi”). ho vissuto tutta la contestazione studentesca e dovevo “aprire gli occhi” alle loro proposte….poi il periodo del terrorismo ed io sempre in fabbrica, dovevo “aprire gli occhi” alle loro teorie. ora, ancora qualcuno dice “apriamo……” . Mi guardo attorno e, confrontando l’attualità con lo zaino del mio bagaglio, vedo tanto vuoto di idee, di voglia di fare, di capacità di iniziativa e voglia di aggregazione da parte delle generazioni giovani, e scusa la bruttalità, vedo tanta, tantissima, poca voglia di lavorare intendendo quell’interesse che permette di crescere e cambiare se stessi e la società- o almeno di provarci- ma anche di fare fatica fisica, quella fatica che ci fa maturare nella cultura e solidarietà di classe.
C’è un fatto estremamente positivo : le dimissioni del Berluska ed uno un po’ meno : il commissariamento dell’Italia da parte grande capitale finanziario !!
Non ci dimentichiamo infatti da dove viene Monti, come del resto Draghi, Prodi e Gianni Letta, e cioè da Goldman Sachs, la banca maggiormente responsabile dell’attuale crisi finanziaria , quella che ha inventato i “derivati”, mina vagante da 600 mila miliardi di dollari, che se non verrà rapidamente disinnescata, rischia di mandare a puttana tutta l’economia mondiale !!
L’hanno chiamato per fare il lavoro sporco e poi lo rimandano a casa !!
MaxVinella
sconfitto berlusconi, bisogna sconfiggere l’europa … sarà molto più difficile
Bravo Simone!
Claudio
considerando quanto ha detto napolitano, tra l’altro osannato da tutti, e cioè che fino a luglio verranno a scadere milioni e milioni di titoli di stato che vanno onorati comunque, continuare a sperare nelle elezioni a primavera è utopia. così come è utopia sperare che il PD faccia qualcosa di sinistra. è bene che noi che ci chiamiamo comunisti cominciamo a muoverci nella direzione che un signore col pizzetto ai primi del ‘900 ha provato ad insegnarci:
“cosa fare” e da “dove cominciare”.
cosa fare è semplice, almeno secondo me, smettere di perdere tempo dietro questa fantomatica federazione della sinistra, morta, per volontà politica, prima di nascere, e dedicare il nostro tempo ad un quarto polo comunista, anticapitalista e antiliberista che racchiuda in se tutta la diaspora comunista sparpagliata in mille rivoli, soprattutto quella che ha deciso di starsene in disparte. abbiamo tempo, si voterà sicuramente nel 2013. poi dobbiamo smetterla con la richiesta di alleanze democratiche che tanto nessuno ci darà e che servirebbero, come avvenne nel 2008 ad identificarci come conniventi con coloro che, centrodestra o centrosinistra che sia, dovremmo combattere. andiamo avanti per la nostra
strada, e vediamo chi ci segue. saranno sicuramente migliori degli altri.
da dove cominciare è più semplice ancora: per esempio dalla unificazione dei due partiti comunisti che stanno nella federazione, e vi posso affermare che può funzionare vista l’esperienza del nostro municipio, l’ottavo a Roma. in due anni siamo riusciti, pur con scazzi alle volte pesanti, a lavorare molto bene, oserei dire come un solo partito, ottenendo buoni risaultati e riuscendo a infilarci dentro le lotte territoriali che si susseguono, dal master plan di alemanno, alla discarica di corcolle che il commissario ci ha ammollato. e ha marcare una nostra presenza sul territorio con volantinaggi e affissioni che se non li avessimo fatti insieme non avremmo avuto la forza di fare.
quindi come recita un ordine del giorno approvato all’unanimità nel congresso del mio circolo invito i dirigenti del nostro partito a lavorare in questa direzione.
Si, daccordo con tutti gli interventi ma avrei una domanda: sarebbe più <> secondo voi andare al voto con l’attuale legge elettorale? Cosa c’è di democratico e partecipativo in questo? Dobbiamo smetterla di fare i paladini della democrazia di giorno ed i fiancheggiatori delle tirannie di notte (o viceversa vedete voi ma il senso mi sembra chiaro).
Occorre, invece, con forza mobilitarsi per dettare nell’agenda obbligata dai poteri forte almeno e dico almeno la realizzazione di una nuova Legge elettorale da approvare poi rapidamente (tanto ci hanno confermato che quando vogliono riescono a lavorare in tempi utili) e poi lavorare ad una piattaforma programmatica degna di nome.
Salve
ma avete visto? si fa il nome di un generale per il ministero della Difesa!!! Questa è la P2!
MONTI E LA PATRIMONIALE
Ancora un altro spettacolo deludente e miserevole quello offerto ieri sera da Ballarò, fino al punto che viene voglia e desiderio di disontissicarsi dal guardare le Televisione. Un nuovo accapigliarsi, un sovrapporsi con le voci e le gridate su chi avesse parlato piu’ minuti o piu’ secondi dell’altro. Oggetto della disputa quale fosse la causa che ha mandato a casa Berlusconi. Se i tradimenti (ai quali peraltro avrebbe dovuto fare il callo), gli scandali, la derisione del mondo, i mercati finanziari, la responsabilità di una crisi economica prolungata, sempre negata, qualcuno ha pensato di limitarne il fardello addebitando la crisi ad Obama che l’avrebbe diffusa in tutto il mondo come il virus della peste bubbonica. A nessuno è sfiorata l’idea che le ragioni vere della crisi sono molto piu’ profonde, radicate , irreversibili e lunghissima durata, se governanti e potere economico non si decidono a prendere coscienza di tali cause, e dichiarino la loro disponibilità e orientino la propria azione in modo diametralmente opposto alla via seguita fino ad oggi.
Ciò comporterebbe una rivoluzione culturale e pragmatica nel modo di concepire i rapporti di produzione e di redistribuzione della ricchezza prodotta in modo piu’ equo e solidale a vantaggio di tutti e non di una parte di fortunati o di privilegiati. Il dramma che abbiamo davanti è rappresentato da un solo fattore : LA FINE DEL LAVORO. Questo è il titolo che Jeremy Rifkin diede al suo stupendo saggio già nel 1996, epoca, piu’ o meno , nella quale è iniziato questo disastroso processo di espulsione netta dei salariati dal mondo della produzione. Dopo circa 10 anni, dall’edizione del saggio, Rifkin ha aggiornato le sue ricerche ed ha confermato che nel periodo, caratterizzato da sviluppo e crescita economica, erano stati espulsi dal lavoro altri 31 milioni di esseri umani .Questo processo, intendiamoci, non era per nulla sconosciuto, anzi era stato previsto e descritto da tre grandissimi personaggi storici, con qualche secolo di anticipo
Engels aveva osservato che : il progressivo perfezionamento dei macchinari moderni … è diventato una legge ineludibile che obbliga il singolo capitalista…a incrementare la propria forza produttiva…ma la dimensione del mercato non può tenere il passo con i volumi della produzione. La collisione diventa inevitabile”” Marx aveva analizzato il fenomeno e concluso che “un sistema automatizzato di macchinari” avrebbe comportato “la metamorfosi finale del lavoro”, ma aveva anche piu’ che saggiamente preavvertito che “il capitalista, eliminando direttamente il lavoro umano dal processo produttivo , scava la propria fossa, dal momento che riduce progressivamente il numero di consumatori che detengono un potere di acquisto sufficiente a sostenere la domanda dei beni che produce””.
Infine, F.D.Roosevelt, che non era un seguace di Marx, pose al Congresso americano, nel 1937, la seguente domanda: “”Che cosa può guadagnare il Paese dall’incoraggiare gli imprenditori a espandere la capacità produttiva se il reddito della popolazione attiva non aumenta in termini reali, creando mercati che possano assorbire il crescente volume di produzione?””.
I tre grandissimi personaggi citati non avevano idea di cosa potesse comportare l’avvento della tecnologia informatica. Ci ha pensato,in modo scientifico, J.Rifkin, e quindi dovremmo essergli grato per questo.
Ma, allora Berlusconi non c’entra con la crisi?. Certo che si. Lui e tutto il ciarpame che lo circondava, a cominciare da quel ministro del Lavoro che si chiamava Sacconi, il quale, dopo averci inondato di precari di tutti i colori, a bassissimo costo, da macelleria sociale, stava per regalarci anche la possibilità di licenziare quei pochi che ancora hanno un lavoro. Speriamo che nessuno, ora, lo offra a lui.
Ma, adesso tutto va a posto? Non sono né fiducioso né ottimista, considerata la situazione. Quel che so per certo è che il prof Monti appartiene a quel filone di economisti liberali che hanno sempre affermato che il sistema abbia bisogno dei correttivi almeno nella fase della redistribuzione della ricchezza prodotta. Spero quindi che non lo dimentichi, ora, che anzi abbia la stessa illuminazione che ebbe F.D.Roosevelt, se non per sconfiggere per sempre queste aberrazioni accecate del modo di produrre e di accaparrarsi le risorse da parte dei capitalisti, almeno per rinviarlo quanto piu’ possibile. L’introduzione di una imposta sui grandi patrimoni potrebbe consentire di superare l’attuale crisi e consentire ai nostri figli e nipoti di non ritrovarsi in un deserto, determinato dalla disoccupazione crescente, vagando come morti viventi.
Grazie per essere venuto quest’oggi al nostro congresso. Le parole che hai usato sono state aria pura per tutti noi. Grazie davvero e complimenti per tutto, sei anche molto molto carino 🙂