La prima notizia è che a Roma sono scese in piazza 500.000 persone, di cui tantissimi giovani. E’ un numero enorme, che rappresenta la realtà di un Paese che ha da molto superato il livello di sopportazione rispetto al suo governo e – quel che è forse ancora più importante – rispetto alle politiche neoliberiste che oggi sta attuando Berlusconi ma che domani potrebbe mettere in pratica qualsiasi altro governo. Esiste cioè una insofferenza nei confronti di questo sistema, delle sue crisi e delle sue ingiustizie, della sua violenza (che è la vera violenza, non dimentichiamocelo mai, quella che uccide e rende difficile se non impossibile vivere, giorno dopo giorno) che è grande e che va valorizzata in tutta la sua eccezionalità.
La seconda notizia è che, ovviamente, di questo non si parla. Non se ne parla nelle televisioni, non se ne parla nelle radio e se ne parla in parte solo sulla rete dove, per fortuna, l’informazione è più libera e le menzogne hanno le gambe più corte. Non si parla delle nostre ragioni, della forza numerica con la quale le abbiamo sostenute. E si parla di altro: delle violenze, delle auto bruciate, dei bancomat assaltati, della camionetta dei carabinieri data alle fiamme.Voglio dire con estrema chiarezza che tutto quello che è successo mi ripugna perché penso sia distante anni luce dall’idea di società che abbiamo in mente e anche dall’idea di rivolta e di rivoluzione che vogliamo costruire. Non ha alcun senso agire in questa maniera, con i volti coperti e le bombe carta (una delle quali ha colpito alla mano un manifestante in via Cavour, provocandogli la perdita di due dita della mano).
Vorrei capire chi si nasconde dietro questi passamontagna e che, con i propri gesti vigliacchi, sta occultando le nostre ragioni, fornendo tutti i pretesti possibili e immaginabili alle destre, alla stampa e anche al ventre molle di questo Paese per tentare di cacciarci sempre più nell’angolo. E tanta più indignazione mi provocano queste persone quanto più vedo che provano ad associare alle loro violenze il nome di Carlo Giuliani, e cioè il nome di un ragazzo la cui vita e il cui sacrificio ci consegnano tutt’altri insegnamenti.
Ma voglio dire con altrettanta nettezza che quello che abbiamo visto in piazza questo 15 ottobre è inaccettabile sotto un altro punto di vista. La gestione dell’ordine pubblico è stata, da metà pomeriggio in poi, semplicemente vergognosa, indegna di un Paese civile.
Mi si deve spiegare con quale diritto i blindati della polizia possono sfrecciare a 80-100 km all’ora in piazza San Giovanni rincorrendo gruppi di ragazzi inermi. Con quale diritto in una di queste operazioni la polizia ha deciso di investire un ragazzo che, in queste ore, è al pronto soccorso in codice rosso. Mi si deve spiegare con quale diritto la polizia può entrare negli ospedali di Roma e identificare i feriti, manifestanti pacifici, scavalcando con la forza e l’arroganza i medici che provano ad opporsi.
Mi si deve spiegare come è possibile che le forze di polizia, che insieme ai servizi sicuramente erano al corrente da settimane di tutto quello che era in preparazione in tutta Italia, abbiano lasciato partecipare e scorrazzare liberamente nel corteo 500, 1000 persone incappucciate, tutte vestite nella stessa identica maniera, con le stesse spranghe e le stesse mazze.
Mi si deve spiegare come è possibile che – come hanno testimoniato numerosi compagni in queste ore – decine di squadristi di estrema destra, per esempio a via dei Serpenti, stazionassero a fianco delle forze di polizia mentre a pochi metri gli stessi incappucciati mettevano a ferro e fuoco, indisturbati, la città. Mi si deve spiegare come sia possibile che il compito di allontanare questi soggetti dal corteo sia stato totalmente demandato ai manifestanti stessi, a rischio della propria incolumità. Ma nel nostro Paese a cosa servono allora le forze dell’ordine se non a tutelare il diritto di manifestare pacificamente e liberamente come è garantito dalla nostra Costituzione? Penso che questo sia un problema di primo ordine, che andrebbe finalmente posto con forza nel dibatto pubblico del Paese, perché non ci meritiamo corpi e apparati di polizia e di sicurezza così lontani da uno Stato di diritto e da un regime democratico. Noi lo facciamo chiedendo immediatamente le dimissioni del ministro dell’Interno, primo responsabile di quello che è accaduto in piazza.
Detto questo dobbiamo guardare a noi stessi e pensare anche ai nostri limiti. Perché se un movimento così imponente si fa schiacciare e annullare, nelle sue ragioni e nella sua visibilità, da questa tenaglia mortifera di repressione e violenza, vuol dire che il movimento è fragile. Non ha una testa in grado di guidare una fase così delicata come quella nella quale ci stiamo avventurando ed evidentemente non ha un corpo in grado di espellere da sé le tossine che questa fase sta generando.
E ciò è ancora più drammatico se riteniamo, come io penso, che questo movimento debba giocare nei prossimi anni un ruolo importante nella rigenerazione e nel rinnovamento della sinistra italiana e mondiale. Perché, per sedimentare istituzioni permanenti di movimento, testa e corpo servono eccome. Interroghiamoci, facciamolo tutti insieme, creiamo nei prossimi giorni e nelle prossime settimane in ogni territorio momenti di incontro, di confronto e di riflessione collettiva, provando a mettere in fila quei punti fermi da cui vogliamo provare a ripartire.
a proposito della LINEA UFFICIALE dei GC
Care compagne e cari compagni,
ad una settimana dalla manifestazione del 15 ottobre tutti quanti ci stiamo cimentando sull’analisi di ciò che è avvenuto e soprattutto sulla ricerca di iniziative concrete per far ripartire il movimento.
In questa settimana abbiamo avuto l’occasione di discuterne anche come esecutivo nazionale GC e come gruppo di lavoro della Fds sul 15 ottobre.
Di seguito qualche considerazione ampiamente condivisa sulla giornata di sabato.
Per prima cosa dobbiamo cogliere positivamente la straordinaria partecipazione al corteo frutto di un malessere diffuso nel Paese che investe principalmente le giovani generazioni ampiamente mobilitate per tale appuntamento. Da questo punto di vista l’apporto delle strutture organizzate è stato decisivo: 1200 pullman organizzati di cui circa 200 solo come Prc – Fds a dimostrazione della nostra capacità di mobilitazione e di radicamento territoriale.
Sullo svolgimento della manifestazione dobbiamo amaramente registrare l’azione di un gruppo organizzato (circa 300 persone) che con le proprie azioni ha impedito il regolare svolgimento del corteo stesso, offuscando i reali contenuti della manifestazione, agendo contro gli stessi manifestanti che infatti nello sdegno generalizzato hanno a tratti provato ad isolarli. Insomma, nella giornata internazionale United for Global Change, in Italia abbiamo assistito alla manifestazione più grande del mondo e anche all’unica in cui sono avvenuti incidenti e scontri. Un primato che ci dovrebbe far riflettere.
Il giudizio politico che come giovanile e come partito diamo dell’azione di questo gruppo di persone è negativo e di condanna. La loro iniziativa infatti è incompatibile con la costruzione di un movimento di massa antiliberista.
Il terzo elemento è quello relativo alle forze dell’ordine. Sicuramente hanno fallito nell’attività di prevenzione: con tutti i telefoni intercettati e i siti monitorati possibile non fossero a conoscenza delle reali intenzioni dei famosi “black block”?!
Per non parlare della criminale azione a San Giovanni: rendere inagibile la piazza di arrivo di una manifestazione di centinaia di migliaia di persone, caricare selvaggiamente un corteo con idranti, lacrimogeni e blindati lanciati a tutta velocità ha compromesso definitivamente l’evolversi della giornata. A quel punto era chiaro che il corteo non sarebbe mai arrivato a San Giovanni, che il movimento non avrebbe avuto l’occasione per confrontarsi e decidere insieme quali iniziative intraprendere già da quella nottata.
In queste ore invece assistiamo all’annunciata repressione che come prevedibile va ad agire sui diritti democratici e le libertà di movimento: da chi evoca leggi speciali ai provvedimenti del governo e di alcuni sindaci, per primo Alemanno.
Consapevoli della necessità di ripartire da subito con momenti di discussione comuni e con iniziative che non facciano disperdere il patrimonio di forze ed idee che hanno caratterizzato il “nostro 15 ottobre” vi inviamo di seguito del materiale che approfondisce, nell’ottica unitaria, condivisa, il nostro punto di vista sulla valutazione di quella giornata.
Colgo l’occasione anche per ringraziare le centinaia di compagne e compagni che pur nelle note difficoltà di collocazione degli spezzoni all’interno dei cortei hanno contribuito all’organizzazione di un’ottima presenza in piazza dei Giovani Comunisti. Presenza organizzata che soprattutto nei momenti difficili della manifestazione e nell’arrivo a Circo Massimo è stata punto di riferimento e di sicurezza per una parte consistente del corteo.
Buon lavoro a tutti/e!
Danilo Borrelli
Responsabile Organizzazione Nazionale GC
E’ importante che ci sia un rimando anche qua….
http://www.ilnostrotempoeadesso.it/rubriche/punti-di-vista/215-il-nostro-punto-di-vista.html
Avete letto l’articolo-delirio di Iannitti? Ma come fa Oggionni a tenerselo nell’esecutivo? Quand’è che lo cacciate? E’ uno scandalo per un’organizzazione comunista avere tra le sue file posizioni che ammiccano al terrorismo urbano e alla violenza dei black blok. Davvero adesso è troppo!
@alessandrof: penso tu sia troppo drastico nel giudizio e che, pur non condividendo l’articolo di Matteo, non gli si possa imputare quello che tu scrivi.
Detto questo, si tratta – come è del tutto evidente, anche leggendo gli articoli sul sito nazionale e i commenti in giro per la rete – dell’opinione personale di un singolo compagno. Abbiamo ben altro a cui pensare in questi giorni dopo il 15 ottobre! Pensiamo a noi, ai territori, a sedimentare strutture di movimento che finalmente funzionino e che abbiano la forza di mettere al centro i contenuti e non una discussione sulle forme che rischia di farci morire nella tenaglia tra repressione e violenza. Pensiamo alle cose serie che c’è tanto lavoro da fare. Noi ci siamo abituati. un abbraccio, Simone
Caro Simone condivido tutto!
Un caro saluto Angelo
Segnalo quest’intervista di Piero Bernocchi
http://temi.repubblica.it/micromega-online/bernocchi-cobas-lobiettivo-degli-sfasciavetrine-distruggere-il-15-ottobre/
15 ottobre
Bernocchi (Cobas): “L’obiettivo degli sfasciavetrine? Distruggere il 15 ottobre”
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“Gli sfasciavetrine avevano un unico obiettivo: attaccare la struttura organizzativa del coordinamento 15 ottobre facendo così saltare il progetto di questa manifestazione”. Piero Bernocchi, leader dei Cobas e veterano dei movimenti e della piazza, non usa giri di parole. Va dritto al cuore del discorso. “Non sono nè infiltrati nè pagati da qualcuno, sono gruppetti della sinistra antagonista-anticapitalista che portano avanti un estremismo infantile e dannoso, hanno fatto della pratica di piazza devastatoria – cioè dello sfasciare simboli presunti o veri delle multinazionali o delle banche o del capitale – il loro modo di esprimere radicalità”.
Bernocchi, lei era tra i promotori della manifestazione degli Indignados. Ora cosa rimane dei cocci?
Si è ripetuto il meccanismo di Genova 2001, un grande arco di convocazione composto da varie organizzazioni di movimento ha prodotto un enorme risultato portando in piazza centinaia di migliaia di persone animate dalla convinzione che solo un’ampia alleanza politica-sociale-sindacale possa portare un profondo cambiamento nel Paese. Quello che è successo putroppo mette in discussione tutto. Lo stesso coordinamento 15 ottobre rischia ora di frantumarsi per le divisioni interne.
Ma che idea si è fatto delle violenze del “blocco nero”?
Innanzitutto il termine black bloc non significa nulla, è un termine che la polizia tedesca usava per definire determinati comportamenti ma non prevede un’organizzazione militare e politica strutturata o unitaria. Come erroneamente si legge sui giornali in questi giorni: non c’è bisogno di andare ad esercitarsi in Grecia per dare fuoco a una macchina o ad un cassonetto dell’immondizia… Non è che hanno compiuto gesti particolarmente eclatanti o tecnicamente difficili o che richiedono il manuale della guerriglia, stiamo parlando di macchine bruciate, di bombe carta nel cassonetto e di vetrine in frantumi: non è necessario andare a scuola da nessuno! Per questo preferisco chiamarli “sfasciacarrozze” o “sfasciavetrine”. Comunque per analizzare i fatti di sabato bisogna capire il dibattito interno al movimento nei giorni antecendenti al 15. Un’area della sinistra radicale-antagonista ha visto nel comizio finale a San Giovanni una scelta moderata e funzionale a costruire una futura ipotesi di alleanza coi partiti del centrosinistra. Un’assurdità, i Cobas sono sempre stati distanti dal centrosinistra non per un pregiudizio ma per una serie di politiche portate avanti in questi anni. In contrapposizione al comizio finale a San Giovanni si è affermata così la volontà di assediare i “Palazzi del potere”, questa teoria ha spalancato le porte a questi gruppuscoli che fanno dell’antagonismo e della conflittualità i propri pilastri denunciando gli altri soggetti di movimento come “moderati”. Una sorta di corsa a sinistra molto politicista – molto poco sociale e conflittuale – perchè alla fine ad essere devastata è stata la manifestazione. Non i palazzi del potere. Per sventare una presunta (e inventata) manovra di nuovo centrosinistra sono state sacrificate 200/300mila persone. Una follia.
Tra l’altro la sua organizzazione a Via Labicana ha affrontato fisicamente un gruppetto di “sfasciavetrine” cercando di spingerli fuori dal corteo. Non si poteva fare un servizio d’ordine di tutta la manifestazione?
Noi abbiamo gestito il nostro spezzone con responsabilità. Per quel che ci riguarda si è ripetuto quanto già visto a Genova nel 2001: anche lì avevamo denunciato il rischio di gruppetti devastatori ed avevamo invitato tutti ad attrezzarsi per eventuali disordini. E – anche sabato va detto – c’erano molte sigle con un servizio d’ordine come la Fiom o Uniti per l’Alternativa o i Giovani Comunisti. Il guaio è che in mezzo a queste parti strutturate si sono infilate migliaia di persone rendendo pressoché impossibile una gestione totale del corteo: è mancato il raccordo tra questi pezzi organizzati perché molta gente non vuole essere – anche giustamente – inquadrata in nessuno spezzone. Ma questo genera scompiglio e una gestione più difficoltosa della piazza. Poi il resto l’hanno fatto gli agenti. La polizia non è intervenuta per 7 km ma l’ha fatto nell’unico punto in cui erano radunati i manifestanti pacifici: San Giovanni. Si è ripetuto esattamente il modello Genova. Mai le forze dell’ordine avevano caricato a San Giovanni, e l’hanno fatto con caroselli di blindati che sfrecciavano a 60 km/h tra la folla. Inoltre il gioco di cariche e controcariche ha permesso che a fianco agli “sfasciacarrozze” arrivasse altra gente indignata dal comportamento della polizia e ne aumentasse i numeri. “Per poco non c’è scappato il morto” ha detto Maroni, ma il morto l’avrebbero fatto loro. L’ultima carica è stata portata vanti con un blindato che sfrecciava tra i manifestanti, al terzo giro ha sbandato e ha preso in pieno il nostro camion, per fortuna nessuno dei nostri era schierato da quella parte altrimenti il morto lì ci scappava davvero. Il ministero degli Interni – ad una cert’ora e dopo i fatti di via Labicana – ha capito che poteva dare una bastonata definitiva alla struttura organizzata il 15 ottobre e ha pensato di infierire rendendo ancor più impossibile la gestione della piazza.
Crede che il movimento italiano degli Indignados abbia subito un colpo mortale per i fatti di sabato?
Innanzitutto un’idea banalissima e semplicissima: prima del prossimo appuntamento si deve trovare un’intesa politica totale tra gli organizzatori. Non si possono avere divergenze sul percorso da intraprendere o sulle finalità. Rimane però un problema consistente, che succede se ciò malgrado arrivano gli “sfasciacarrozze”? Per esperienze, penso che vadano dove si annidano situazioni contraddittorie, in caso di una posizione chiara e netta di tutti gli organizzatori non ci sono spazi per incunearsi. Se avessimo voluto buttarli fuori tutti insieme, si poteva fare. E’ vergognoso che questi gruppetti – a differenza dei black bloc del Nord Europa che fanno saltare le banche ma non a 10 metri dal corteo o comunque non lo usano per “coprirsi” – agiscano con una totale irresponsabilità: bruciano cassonetti e macchine lungo il percorso della manifestazione. Senza pensare alle possibili conseguenze di tali gesti, come l’esplosione di un serbatoio di una automobile. Sono azioni che hanno una forma di parassitismo e di vigliaccheria esplicita: non le compiono da soli ma coperti da un corteo, sapendo che la polizia non carica quest’ultimo. In questo modo il rischio della tragedia è sempre a portata di mano.
Ultima cosa. Di Pietro auspica una nuova legge Reale, Maroni è d’accordo con lui nell’introduzione di nuove norme contro i “violenti”. Intanto in giro per l’Italia sono scattate una serie di perquisizioni. Teme un’ondata repressiva dei movimenti?
Tutte follie che aiutano questi gruppi. Se c’è un modo per farli ingigantire, per farli diventare martiri, per mettergli dietro tanta gente che sostiene lo sfogo di piazza una volta l’anno, è questo! Noi vogliamo fare politica quotidianamente generando conflitti, per risollevare le sorti delle masse popolari sottoposte a un attacco pesantissimo: una crisi che stanno pagando per l’ennesima volta loro e non i grandi gruppi finanziari o gli Stati o le politiche governative. Di fronte a questo ci vogliono lotte serie e organizzate, non lo sfogo una volta ogni 365 giorni, per giunta in questa forma. Però con le perquisizioni a tappeto si sta facendo di tutta un’erba un fascio colpendo nel mucchio. Così gli “sfasciacarrozze” – che sabato rappresentavano un’infima minoranza – riescono solo ad aumentare il loro consenso. Li fai martiri. Altro che leggi reali.
Roma 15 ottobre 2011
Pubblicato il ottobre 18, 2011 da nicothor89
Prima
Pensavamo si potesse riuscire a completare un pullman da Asti, non ci siamo riusciti e abbiamo deciso di partire per la grande manifestazione con tre furgoni a noleggio e tre autisti volontari (io, Beppe e Roberto). La piccola comitiva si ritrova alle 5 del mattino davanti alla Cgil e comincia il suo viaggio verso la capitale. Per alcuni di noi ottobre a Roma è un appuntamento ultradecennale, per i più giovani, la maggior parte, è una prima volta. In tutti c’è la consapevolezza di partecipare ad un data “storica”: non era mai successo che contemporaneamente si manifestasse in 950 piazze di tutto il mondo. Il viaggio è lungo e c’è modo di scambiarsi qualche idea sulle aspettative e anche per esorcizzare i timori che ci possano essere incidenti. Lungo l’autostrada sorpassiamo un numero impressionante di bus diretti alla manifestazione e all’autogrill di Badia al Pino la felice sorpresa di incontrare volti amici, Francesco ed Eugenio, partiti con il bus delle Officine Corsare di Torino. Poco prima di mezzogiorno parcheggiamo alla Anagnina, capolinea della metropolitana. C’è una piccola discussione sull’ora di ritrovo per il ritorno a casa, non immaginiamo ancora che non saremo noi a decidere i tempi. All’arrivo in piazza repubblica incontriamo ancora tre astigiani (Michele, Massimo e un giovane compagno di Vinchio di cui non ricordo il nome), il clima è accogliente sia per la temperatura che per l’aria di festa che si respira. Andiamo a mangiare in trattoria e all’uscita qualcosa è già cambiato, ci sono cordoni di poliziotti che ci impediscono di raggiungere la piazza da Via Nazionale, bisognerà fare un giro più lungo.
Il corteo
La sensazione dell’occasione importante è confermata dalla marea di gente che si dipana lungo via Cavour, dopo un’ora e mezzo di corteo piazza Repubblica è ancora piena. I negozi sono tutti aperti a testimonianza che i contenuti della manifestazione sono largamente condivisi dalla popolazione, c’è armonia tra manifestanti e cittadini. La prima telefonata che mi arriva da Asti a chiedermi notizie sugli incidenti mi lascia perplesso, non c’è sentore nel corteo di incidenti. Decidiamo, con Fulvia e Mirella, di andare alla ricerca di Carlo, che avevamo perso dopo 25 secondi dalla partenza del corteo, puntando direttamente verso P.zza San Giovanni. La testa del corteo ci lascia perplessi: non c’è la stessa atmosfera festosa che ci eravamo lasciati alle spalle, si avverte un clima di tensione, un procedere silenziosamente teso. Da sopra un camion qualcuno inneggia al conflitto e all’azione dimostrativa, seguito da alcune file di manifestanti che all’altezza di Via Merulana si serrano in più cordoni, silenziosi e tetri. Complessivamente non più di 300/400 persone. Ci allontaniamo, raggiungiamo la piazza dove c’è ancora poca gente. La Polizia non si vede quasi, dopo un quarto d’ora cominciamo a sentire colpi secchi, un fuggi fuggi generale e si comincia ad avvertire l’odore acre dei lacrimogeni e prima dell’imbocco della piazza vediamo cariche di polizia precedute dal getto degli idranti. Alcune famiglie con bambini piccoli si arrampicano sulla cancellata della basilica per chiedere che vengano aperti i cancelli, sapremo più tardi che hanno trovato ascolto: la chiesa è stata aperta. Molti da Asti ci raccontano di quello che sta succedendo e di cui noi abbiamo una percezione limitata. L’sms di Luisa, che invita a non raggiungere piazza San Giovanni, mi arriva quando noi stiamo cercando il modo di uscirne. Una giornata che si annunciava splendida è irrimediabilmente rovinata, le centinaia di migliaia di persone che hanno partecipato non possono essere cancellate ma capiamo fin da subito che i giorni successivi si parlerà solo ed esclusivamente di ordine pubblico. Strana sintonia di interessi tra incappucciati e governo, con il soccorso di pezzi di opposizione (da Di Pietro a Casini a esponenti del PD, soprattutto piemontesi).
Alle 20,30 faticosamente riusciamo a ricongiungerci al punto di ritrovo e a tornare verso Asti. L’umore è di tutt’altro segno rispetto a quello della partenza.
Dopo
L’esito della manifestazione lascia in sospeso alcuni interrogativi. Perché tanto dispiegamento di forze dell’ordine nella zona di partenza del corteo, mentre lungo il percorso era possibile infilarsi dappertutto e soprattutto fare passare qualsiasi cosa? Perché piazza San Giovanni è stata lasciata di fatto sguarnita? Perché solo la FIOM e i Cobas si sono dotati di un minimo di servizio d’ordine? Sono interrogativi senza risposta che rimandano però ad un altro più problematico. E’ ancora possibile pensare a grandi appuntamenti di protesta, dove la concentrazione di centinaia di migliaia di persone in un unico momento di grande visibilità mediatica offre il fianco all’interesse congiunto del governo e di minoranze (sempre autonome?) votate al protagonismo violento, di trasformare gli appuntamenti stessi in un problema di ordine pubblico? I “senza volto”, incappucciati o cai caschi, sono poco interessati alla condivisione di obiettivi e risultati con i movimenti o le forze politiche che organizzano la manifestazione, sono interessati solo al risalto mediatico delle loro gesta. Il governo, segnatamente quest’ultimo ma non solo questo e non solo le forze politiche che lo sostengono, ha interesse a “indirizzare” verso epiloghi violenti momenti di partecipazione popolare che mettono il dito nella piaga di un modello di sviluppo che segna ormai da tempo i suoi limiti e che scarica sulla collettività i rifiuti tossici di un processo di accumulazione di cui continuano a beneficiare in pochi. Fino a sabato si è parlato dei contenuti intorno ai quali milioni di persone avrebbero manifestato lo stesso giorno in tutto il mondo. Da sabato sera nel resto del mondo si è parlato della grande partecipazione popolare alle manifestazioni, in Italia solo di ordine pubblico e, nelle ultime ore, di come sospendere le garanzie costituzionali di manifestazione del proprio dissenso da parte dei cittadini. La cosa più grave è che, a parte la sinistra (Federazione, Sel e Verdi), tutte le forze politiche sono preoccupate di come sbattere in galera un po’ di gente, perfino in assenza di flagranza di reato. Eccellono in questo esercizio liberticida, insieme a Pdl e Lega al gran completo, Di Pietro che vuole tornare alla legge Reale, quella del fermo di polizia di 4 giorni senza alcuna tutela legale e con processi per direttissima (una sorta di linciaggio al passo coi tempi) e alcuni deputati del PD piemontese che invocano già da oggi il “pugno duro” nei confronti della manifestazione di domenica prossima in Val Susa. A questo proposito mi chiedo se non sarebbe più saggio da parte del movimento “No Tav” sospendere l’appuntamento di domenica e fare sedimentare la voglia di punizioni esemplari che trasuda dalle dichiarazioni di molte forze politiche. Mi sembra del tutto evidente che si farà qualsiasi cosa affinché in Val Susa si drammatizzi ulteriormente il clima. La possibilità di occupare, dopo appena una settimana, gli spazi televisivi con nuove immagini di violenza è fin troppo ghiotta per cercare di chiudere il sipario sulle manifestazioni di massa e sulla larga solidarietà e simpatia di cui gode il movimento valsusino. Basta leggere le dichiarazioni di oggi dell’onorevole, si fa per dire, Esposito del PD per capire il clima che si sta preparando. Credo che la sospensione della manifestazione sarebbe un atto di responsabilità non nei confronti del governo ma nei confronti di migliaia di giovani, che sicuramente accoreranno numerosi e generosi in Val Susa e che rischieranno di rovinarsi l’esistenza. Sono consapevole che questa mia riflessione potrà destare fastidio in molti ma credo che dalla drammatizzazione dello scontro possano ricavare benefici solo il governo e il partito degli affari.
Asti 17 ottobre
Giovanni Pensabene
TUTTO BENE E TUTTO LEGITTIMO, ma…. tra gli spezzoni organizzati e con il servizio d’ordine hai dimenticato quello del tuo partito!
La lezione del 15 ottobrePIERO DI SIENA
Nella grande manifestazione di Roma di sabato 15 ottobre è accaduto qualcosa che non ha precedenti. Un gruppo molto numeroso di giovanissimi (sicuramente mille, forse duemila), organizzato militarmente e provvisto evidentemente di una regìa centralizzata a livello nazionale, ha sequestrato la piazza a centinaia di migliaia di cittadini che intendevano far sentire la loro protesta verso il modo con cui le classi dirigenti stanno affrontando la crisi. E’ qualcosa di molto di più di una serie di incidenti che possono svilupparsi in particolari momenti di tensione ai margini di un corteo, giacché l’obiettivo era la manifestazione stessa e i suoi partecipanti, che sono stati aggrediti e malmenati ogni volta che hanno tentato di espellere dal corteo una presenza che sentivano ostile e estranea. Era evidente come questa falange di giovanissimi – armati di mazze, martelli, molotov e bombe carta – fossero animati dal dileggio e dal disprezzo per quello che considerano i “riti” della mobilitazione democratica dei cittadini. L’”antipolitica”, che finora aveva puntato i suoi strali sulle istituzioni e su una rappresentanza delegittimata dallo stato in cui, a partire dal centrodestra, versano le forze politiche del nostro Paese, si estende a cominciare da quello che è accaduto il 15 ottobre a Roma a tutte le forme di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, fino a coinvolgere gli stessi movimenti di protesta.
Dopo gli incidenti del 14 dicembre nel giorno della fiducia al governo Berlusconi avevamo affermato che il movimento avrebbe dovuto “isolare i violenti”. Nessuno ha voluto darci ascolto e nel corso di questo anno, a cominciare dalle mobilitazioni in Val di Susa, nessuno l’ha fatto. Ma è evidente che dopo quello che è accaduto il 15 ottobre nessuna manifestazione sarà più possibile se questo obiettivo non viene perseguito e raggiunto. E se qualcuno continuerà a sostenere che questo isolamento è impossibile per i caratteri e la natura di questi nuovi fenomeni di sovversione, deve assumersi anche la responsabilità di dire che la democrazia è morta. E non c’è più alcuna speranza di farla rivivere.
Per “isolare” bisogna anche “conoscere” e “capire”. Insomma cos’è questo blocco “nero” che a Roma ha svelato per intero la sua forza e la sua potenza. Sono gli eredi dei black bloc degli ultimi anni Novanta, è l’ultima generazione delle curve da stadio o quella dei centri sociali, sono mischiati alla nuova destra giovanile eversiva di Blocco studentesco che era presente al corteo con la bandiera tricolore? O sono tutte queste cose insieme? E soprattutto chi tira le fila di un’organizzazione che almeno sul piano militare ha dimostrato di essere coordinata e diretta centralmente?
Nessuno a sinistra sa nulla, o sa a sufficienza, per trarre conseguenze politicamente efficaci.
L’Italia è stata privata della possibilità di dare il suo contributo alla grande mobilitazione mondiale che chiedeva risposte alternative alla crisi economica in corso. Eppure in piazza sono scese centinaia di migliaia di persone, al di là di ogni aspettativa, che debbono essere messe in condizione di far sentire la propria voce. Isolare i violenti è una delle condizioni perché ciò possa tornare ad accadere.
Ero a Roma e ho buttato giù a caldo quel che segue.
Quello che è stato oscurato dalla gestione dell’ordine pubblico a Roma
Si sente spesso ripetere che le azioni degli “incappucciati” di Roma
hanno oscurato l’ “allegro serpentone colorato” ( e basta con tutta
st’allegria) che intendeva sfilare in modo pacifico.
Le ragioni della manifestazione non in realtà sono state oscurate: tutti
sanno ormai che i manifestanti ( e molti non manifestanti che
condividono le loro opinioni) vogliono semplicemente un futuro, un
lavoro non precario e diritti. Vogliono la loro vita. E non c’è dubbio
che l’allegro serpentone, pacifico e colorato, sarebbe stato liquidato
dai media con una foto ed un titolo, e basta così.
Quello che non si sa, e che gli scontri hanno impedito, è stato un salto
importante nei metodi di lotta. Molti manifestanti erano muniti di sacco
a pelo, e decisi ad accamparsi sotto i palazzi del potere, ad occupare
le piazza, a “non tornare a casa”.
Cioè ad attuare un metodo di lotta determinato e nonviolento; che non
avrebbe provocato scontri ma avrebbe reso evidente la loro indignazione
e determinazione.
Come a Genova gli incappucciatihanno devastato indisturbati mentrela
polizia difendeva i palazzi del potere, la “zona rossa”, questa volta
non dichiarata ma che evidentemente comprendeva la camera, il senato e
palazzo grazioli, divenuto ormai una la terza sede estituzionale.
Come a Genova, la polizia ha atteso i manifestanti in un imbuto: anche
chi non c’era può guardare una pianta di piazza San Giovanni, del tutto
priva di vie di fuga, e comprendere la strategia
Ma soprattutto ha terrorizzato un gran numero di persone, che ci
penseranno a lungo prima di scendere di nuovo in piazza. E ha fatto
arrotolare e riporre tende e sacchi a pelo.
Norma Bertullacelli
__._,_.___
Qualcuno mi deve spiegare perché questa Federazione, che si ritiene di sinistra, possa allearsi con Di Pietro che invoca il ritorno della legge reale?
..hai ragione, alleamose cor pelliccia…
Anche a me fa un po schifo l’idea di allearsi con Di Pietro, e Bersani ma c’è una bella differenza tra alleanza su qualche punto e alleanza di GOVERNO. L’alleanza di governo deve condividere TUTTO il programma, se invece è solo su qualche punto, cose come la “legge reale” non viene presa in considerazione e ognuno rimane della sua idea.
Grazie Compagno Simone. Condivido in pieno!
Marco Piattelli
Hai perfettamente ragione ma comunque dobbiamo essere contenti che la
polizia non abbia, come fatto altre volte, per es a Genova, caricato
indiscriminatamente la folla a piazza S Giovanni, io c¹ero, sennò sarebbe
stato un ennesimo massacro
massimo
La situazione di ora in ora degenera. Siamo adesso alle ordinanze di Alemanno (e del Prefetto?) di proibizione delle manifestazioni a Roma se non in zone sub periferiche. Quindi la prossima manifestazione della FIOM a Roma non si deve tenere. L’ostilità di classe non deve in alcun modo manifestarsi a Roma in maniera palese…
Che i giovanotti dei Black bloc, nella loro “composita” compagine siano dei cialtroni la cui attività possa essere, ed è, utile a humus fertili per soluzioni autoritarie è una banalità truistica: non confondiamo però gli untorelli con il Gotha dei monatti!
La proibizione continuativa per più giorni a manifestare è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte ai tempi di Cossiga ministro degli Interni, quando tra l’altro esisteva una maggioranza parlamentare di larghissime intese (con qualche biascico di sedicente e inconcludente dissenso verbaiolo della sinistra socialista del mitico compagno Fabrizio Cicchitto). Anche il sindaco di Roma Alemanno ci ha messo del suo dichiarando poche ore fa :“Basta buonismo. Bisogna indagare senza sosta e con tutte le forze possibili per individuare quei teppisti che sabato hanno devastato Roma. Sono degli animali, devono finire in carcere e ci devono restare il più a lungo possibile”.
Non so a quali animali si riferisse il sindaco, forse era memore degli “zoà”, mitico battaglione semiclandestino di torturatori killer delle SS. O forse era memore degli animali che lanciavano molotov contro l’ambasciata sovietica a Roma nel 1982. O forse degli altri animali che a Nettuno nel 1982, in una manifestazione non autorizzata con dure contrapposizioni con la Polizia cercavano di ostacolare la visita del Presidente USA al cimitero di guerra degli americani, che, nella seconda guerra mondiale, bloccarono con gli altri Alleati la bestia nazifascista in Europa…Certo, se i magistrati avessero applicato le leggi esistenti con più rigore, certi personaggi non sarebbero diventati né parlamentari né sindaci….ma questa è una altra storia.
Allora visto che il sindaco di Roma, rigorista oggi di proibizione di manifestazioni, è semplicemente surreale, qualcuno vuole dire a Di Pietro che, se continua con la sua linea di leggi liberticide, la coalizione elettorale di centro sinistra la fa con se stesso e qualcuno, non tutti, dei suoi accoliti?
Si comincia a ragionare di un apparato di intelligence di prevenzione delle forze di Polizia oggi denaturato se non sublimato? Si comincia a dire che oggi è uscita una frase orrenda, antistatale, tipica del sovversivismo delle classi dirigenti, allorché Berlusconi parlando con Lavitola dice “Portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di giustizia di Milano, assediamo La Repubblica”. Ma quale Black bloc dice cose di questo genere? Ma chi è il vero leader dei Black bloc?
Roma 15 ottobre, una giornata di riscossa popolare che fa tremare padroni, speculatori e Vaticano e spalanca la strada alla costruzione di un governo di emergenza popolare
Il contenuto, il senso e le prospettive della mobilitazione del 15 ottobre
Il cambiamento e l’alternativa non sono compatibili con il rispetto del sistema che prima uccide gli operai e poi li piange, come a Barletta, che prima consente che i giovani siano carne da macello e da cannone e poi esige pene esemplari per chi si ribella.
· Chi voleva cavalcare il movimento popolare per renderlo inoffensivo e mansueto, per neutralizzarlo, oggi raccoglie i cocci della pace sociale senza principi dietro cui prosperano sfruttamento, morti sul lavoro, precarietà. La battaglia di Piazza San Giovanni infrange definitivamente le aspettative di Draghi (i giovani hanno ragione e vanno ascoltati) e dei lacchè che si sono prodigati a sostenerlo con le mani sporche del sangue dei lavoratori, dei migranti, delle migliaia di proletari che si suicidano in preda alla disperazione di fronte agli effetti della crisi.
· Una mobilitazione permanente per cacciare il governo della destra reazionaria, sbarrare la strada alle “soluzioni di ricambio” promosse da FMI e BCE (governi tecnici, unità nazionale, ecc.) e costruire un governo di emergenza popolare.
· Solidarietà ai compagni e alle compagne che sono stati fermati e arrestati, a quelli feriti, a quelli perquisiti e a quelli che saranno denunciati: alla reazione rabbiosa e scomposta delle Autorità che cercano i colpevoli rispondiamo con una grande mobilitazione di solidarietà!
· I dirigenti della sinistra sindacale, dei sindacati di base, i promotori della manifestazione del 15 ottobre, fino ai sindaci come De Magistris (che ha pure aderito alla manifestazione) e Pisapia devono condannare il linciaggio a cui sono sottoposte le organizzazioni, le forze e i singoli compagni che credono – e ne sono un esempio – che un altro mondo è possibile.
Il contenuto del 15 ottobre
Milioni di persone in almeno 80 paesi si sono mobilitate contemporaneamente e intorno al grido Rise up!, per dichiarare a gran voce che non pagheranno la crisi generata e alimentata dai padroni. Nel nostro paese in centinaia di migliaia di persone hanno risposto all’appello: “non paghiamo il debito”. Ci sono tutte le componenti del movimento operaio e popolare, delle lotte contro speculazioni e devastazione ambientale, ci sono le reti per la difesa dei beni comuni e gli immigrati, i movimenti antirazzisti e le donne organizzate. Una mobilitazione indetta dal basso, dal coordinamento delle realtà migliori forze che in questi anni hanno diretto il movimento contro gli effetti della crisi (sindacati di base, sinistra sindacale, reti degli autorganizzati, studenti, centri sociali, centinaia di organizzazioni operaie e popolari che sono sorte in questi mesi, ecc.) che poneva un obiettivo chiaro e comune “assediare i palazzi del potere”. Quando di fronte alla carica di aspettative raccolte attorno a questa data si è andata consolidando anche la certezza che sarebbe stata una manifestazione di massa sono iniziati i tentativi di cavalcare l’onda: dai “cappelli” dei politicanti borghesi alle parole di comprensione e incoraggiamento dei caporioni della borghesia e della finanza (Draghi è il più rappresentativo, ma anche Montezemolo, ecc.) fino al tentativo di deviare dall’obiettivo originario: abbandonare l’assedio ai palazzi in favore di un accampamento in piazza S. Giovanni. In altri termini: il tentativo di spuntare la carica di combattività e la voglia di riscossa per trasformarli in un più compatibile “evento politico” da spendere nel teatrino della politica borghese.
Nonostante ciò non 100 incappucciati, 300 black bloc o un numero indefinito di infiltrati, ma migliaia, di giovani, di precari, di studenti, di disoccupati, di lavoratori hanno rifiutato la farsa della compatibilità, della “libertà e legittimità (borghesi) di manifestare”, hanno deciso di non subire le imposizioni e le provocazioni di Governo e forze della repressione. Ancora il 15 ottobre, come il 14 dicembre 2010 a Roma e l’inizio del luglio scorso in Val Susa si sono ribellati, si sono scontrati con generosità e coraggio con i reparti antisommossa di Polizia, carabinieri e Guardia di Finanza, hanno sfidato idranti, cariche con i blindati, lacrimogeni e manganellate, hanno combattuto per ore in piazza S. Giovanni, hanno portato la rivolta nella città di Roma, centro del potere della Repubblica Pontificia.
Il senso del 15 ottobre
Una così grande mobilitazione, una così grande e generosa ribellione, una tanto diffusa volontà di insorgere sono la dimostrazione che nel nostro paese si è aperta una fase politica nuova in cui, a fronte della gravità della crisi, della ferocia degli attacchi ai diritti e alle conquiste, delle manovre che strangolano le masse popolari, sono le masse popolari stesse che impongono con la mobilitazione soluzioni urgenti, nuove, straordinarie e radicali.
La giornata del 15 ottobre è uno spartiacque anche e soprattutto per le organizzazioni operaie e popolari, è una contrapposizione fra vecchio e nuovo: chi non ha una prospettiva, chi non ha capito o non vuole capire il senso di questa giornata, chi non ha capacità o volontà di assumersi la responsabilità politica di costruire una alternativa al sistema della crisi, dello sfruttamento, del debito, della precarietà e del piano Marchionne, maschera la sua impotenza gonfiando il coro che si leva dalla borghesia (senza distinzioni di sorta Berlusconi, Alemanno, Vendola, la Camusso, Di Pietro, Bersani e Bagnasco dicono le stesse cose: isolare e denunciare i violenti, condannare le violenze, esecrare le terribili devastazioni).
Chi cerca una strada, chi aspira a una trasformazione, al cambiamento, con le tante inclinazioni con cui si coniuga questo concetto respinge la divisione fra buoni e cattivi, fra pacifici e violenti, fra chi ha legittimità a manifestare e chi no, respinge e condanna i richiami alla delazione: collaborare con le autorità borghesi è l’antitesi di costruire un mondo nuovo.
Da piazza S. Giovanni, fra il fumo dei lacrimogeni e delle camionette a fuoco, si alza un grido più forte di ogni delazione: non pagheremo noi la crisi dei padroni, siamo pronti a organizzarci per lottare, per combattere, per vincere e conquistare un mondo nuovo. Questo è il senso che ogni organizzazione operaia e popolare, ogni elemento avanzato delle masse popolari, ogni operaio e lavoratore deve e può raccogliere, alimentare, estendere.
Le prospettive del 15 ottobre
Dal 16 ottobre 2010, la grande manifestazione indetta dalla FIOM contro il piano Marchionne, è stato un crescendo di mobilitazioni nelle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze (impossibile non ricordare la giornata del 14 dicembre) e quel clima di riscossa ha contagiato e influito persino nel campo del teatrino della politica borghese con gli esiti dei referendum e delle amministrative della scorsa primavera. E poi, ancora, la lotta della Val Susa, la resistenza attiva ai licenziamenti di massa degli operai Fincantieri. Con lo sciopero generale del 6 settembre è iniziata di fatto una mobilitazione permanente (per quanto ancora frammentata) contro la banda Berlusconi e i poteri forti, fino al 15 ottobre. Ciò che già spontaneamente sta avvenendo può e deve essere alimentato e rafforzato con proposte concrete, possibili, costruttive, una soluzione politica che raccoglie e valorizza la spinta positiva e radicale delle masse popolari e dei lavoratori.
Una mobilitazione permanente per rendere ingovernabile il paese a ogni governo emanazione delle autorità borghesi. Nelle piazze, nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle scuole e oltre.
Quanto più la riscossa popolare alimenta ed estende il protagonismo, il coordinamento e la coscienza delle organizzazioni popolari e operaie e tanto più il paese sarà ingovernabile per le autorità borghesi, e le condizioni saranno favorevoli alla costruzione di un governo di emergenza popolare, un governo composto dagli esponenti della sinistra sindacale e dei sindacati di base, dagli esponenti più progressisti e coraggiosi delle associazioni, dei movimenti, dei coordinamenti, coloro che già godono della fiducia dei lavoratori e delle masse, un governo di emergenza che attui un programma articolato attorno a sei misure urgenti e necessarie:
1. assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa),
2. distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi,
3. assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, ad ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato),
4. eliminare attività e produzioni inutili o dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti,
5. avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione,
6. stabilire relazioni di solidarietà e collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
Questo e soltanto questo è lo sbocco positivo e costruttivo delle energie, delle forze, del protagonismo che ha portato il 15 ottobre e porterà nei prossimi mesi migliaia di giovani, lavoratori, donne, immigrati, precari, studenti a ribellarsi. Chi nega questo sbocco, vi si oppone e si aggrappa al rispetto delle regole, della democrazia, della rappresentanza, della pace sociale (quali regole? Quale democrazia? Quale rappresentanza? Quale pace sociale?) si schiera contro il cambiamento e la trasformazione e nella sostanza lavora affinché tutto rimanga com’è.
Le prossime settimane sono decisive. I padroni, il Vaticano, i banchieri e le loro autorità sono nel panico e nel caos. Per rimediare al fallimento dei loro piani sul 15 ottobre ricorrono ai fantasmi che agitarono all’indomani del massacro del G8 di Genova e si appellano apertamente e su grande scala alla delazione da parte dei manifestanti pacifici per individuare e punire i violenti.
Alle porte ci sono importanti mobilitazioni, a partire dallo sciopero e manifestazione degli operai FIAT e Fincantieri del 21 ottobre e le mobilitazioni degli studenti.
Per la borghesia, per la destra CGIL e per i fautori della protesta controllata e responsabile è particolarmente importante, è determinante, che l’esempio della ribellione di Roma rimanga isolato. Che i ribelli di Roma siano criminalizzati. Che i disoccupati, i cassintegrati, i licenziati siano disposti ad accettare pacificamente e di buon grado il destino di esuberi, scarti, miserrimi che Marchionne, Draghi e compagnia stanno preparando per loro e le loro famiglie.
Respingere la delazione, fare della repressione uno strumento per la lotta di classe. Monta la caccia al teppista, al fascista rosso, scatenata dal governo, alimentata dalle anime belle della democrazia borghese, monta la caccia all’uomo, mentre scriviamo vengono perquisite sedi e abitazioni di compagni e compagne che appartengono a varie realtà di movimento in tutta Italia, Di Pietro e Maroni inneggiano a nuove leggi speciali come nel ‘77 (cioè inneggiano agli omicidi come quello di Giorgiana Masi e Francesco Lorusso), la parte più disposta a cedere alle lusinghe di Draghi degli indignati risponde con entusiasmo all’appello a denunciare i violenti pubblicando ai quattro venti fotografie, video e ricostruzioni dei fatti…
E’ la reazione scomposta e rabbiosa di una cricca di malavitosi che muove tutte le leve di cui dispone per terrorizzare, demoralizzare, ridicolizzare e fiaccare un movimento che dalla protesta sta passando alla ribellione, che all’essere solo contro, sta avanzando il per.
Per quanto ci riguarda, Partito dei CARC e più in generale la Carovana del (n)PCI, sono 30 anni che le autorità borghesi ci perseguitano: pedinamenti, intercettazioni, diffamazioni, campagne stampa, perquisizioni, fermi, arresti… abbiamo imparato quanto è facile per i media borghesi influenzare, inquinare, confondere, mestare nel torbido. E quanto, alla fine, ogni tentativo di criminalizzare e reprimere, se affrontato con una linea di unità, di lotta, con la concezione di lavorare per unire ciò che le autorità borghesi vogliono dividere, si trasforma nel suo contrario.
Per questo diamo incondizionata solidarietà ai compagni e alle compagne che sono stati fermati e arrestati, a quelli feriti, a quelli perquisiti e a quelli che saranno denunciati.
E di più, chiamiamo i dirigenti della sinistra sindacale , dei sindacati di base, delle associazioni progressiste e democratiche, i promotori della manifestazione del 15 ottobre, fino ai sindaci come De Magistris (che ha pure aderito alla manifestazione) e Pisapia a condannare il linciaggio a cui sono sottoposte le organizzazioni, i movimenti e i singoli compagni che credono – e ne sono un esempio – che un altro mondo è possibile.
C’è una parte importante dell’autoproclamata sinistra di questo paese che sulla reazione alla giornata del 15 ottobre si sta giocando la credibilità e il futuro della sua stessa esistenza.
Nella situazione di crisi, di povertà dilagante, di sfruttamento, di miseria a cui i padroni costringono le masse popolari, le pretese di essere il cambiamento e l’alternativa non sono compatibili con il rispetto del sistema che prima uccide gli operai e poi li piange, come a Barletta, che prima permette la costruzione di lager a cielo aperto e poi li critica, come a Lampedusa, che prima consente che i giovani siano carne da macello e da cannone e poi esige pene esemplari per chi si ribella.
Per questo chi pretende di essere e rappresentare il cambiamento e l’alternativa deve per primo rompere il circolo vizioso della criminalizzazione e dell’isolamento.
Fra le tante reazioni, i comunicati, le prese di posizione segnaliamo un intervento che offre importanti spunti di riflessione e che condividiamo in ogni sua parte: dal sito notav.info
Il 15 ottobre è stata una giornata intensa per tutto il nostro paese, giornata che rimarrà impressa nella memoria, una giornata che fa paura, a tanti, a molti. Il movimento no tav era a Roma, non per la prima volta, neanche per l’ultima, fiero, con le sue bandiere, con la sua lotta. Un forte appello da queste pagine era partito una settimana prima “Valsusa chiama Italia”, come un grido, da una valle che resiste, da una valle che lotta, un grido di aiuto e un grido di speranza. Roma è il centro politico da cui vengono prese le decisioni, lì le sorti del nostro territorio vengono discusse, lì il nostro futuro deciso. Se da un lato con caparbietà e coraggio la val di Susa resiste a Chiomonte impedendo l’avvio dei lavori dall’altro il movimento no tav ha bisogno di far cadere il mandato politico che regge e legittima l’occupazione militare. Il no tav tour,la partecipazione alle manifestazioni degli indignati , alle lotte studentesche sono quindi la risposta che il movimento dà al secondo pezzo del problema. Per questi motivi a Roma il movimento no tav ha sfilato e lottato. Il giorno dopo come sempre le condanne arrivano unanimi, come quando in val di Susa le giornate di lotta diventano reali, incidono e fanno m ale , a chi questa valle la vuole devastare. Da un lato una casta, fatta di pochi “politici” e banchieri che tragicamente stanno impoverendo il mondo e i popoli, dall’altra centinaia di migliaia di persone che si battono per fermarli.
Qui iniziano i problemi della giornata del 15 ottobre. C’è voglia di lottare, di manifestare, di esserci, c’è spazio per tutti ma il mandato non è chiaro, l’obiettivo è appannato. In tutto il mondo i centri dei poteri bancari e politici sono paralizzati. Lo stesso slogan occupywallstreet diventa pratica e con tanto coraggio, consapevoli di rischiare l’arresto i manifestanti newyorkesi e poi quelli londinesi sfilano e occupano le strade sotto le borse. A Roma non è così, il corteo è enorme ma nessuno ha avuto il coraggio di imporsi, di pretendere o praticare un percorso che vada diretto al centro cittadino, al parlamento alla banca centr ale . Prima anomalia tutta italiana quindi, un corteo che nonostante le parole d’ordine chiare di blocco, accampada o altro ancora, dette nei giorni precedenti, sfila diretto verso la periferia, verso un improbabile comizio fin ale ed un palco che da subito imbarazza. Sarebbe stato un po’ come se il tre luglio a Chiomonte invece che partire da Exilles verso il fortino della Madd ale na ci fossimo diretti in direzione opposta verso la Francia. Cosa avremmo detto a fine giornata? Non ce l’abbiamo fatta ma eravamo tantissimi? Quanti avrebbero ascoltato il comizio fin ale ? Quanti di noi avrebbero creduto ancora nella lotta no tav? Iniziano quindi i problemi, la polizia dopo poco carica dalla coda il corteo, in una via insensata, residenzi ale e da lì iniziano scontri che si protraggono fino a tarda sera in ogni parte della città. Per lo spezzone no tav non è facile proseguire ma con forza e soprattutto insieme si va avanti. Un fronteggiamento pesante inizia con chi in quella giornata difende o pensa di difendere lo stato, di cosa e di chi sarebbe poi interessante iniziare a riflettere. Il giorno dopo le parole si sprecano ma un forte imbarazzo e una latente paura attraversa tutti, soprattutto i politici. Migliaia di ragazzi hanno messo a ferro e fuoco Roma. Una visione riduttiva e semplificante vede nel mostro black bloc la risposta. Facile , troppo facile. Per chi invece aveva voglia di capire qualcosa e aveva coraggio di farlo bastava andare in piazza san Giovanni, lì avrebbe trovato un pezzo di Italia, di Roma. Tanti ragazzi che lottavano, a modo loro, contro quello che avevano davanti, sfogando rabbia in maniera confusa ma con un messaggio chiaro e con la forza di chi davanti a sé non vede un futuro. Negare questo significa non avere poi i mezzi per interpretare e costruire un cammino che sappia andare oltre quella giornata e che inevitabilmente sarà capace di produrne nel migliore dei casi altre uguali. Non darsi degli obiettivi da praticare e non praticarli significa non avere poi i mezzi per iniziare delle discussioni sul come praticarli. Se l’obiettivo è fermare la casta e la crisi finanziaria non si può non andare insieme tutti e in modo chiaro dove questa casta vive, si riproduce e decide. Se vogliamo farlo insieme dobbiamo avere il coraggio e la forza di provarci e solo dopo decidere come. Inutile oggi prendere le distanze o dire così non va bene così non si fa o ancora peggio pensare che i giovani che erano a Roma a piazza san Govanni sono un problema per il movimento. Il problema italiano sono e restano i politici, le banche, i finanzieri che in maniera mostruosa risucchiano ricchezza e impoveriscono il mondo. Quando avremo la forza di affrontare questo problema in maniera chiara forse riusciremo a capirci e a fermarli. Se nel movimento no tav si vive e si lotta da oltre venti anni insieme è grazie alla bontà e alla semplicità dei suoi obiettivi. Se da oltre venti anni il movimento riesce a ripensarsi e a discutere è perchè una rottura e una distanza netta viene posta tra chi vuole costruire il tav e chi vuole invece fermarli. Le reti di del fortino di Chiomonte sicuramente aiutano a capire da che parte stare, se però a quelle reti non ci fossimo andati non sarebbe stato così facile per tutti capire cosa si combatte e soprattutto dove. E’ possibile fermare il tav come è possibile fermare la casta, basta volerlo e farlo insieme.
lo sapete vero chi sono i Carc? Massa di quasi terroristi filo-stalinisti che ieri in piazza hanno fatto un macello inenarrabile, anche se eranio soltanto poche decine…. tutti incappucciati e con le spranghe…. VIOLENZA TOTALE! e infatti nel comunicato lo rivendicano.. stiamoci lontano, e stiamo lontano dalle persone più pericolose… segnalo il nome di una certa S.etta….
L’hanno pubblicato (e da qui diffuso ovunque) anche qui:
http://www.dazebaonews.it/lettere/item/6085-noi-indignati-loro-indegni-chi-cè-dietro-la-violenza-la-lettera
Per vostra info eccovi le nostre parole sulla manif di ieri.
Grazie per l’attenzione e buona vita.
Nicoletta / Ife Italia
“Siamo scese in piazza il 15 ottobre per la pace, l’eguaglianza, la laicità
, i diritti e la democrazia.
Siamo scese in piazza il 15 ottobre perchè i sistemi di potere che governano
il mondo, fondati su un genere e su una classe, hanno svuotato questi
principi del carattere rivoluzionario che li caratterizza per inglobarli
nel loro orizzonte di senso , per “pacificarli” e quindi per
addomesticarli.
Siamo scese in piazza il 15 ottobre perchè le condizioni materiali, di
lavoro e di vita, di intere generazioni ed in particolare delle donne (l’80%
dei poveri della terra sono poverE) non consentono di costruire un presente
dignitoso e di immaginare un futuro migliore.
Siamo scese in piazza il 15 ottobre perchè crediamo nella dimensione
pubblica, nell’agire collettivo e rifiutiamo qualsiasi forma di
privatizzazione delle nostre esistenze.
Siamo scese in piazza il 15 ottobre perche per noi la solidarietà è
soprattutto “empatia” cioè desiderio e volontà di “mettersi nei panni delle
altre e degli altri”.
Per questo non ci faremo intimidire da chi crede nella violenza e la agisce
stupidamente contro se stessa/o e contro tutte/i.
Nè perderemo tempo dietro a coloro che si metteranno a separare l’erba buona
da quella cattiva.
Abbiamo le idee ben chiare a questo proposito!
Siamo e resteremo nonviolente e proprio per questo continueremo la nostra
lotta nonviolenta contro i sistemi di potere che generano violenza e paura
e producono diseguaglianza.”
IFE ITALIA http://www.ifeitalia.eu [email protected]
Hai perfettamente ragione , ai miei tempi
quando non si avevano informazione certe per dare un giudizio
si usava il seguente criterio : “a chi giova ?”.
E’ un criterio se vogliamo un po’ rozzo ma essenzialmente
efficace, è un po’ quello che i giornalisti usano per le loro
indagini, “segui il denaro”.
A chi giova ? Ovviamente giova a coloro i quali non vogliono
che si tengano le manifestazioni, sono quindi nostri nemici.
A tale proposito a quelli della mia generazione , diciamo più o meno
i cinquantenni di oggi, va subito la memoria agli anni ’70.
i parallelismi sono forti.
A mia memoria , come atteggiamenti, gli unici che possono un po’ somigliare a questi black-bloc sono gli autonomi di una volta, però bisogna rimarcare una differenza notevole, quelli attaccavano le forze dell’ordine e questi attaccano, indisturbati, le manifestazioni.
Vedendo i video fa impressione la loro tranquillità , la calma
che può venire solamente dalla sicurezza della impunibilità, si vede
che sanno di farla franca, non si girano mai preoccupati di essere
arrestati.
Attenzione però a sottovalutare il fascino che certi modi di essere
possono costituire su certe frange di giovani , è indubbio
che l’assenza di uno sbocco politico, che sappia incanalare certe energie e certe “indignazioni”,e anche l’assenza di una strategia politica, possono favorire certi esiti anche in buona fede.
Il movimento è ad un bivio : o si scioglie o si indurisce , facendo
sue e metabolizzandole certe istanze.
Il servizio d’ordine è necessario , ma per averlo bisogna costituirsi
come forza politica organizzata, cosa che questo movimento non
sembra voler accettare.
That is the question.
ciao ciao.
Diliberto: “Gli organizzatori riflettano, serve un servizio d’ordine come quello del PCI”
17 Ottobre 2011 00:20 Italia – Movimenti
0 59Email2
intervista di Mario Ajello | su il Messaggero del 16 ottobre
Roma – Oliviero Diliberto, uomo di legge, comunista, ieri era nel corteo e ha visto tutto.
Fascisti infiltrati, come dice spesso la sinistra quando esplode la violenza?
C’era di tutto, Black bloc, teppisti da stadio, devastatori senza etichette, provocatori, violenti. Un miscuglio esplosivo. Ma s’è trattato di poche persone. Cinquecento incappucciati contro duecentomila ragazzi indignati in maniera sacrosanta e pacifica.
I 200.000 non potevano essere più decisi nel respingere i 500?
I ragazzi hanno cercato di fare quel che potevano. Li ho visti con i miei occhi, mentre provavano a fermare i violenti. Ma se manca una struttura e un’organizzazione preposta a questo compito di vigilanza democratica, è molto difficile reagire. Stiamo parlando di ragazze e ragazzi, spesso giovanissimi, che non hanno nessuna abitudine alla violenza e al contrasto della violenza.
Davvero non potevano fare di più?
Se non c’è riuscita la polizia, non potevano riuscirci quei ragazzi.
Urge il ritorno dei katanga?
Gli organizzatori dovranno ora meditare su come strutturare i cortei. Occorre dotarsi di quello che una volta si chiamava servizio d’ordine. Come quello del PCI. Così si difendono, dai vandali e dai teppisti, i ragazzi che manifestano pacificamente la loro rabbia.
Gli indignati hanno ragione come dice Mario Draghi?
Certo che ce l’hanno. Ma non è Draghi che può dirlo. Lui è uno degli autori di quelle misure che stanno privando i giovani del loro futuro.
Che differenze vede rispetto alle violenze al G8 di Genova, dove ci scappò il morto?
Lì, abbiamo assistito al peggio, anche da parte delle forze dell’ordine. Qui, no. La cosa che davvero mi dispiace, oltre allo spettacolo delle devastazioni, è che adesso, anche in questa intervista, di queste violenze minoritarie si parla e non delle ragioni forti della stragrande maggioranza dei ragazzi in piazza.
Ma insieme ai giovani, lei non ha visto sfilare i soliti veterani d’ogni protesta e i soliti dirigenti di partito, fra cui anche lei?
Guardi, che ci fossero i politici è la cosa più normale del mondo. Visto che questo tipo di proteste sono politiche. E le spinte da cui nascono devono essere sempre di più intercettate, capite e tradotte in un’azione politica, anche nelle istituzioni democratiche.
E gli attempati in corteo?
La sofferenza riguarda tutte le generazioni. Gli stati europei, che si sono impoveriti dando i soldi alle banche, stanno chiedendo sacrifici e tagli a tutti i cittadini. Io ho partecipato alla manifestazione, prima ancora che come dirigente politico, come cittadino e lavoratore dell’istruzione.
Non può negare però che certa sinistra ha un rapporto ambiguo con la violenza.
Di sicuro non la sinistra cui io appartengo. Vengo da un partito, il PCI, di cui faceva parte Guido Rossa, l’operaio comunista ucciso dalle BR per aver scelto di stare dalla parte della democrazia.
E l’altra sinistra?
Io rispondo solo per me. Nel primo dei cortei di ieri, quello gioioso e numeroso, c’erano tante bandiere con la falce e il martello. Nel secondo, il colore dominante era il nero. Guarda caso.
vorrei aggiungerne ai tuoi “mi se deve spiegare” anche uno mio. partendo dal presupposto che queste cose le fanno anche i governi di centrosinistra (genova 2001, io c’ero, lo aveva preparato il governo d’alema), mi si deve spiegare perchè si continua a parlare di unità democratica antiberlusconiana, e soprattutto si continuano ad enfatizzare e dare l’egemonia alla manifestazioni a “movimenti” che non sanno organizzare neanche il traffico davanti al cesso di casa propria, che partono già sicuri a far casino, io lo sapevo da tempo che alcune organizzazione avrebbero fatto forzature, perchè si continua ad accettare che i partiti politici, soprattutto il nostro sia sempre delegato a chiudere i cortei, poi i risultati si vedono. probanilmente il nostro servizio d’ ordine, e finalmente ci siamo scrollati di dosso questo residuo bertinottiano, non avrebbe permesso a quei quattro deficenti di distruggere quella bellissima manifestazione. dal basso dei miei 61 anni mi si era gonfiato il cuore nel vedere tutti quei ragazzini (13-14 anni) tra di noi reggere le nostre bandiere e dietro i nostri striscioni, cantare le nostre canzoni e gridare i nostri slogan magari dopo essersi fatti 9-10 ore di treno o pullmann. però dopo un’esperienza del genere chissà se torneranno ancora.
orgogliosamente comunista, ma incazzato nero
gianni ammendola
segretario circolo prc villaggio breda – roma
caro Gianni,
sono d’accordo con te. Se il nostro spezzone fosse stato davanti (insieme a Fiom e Cobas, per citarne due) sicuramente in testa non sarebbe successo niente. Purtroppo scontiamo una retorica insopportabile che aleggia pesantemente dentro le sedi di movimento contro i partiti e le strutture organizzate. Quello che è successo penso e spero che risveglierà tanti compagni in buona fede.
Quanto al centro-sinistra e all’unità democratica: rimango della mia idea. Non possiamo andare al governo ma non possiamo nemmeno lasciare che vinca di nuovo Berlusconi. Facciamo un patto tecnico, come diciamo da qualche mese e poi, visto che il governo si farà al Senato con il Terzo Polo, opposizione di sinistra al governo di Confindustria!
un abbraccio,
Simone
Leggete qui per capire che era tutto già pronto e preparato… l’idea era quella dell’assalto non alla polizia ma al corteo e segnatamente ai suoi organizzatori, considerati tutti – dai Cobas a Rifondazione – al soldo del progetto moderato del centro-sinistra… Di questo dovremmo discutere, e del rapporto con quei settori del movimento che hanno scelto pur rimanendo opportunisticamente dentro il comitato di mandare in vacca tutto… vero San Precario?
E’ questa una vera grande vergogna…
http://www.senzasoste.it/nazionale/senza-soste-cronaca-e-commento-sulla-giornata-del-15-ottobre
Ho esperienza di cortei e situazioni simili. Le forse dell’ordine sono state dirette volutamente male: una debacle totale. Proprio per questo, arriveranno critiche durissime su chi ha (dis)ordinato la piazza e (s)governato l’ordine pubblico. Di conseguenza, dalla prossima volta ci saranno solo mattanze e dure repressioni.
Temo di non sbagliare. Facciamo tutto il possibile affinché non si ritorni a Genova 2001…
Perciò, all’occhio! Analizziamo bene la giornata odierna e rilanciamo subito le nostre sacrosante ragioni. Ma non dimentichiamo che il movimento deve darsi adeguati servizi d’ordine.
Accogliamo fin da domani l’invito di Paolo Ferrero. Dal suo blog: “Occorre organizzare nei prossimi giorni dibattiti e pubbliche iniziative in tutte le città italiane su come proseguire questo grande movimento”.
Aggiungo solo: “Adelante!”
Lorenzo
lo so che non si dovrebbe andare a scocciare il lupo cattivo nella sua tana e so che in questa lista di lupi cattivi ce ne sono…
ma che ci volete fare? sono una testarda, inguaribile e sconsiderata nonviolenta, quindi dico la mia:
sono “quella” che, subito dopo la prima valorosa azione dei blek blok in via cavour contro 7 spauriti commessi di un negozio di alimentari (colpevoli di essere di lusso) e contro le loro stupide vetrine che si ostinavano a non rompersi, ha preso il microfono e li ha chiamati cretini
se qualcuno si è sentito offeso adesso sa con chi prendersela, basta chiedere, a bologna mi conoscono quasi tutti e su internet trovate il mio numero di telefono ed il mio indirizzo, sono donna, sono piccola, non mi alleno in arti marziali e non giro armata di armi convenzionali
al microfono, che mi è stato subito tolto di mano, ho detto cretini per essere gentile, per non farla lunga e per ridare valore a parole ormai desuete che sono però quelle che spesso rendono meglio la realtà
cretino è chi non sa quello che fa in realtà
molte persone oggi hanno detto apertamente ai blek blok cosa che pensavano di quel che stavano facendo, molte persone li hanno invitati a togliersi caschi e passamontagna perchè da coraggiosi qual si reputano dovrebbero aver meno paura di noi gente semplice ed ingenua a girare a viso scoperto anche perchè, se fermati, hanno tanti avvocati quanto berlusconi pronti a tirarli fuori;
la loro unica e noiosa risposta era: “siete dei fascisti!”
la loro unica e irosa reazione era spintonare le persone che la pensavano diversamente da loro
uno ha persino tentato di aggredire una ragazza che dal corteo filmava il loro passaggio
sarò ignorante, ingenua e pure un tantino vecchietta (molti di loro ai tempi di genova 2001 avevano ancora il ciuccio) ma mi sembra che la definizione più condivisibile di fascista sia “colui il quale non tollera il diverso da sé ed attua modalità intimidatorie e repressive nei suoi confronti per eliminare il dissenso”
quindi chi era oggi il fascista?
chi era oggi che non ci rappresentava oltre ai politici, alla bce ed ai padroni?
NOI SIAMO IL 99% vale anche per loro, non si fanno sconti a nessuno!
e questo semplice fatto il 99% lo ha capito
se a genova il 99% è rimasto schiacciato tra loro e le cariche dei celerini oggi ha reagito ed ha parlato e domani li renderà innocui semplicemente circondandoli e blokandoli senza nessun bisogno di ricorrere alla violenza, senza scontrarsi con loro, semplicemente inghiottendoli o abbracciandoli, usate pure la metafora che preferite
avete presente la metafora dei tanti pesci piccoli che uniti sono molto più grossi del pesce grande? se oggi eravamo anche solo 500.000 e loro 500 come ha detto casarini (e se lo ha detto lui possiamo credergli) eravamo 1 a 500
e che fa 1 circondato, stretto, soffocato, abbracciato, baciato, accarezzato, e anche pizzicato da 500?
li picchia? lancia la sua bomba carta? o si mette a frignare e regredisce allo stadio neonatale quando probabilmente ha subito i traumi che lo hanno portato ad essere quello che è/era oggi?
non datemi subito della pazza esaltata, lo so che per poter fare una cosa del genere bisogna averla prima immaginata e metabolizzata
ma dirlo non è il primo passo perchè questo accada?
lo so che bisogna avere del coraggio, molto e di quello vero
ma chi ha più coraggio dei tanti che ho visto oggi al corteo con i figli nel passeggino?
e, concedetemelo, sfido qualunque blek blok a tirare la sua bomba carta o la sua spranga ad un bimbo nel passeggino
siamo tutti e prima di tutto persone
RoX
Grazie, Rox.
La lega dei Socialisti e’ stata presente alla manifestazione di ieri, con una sua folta delegazione e rivendica pienamente la giustezza della propria scelta .
La utilizzazione degli spazi di protesta democratica di massa in questo paese e’ in mano a 700 incappucciati, mischiati in modo subdolo e preordinato in un corteo di 500.000 persone, che puntano senza riuscirci a trascinare tutti in uno scontro infernale.
Il fatto che l’intero corteo con grandissima prova di maturita’ democratica respinge la provocazione e si astiene rigorosamente da atti di viol……enza e qualsiasii scontro con la polizia non interessa ne’ ai mezzi di comunicazione ne’ tantomeno ai mentori interessati dell’ulivo riverniciato.
Questo e’ un fatto oggettivo che con le disquisizioni sulla presunta poca chiarezza politica del movimento c’entra poco.
SICURAMENTE LA CHIAREZZA POLITICA PURTROPPO E’ UN BENE SCONOSCIUTO A SINISTRA, Ma non solo NELLA SINISTRA CHE VUOLE ESSERE ALTERNATIVA NEI SUOI RIFERIMENTI DI MODELLO.
A sinistra ( si fa’ per dire) le idee chiare le hanno solo coloro, come Letta, Prodi, Weltroni, e quella arrogante di Rosy Bindi, che hanno come riferimento le classi dirigenti e sono attenti alla compatibilta’ delle proposte del nuovo ulivo con le indicazioni che queste esprimono in politica internazionale ed in politica economica
Certo un movimento pacifico di massa sarebbe un fastidioso intruso!
P.S, come mai gli incappucciati , veri Black bloks fatti in casa,parlavano napoletano?
Franco Bartolomei
Cappucci che aiutano il potere
La cosa che fa più impressione è il paragone con le altre manifestazioni. In nessun’altra capitale o città del mondo è avvenuto quanto è accaduto a Roma nel soleggiato pomeriggio del 15 ottobre 2011. Chiediamoci il perché. Ma chiediamoci anche, come sempre, a chi può giovare tutto questo? E’ possibile che si tratti di un moto istintuale, spontaneo, incontrollabile? E’ possibile che, conoscendo i precedenti, un governo possa sottovalutare così tanto la “piazza”? Ma quale piazza poi?
In realtà la manifestazione degli indignati non c’entra niente con questi teppisti che si muovono tra le urla delle persone che li sbeffeggiano e li cacciano dal corteo più e più volte. Il giochetto di trasformare una pacifica protesta, rumorosa, chiassosa, colorata e gioiosa per quanto incazzata, in un saccheggio cittadino non funziona più agli occhi della maggior parte dell’opinone pubblica. Da Genova in poi, ormai la gente riesce a discernere la volontà di manifestare e la volontà di devastare per far deviare il giudizio politico e sociale sui temi che la manifestazione propone.
Bastano poche decine di provocatori, di infiltrati per esagitare ad arte gli animi dei più dediti alla violenza, alla dimostrazione di forza mediante la simbologia della rottura traumatica delle cose e dei simboli del capitalismo.
E purtroppo di giovani incapaci di distinguere la lotta dall’aggressione, la forza dalla brutalità, il diritto di manifestare dalla contestazione armata. Sì, armata. Perché quando prendi un sanpietrino e lo scagli contro polizia e carabinieri sai benissimo la reazione qual’è. E se non la conosci, allora vuol dire che non dovresti nemmeno scendere in piazza, nemmeno andare a tifare allo stadio, perché ti è impossibile capire la sottile linea divisioria tra protesta radicale, intransigente e forte e la cieca e indistinta voglia di rompere un cranio, di sradicare un segnale stradale e scaraventarlo contro una vetrina o bruciare delle auto che sono di persone magari uguali a te e che tutto si aspettano da un manifestante antiliberista tranne che quello.
Chi si è fatto trascinare in questa spirale di violenza o è un idiota o è in malafede. E sinceramente mi auguro che ci siano tanti idioti in giro, perché l’idiozia si può curare, ma la malafede è difficile da sradicare dall’animo umano.
Intorno a vicende come quella di piazza San Giovanni circolano già e circoleranno ricostruzioni faziose, tese a dimostrare che la sinistra è violenta, che i comunisti sono sempre i soliti sovversivi pericolosi che, insomma, tutta questa smania di distruggere ce l’abbiamo nel sangue, nel cuore, nella mente.
E’ così solo per chi, come il TG1, riesce a fare un’informazione distorta e palesemente inquinata dalla dottrina di governo: non è così invece per la coraggiosa Rai News di Corradino Mineo che, ancora prima di finire la diretta da Roma, deve già controbattere al PDL sulla distinzione tra “teppisti” e “manifestanti”.
Indubbiamente c’è chi vorrebbe che i due termini fossero sinonimi, che almeno si assomigliassero un poco. Ed invece non è così e le decine di migliaia di indignati scesi a Roma sono pronti a testimoniarlo e a descriverlo con video, foto e racconti a viva voce.
Il governo può dirsi felice di aver prima incassato la fiducia con 316 voti e oggi di aver avuto nuovamente l’occasione per esprimersi con veemenza contro i manifestanti antiliberisti, contro le sinistre, contro i comunisti.
Persino l’UGL, il sindacato di destra, sezione della Polizia, afferma che esistono gravi responsabilità da parte del ministro degli Interni per quanto è avvenuto e stigmatizzano il fatto che i poliziotti non possono più correre pericoli del genere, come quelli dei carabinieri nella camionetta incendiata, per ripristinare l’ordine pubblico.
Segno che o qualcuno non sa fare il suo mestiere oppure c’è qualche sabotatore, qualche trama nascosta che non è dato conoscere e che toglie trasparenza dove occorerebbe e linearità di conduzione della gestione della piazza.
Un’altra giornata del mistero da aggiungere alle puntate di “Blu notte” di Carlo Lucarelli. Ne sapremo certamente di più nei prossimi giorni. Intanto la lezione è che non è possibile fornire alcun alibi al potere per esercitare la sua violenza contro una manifestazione pacifica e regolarmente autorizzata. Il potere non si rivolge mai contro sé stesso, ma cerca il modo per esprimersi attraverso atti uguali e contrari ai propri.
Per questo alle manifestazioni, d’ora in poi, bisognerebbe allontanare chiunque non viene a volto scoperto, chiunque si mette un casco. Il pericolo di prendersi delle botte c’è sempre quando si tenta di forzare una situazione. Ma se tutto questo avviene con forme di resistenza passiva alla violenza, allora la violenza del potere si tradisce e si mostra apertamente come abuso contro i cittadini, contro chi manifesta. Ed è più semplice individuarla, denunciarla.
Non facciamo paragoni col G8, ve ne prego. La situazione a Genova degenerò talmente tanto (sempre a causa di infiltrati, il c.d. “black bloc”) che anche io avrei indossato un casco per evitare di farmi rompere la testa da un tonfa.
Ma alla manifestazione di ieri davvero erano utili quei giovani incappucciati e vestiti di nero? E questi sarebbero anarchici? Che nostalgia per gente come Pietro Gori, come Franco Serantini, come Pino Pinelli e Pietro Valpreda. Gente che ha pagato con la vita e la galera la propria opposizione al potere statale e che non andava a volto coperto, ma con ben visibili i tratti del volto in ogni manifestazione o comizio di piazza.
Li chiamano “anarchici insurrezionalisti”. Ormai va di moda questa classificazione: ci sta dentro tutto e il contrario di tutto. Violenza su violenza e si innesta un circuito perverso. Al pronto soccorso del San Camillo arrivano le ambulanze con i giovani feriti negli scontri. Nessuno sa come si siano feriti, in quale circostanza precisa. Ma le forze dell’ordine tallonano le ambulanze e le seguono. Poi i poliziotti, come riferisce “Repubblica.it”, entrano persino nelle stanze mediche, creano scompiglio e pretendono di identificarli. I medici si oppongono senza un atto scritto di fermo, senza un ordine della magistratura. Ma i poliziotti sono irremovibili e, a quanto si apprende dalle cronache, minacciano anche i medici: “O ce li fate identificare, o denunciamo anche voi!”.
Quando si perde il senso del diritto, dello Stato di diritto, si finisce in un brutto gorgo da cui è difficile uscire. La prova muscolare del centinaio di teppisti di piazza San Giovanni è quanto di peggio e di contrario si potesse creare per vanificare le ragioni della manifestazione, per ostacolare la lotta contro il capitalismo.
Se quei ragazzi (o anche meno giovani) pensavano di fare le ragioni della manifestazione si sono completamente sbagliati. Hanno aiutato il potere nella sua naturale opera di repressione che gli riesce così bene, ma così bene che non vorrebbe finirla mai.
MARCO SFERINI
16 ottobre 2011
http://www.lasinistraquotidiana.it
INDIGNATI: DE MAGISTRIS, POCHI VIOLENTI HANNO DETURPATO MANIFESTAZIONE
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Napoli, 16 ott. – (Adnkronos) – «Poche centinaia di violenti hanno deturpato la città e, soprattutto, la manifestazione». Così il sindaco di Napoli Luigi de Magistris commenta quanto accaduto ieri a Roma in occasione della manifestazione contro la crisi, alla quale ha partecipato. «Fin quando sono rimasto io – aggiunge – era una piazza straordinaria, il 95% erano donne, giovani, un grande contenuto politico e voglia di partecipare alla rinascita di questo Paese». Poi, aggiunge, «sono diventate portagoniste persone che hanno bisogno di coprirsi il volto e che evidentemente non hanno la forza delle idee e la passione del cuore. Noi che invece le abbiamo continueremo a manifestare tutti insieme, impegnandoci a isolarli per non farli diventare protagonisti di quello che abbiamo visto ieri». Una «condanna della violenza», quella di de Magistris, che conclude: «Le polemiche politiche non servono a niente, Berlusconi se ne deve andare a prescindere perchè fa male al Paese».?
dico io….come hanno fatto questi “idioti” a fare questo disastro !!!! non venitemi a dire che non lo si poteva prevenire…… al giro della padania c’erano piu’ poliziotti , carabinieri e agenti della digos in borghese che manifestanti……
La manifestazione di Roma, per ampiezza di partecipazione, rappresentatività sociale, ricchezza di contenuti, avrebbe sicuramente espresso, tra le manifestazioni che si sono svolte nel mondo, la più grande potenza partecipativa della democrazia, l’unica forza in grado di contrastare la dittatura dei “liberi mercati”.
Aggredendo, assaltando, appiccando il fuoco, quelli che hanno organizzato la guerriglia urbana, di certo meno dell’uno per cento di coloro che sono scesi in piazza, hanno prodotto in una giornata simbolicamente decisiva lo stesso effetto che normalmente producono i “liberi mercati”: l’esproprio della democrazia e dei diritti democratici, l’impossibilità per centinaia di migliaia di persone di far valere la loro volontà e i loro diritti.
Una scelta reazionaria, cui ha concorso la gestione “inadeguata” (diciamo così) dell’ordine pubblico, sul campo e in fase preventiva. Ho parlato con dei giovani carabinieri che con i loro blindati avevano chiuso via Cavour in un imbuto. C’era smarrimento, e a qualcuno non avevano detto neanche da che parte veniva il corteo: hanno governato il centro di Roma, via Cavour, via Labicana, Piazza S. Giovanni allo stesso modo con cui governano il Paese.
L’enorme potenziale democratico di cui l’Italia dispone, che a Roma il 15 ottobre è stato sequestrato, deve potersi liberamente esprimere per portare l’Italia fuori dalla crisi ed evitare derive reazionarie e di destra. E’ una responsabilità che ricade sulla spalle di tutti: partiti, sindacati, movimenti. E dare rappresentanza politica, democratica e di sinistra, a una piazza articolata e plurale come quella di Roma è un compito quanto mai urgente e necessario.
Paolo Ciofi
riflessioni di un compagno del bpc sul 15 ottobre
L’Italia nel mediterraneo
Diego Negri*
La giornata del 15, la sua preparazione, le sue mille differenziazioni, con i diversi uffici stampa, percorsi, iniziative, con il numero delle bandiere, con le riunioni interminabili, con le scalette per gli interventi, si è risolta immediatamente dentro la battaglia di piazza San Giovanni, dove in modo anonimo, una parte di quella generazione precaria ha manifestato in modo diretto la sua indignazione al presente, rompendo ogni schema.
Stanno già vomitandoci addosso, analisi sociologiche, gare alla dissociazione o critiche a se si fosse fatto in questo modo o nell’altro…
E’ divertente leggere la quantità di termini con cui sono stati appellati i ragazzi di piazza san giovanni: teppisti, criminali, black bloc, terroristi, ecc… ma la lista potrebbe essere molto più lunga, come sempre si parla di tutto per non parlare di nulla.
Sta succedendo una cosa semplicissima, esiste ormai da diverso tempo una porzione sociale in questo paese che è di fatto esclusa da ogni meccanismo, sociale, politico, partecipativo. Si parla molto di precarietà, ma chi deve cambiare un lavoro ogni settimana, chi effettivamente non riesce ad arrivare alla fine del mese, chi è costretto a dover vivere sul sistema di credito delle precedenti generazioni, chi vive ogni giorno sulla propria pelle l’autorità del controllo poliziesco, oggi ha come unico mezzo, la rottura degli schemi, perché non ha collocazione. Dove dibattiti su violenza-non violenza, sinistra-destra (in un sistema bipolare dove gli interessi sono i medesimi), appaiono come vecchi arnesi da museo della storia.
Non è l’affermazione di una programma, ma è semplicemente reazione ad una situazione data.
Dove non vi è programma e neppure organizzazione, ma è semplicemente movimento dinamico, non fatto di assemblee, di determinati codici linguistici, di ripartizioni al Cencelli come micro parlamentini, è movimento con la m minuscola. E’ una fiammata, ma è sicuramente un calore che l’Italia non provava da diverso tempo. Un altro elemento importante è stata la rottura del piano della rappresentazione. Nessuna area o organizzazione potrebbe o avrebbe potuto sovra determinare questi eventi, può solo assecondare o combattere, ma non determinare.
Se è suggestivo lo slogan siamo il 99%, bisogna considerare che dentro questo 99% presenta settori che hanno tempi e modi diversi di esprimere la loro condizione e reazione al presente.
Se esiste un problema di prospettive, di fronte ad una crisi che mette in discussione le certezze degli ultimi 30 di plastica, questa non deve diventare un alibi per non scorgere le dinamiche che oggi attraversano la società. La generalizzazione della precarietà oggi investe quote sempre più consistenti di quel 99%, che chiede lavoro, casa, reddito, saperi, e anche se in forma indiretta un diverso futuro. Esiste un reale problema di partecipazione e protagonismo diretto, non mediato e non rinchiuso in meccanismi ormai incapaci di dare risposte nel qui e ora a queste nuove generazioni. Cosa che non può ridursi a discutere per le prossime manifestazioni di robusti servizi d’ordine (di fatto pensati contro i manifestanti) o a negare le scadenze nazionali, occorre avere la pazienza, la fantasia di saper dare voce a chi oggi vive e subisce la generalizzazione della precarietà. La velocità con cui si è messo in moto il mondo, provocato da una
accelerazione causata dalla crisi, mette in discussione molto, dal piano generale a quello particolare, chi avrà la capacità di capire questo, potrà sperimentare forme, pratiche, organizzazioni di “valore d’uso” per tutti.
Poco tempo fa nelle piazze indignate spagnole e greche si leggeva un cartello che recitava: facciamo piano altrimenti svegliamo gli italiani. Oggi si può dire che la Grecia, la Spagna e il sud del Mediterraneo sono un pò più vicini all’Italia.
*BolognaPrendeCasa
ma bastaaa!! chi siete? la volete capire che dopo ieri avete finito di campare a tradimento sulle spalle delle organizzazioni serie?? senza di loro non avreste nemmeno la forza di organizzare un’assemblea di condominio! fate ridere…. tornatevene tutti a casa, nel vostro piccolo centro sociale del cavolo e riempitevi di canne!!! non ne possiamo più!
Mariella, Bologna, insegnante precaria
I manifestanti cacciano dal corteo un provocatore, guerrafondaio e corresponsabile dell’imposizione del bipolarismo autoritario nel nostro paese
http://tv.repubblica.it/dossier/indignados-italiani-indignati/pannella-cacciato-dal-corteo-venduto/78369?video
Il 15 ottobre è già ieri. E domani?
In evidenza
di Marco Santopadre
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E’ possibile tracciare un bilancio della manifestazione di ieri di Roma? Ci proviamo. La cronaca della manifestazione vista dai nostri corrispondenti in piazza
. Come era prevedibile il corteo parte alle 13,30, con mezzora di anticipo rispetto all’orario ufficiale di convocazione. Piazza della Repubblica è già piena e anche le strade attorno si riempiono di manifestanti prima del previsto. I romani si aggiungono come di consueto un po’ più tardi ma da tutto il paese sono già arrivati a Roma più di 800 pullman. Lo striscione di apertura si muove verso via Cavour, recita ‘Peoples of Europe rise up!’ e poi ‘solleviamoci’ in varie lingue ma non in italiano. Subito dopo un vago ‘Cambiamo l’Europa per cambiare l’Italia’ e gli spezzoni che il “coordinamento 15” ottobre ha deciso di sistemare in testa. Sotto un sole caldo e in un’atmosfera festosa sfilano i No Tav della Val di Susa, i No Ponte, centinaia di aquilani con le bandiere italiane e quelle della città. ‘L’acqua non si vende, l’acqua si difende’ gridano un migliaio di attivisti dei vari comitati per l’acqua pubblica, mentre un po’ più dietro un gruppo di giovani preferisce ‘Non ci rappresenta nessuno’. Ancora un po’ più in là altri ancora se la prendono coi partiti e coi sindacati confederali. Non mancano slogan più in linea con la giornata internazionale di ieri come ‘noi la crisi non la paghiamo’ e le parole d’ordine contro il pagamento del debito. La testa corre, sembra aver fretta e presto arriva al Colosseo, gli spezzoni più indietro faticano a stargli dietro, mentre Piazza della Repubblica rimane intasata di gente che fino a tre ore dopo l’orario di partenza non riesce a muoversi e a cominciare a sfilare. Poi all’improvviso il primo episodio che rompe il clima ameno e festoso: un gruppo di incappucciati assalta il supermercato ‘Elite’ in Via Cavour: segnali stradali usati come arieti per togliere di mezzo le serrande, qualche calcio e l’ingresso è libero, gli incappucciati entrano e poi si rientrano dentro il fitto serpentone che continua a sfilare più o meno regolarmente. Ma si capisce già che la giornata sarà più lunga del previsto e che molti manifestanti, anche giovani, non gradiscono gli atti di sanzionamento e di sabotaggio che per tutto il percorso colpiscono banche, agenzie interinali, automobili e mezzi della Polizia e dei Carabinieri. Mentre via Cavour è un fiume di gente fitto fitto, in fondo si alza una colonna di fumo nero. Poco dopo le fiamme si levano da alcune auto date alle fiamme a pochi metro da Largo Corrado Ricci dove si accalcano fotografi e cameramen. E’ proprio in questo punto che si capisce che la presenza degli incappucciati è massiccia e organizzata. Sfilano decine e decine di cordoni di ragazzi e di ragazze vestiti di nero con la faccia coperta e gli zaini pieni di ‘attrezzi del mestiere’. Qualcuno gli si avventa contro, li accusa di rovinare la manifestazione. A chi li contesta rispondono ‘andatevene a casa’ o ‘borghesi’. La tensione è alta e qualche macchina fotografica finisce in pezzi. Poi il clima ritorna più o meno sereno, quando a centinaia fanno irruzione del Museo del Foro Romano per “riappropriarsi di una cultura e di un patrimonio messo in vendita”. Ma poi arriva l’eco di esplosioni forti, a via Labicana le fiamme si levano da una sede del Ministero della Difesa e da alcune automobili. Dal camion della Confederazione Cobas si accusano i ‘black block’ di essere dei fascisti, dei violenti senza senso, li si invita a scoprirsi la faccia e di andarsene. Ma la guerriglia non si ferma, anzi. A via Merulana i primi fronteggiamenti con la polizia e i carabinieri che fino a quel momento non si erano granché visti, troppo impegnati a blindare tutto il centro della capitale che la Questura, con l’accondiscendenza delle organizzazioni promotrici legate al centrosinistra, ha deciso di proibire ai manifestanti. All’angolo con viale Manzoni i primi scontri, con le volanti e i furgoni della Polizia che si lanciano a tutta velocità contro le barricate che gli incappucciati hanno approntato con fioriere e cassonetti. I lacrimogeni inondano tutte le strade attorno a Piazza San Giovanni che si è già riempita e dove sono cominciati i primi interventi. Improvvisamente la situazione degenera e gli scontri violentissimi si spargono in tutto il quartiere fino a quando alcune migliaia di incappucciati ingaggiano la battaglia finale con la Polizia a due passi dalla Basilica. Una battaglia che dura per ore, mentre il resto dei manifestanti cercano di allontanarsi bloccati da cordoni di polizia e carabinieri che incredibilmente sigillano la piazza impedendo il deflusso di chi cerca di sfuggire agli scontri. E mentre gruppi di giovani prendono di mira le camionette dei Carabinieri – su una, data alle fiamme, qualcuno scrive ‘Carlo Vive’ – alcuni chilometri più indietro le forze politiche, sociali e sindacali reduci dall’assemblea nazionale contro il pagamento del debito del 1° ottobre decidono di deviare dal percorso ufficiale. Per evitare di portare decine di migliaia di manifestanti in mezzo al cul de sac di San Giovanni, ma anche per segnare una distanza politica da come sono andate le cose prima e durante questa grande manifestazione.
I camion e gli spezzoni di Roma Bene Comune, dell’USB, della Rete 28 aprile, di parecchi centri sociali della capitale e di altre città, di Sinistra Critica, della Rete dei Comunisti e di altre forze della sinistra imboccano viale Aventino e poi, a Piramide, il corteo si scioglie. Da San Giovanni tramite le radio di movimento, arrivano notizie gravissime: decine di feriti nelle cariche e nei caroselli dei blindati lanciati a tutta velocità contro i manifestanti, blindati in fiamme, cariche contro un gruppo di ‘pacifisti’ che cercano di frapporsi con le mani alzate tra i celerini e gli incappucciati (!). Si comincia a parlare dei primi arrestati, poi gli incappucciati si ritirano ordinatamente verso Piazza Vittorio: qui altri scontri con la Polizia che blinda l’accesso a Casa Pound per timore che la sede neofascista venga assaltata. Il corteo dei centri sociali passa a Termini, poi a Castro Pretorio e poi ancora nelle strade di San Lorenzo già affollata per la movida del sabato sera.
A decine di migliaia i manifestanti raggiungono i pullman che li riporteranno a casa. Molti hanno l’amaro in bocca per ‘la manifestazione rovinata dai violenti’. In un bar a due passi da Circo Massimo affollato di manifestanti una tv manda in onda il TG3. Il TG targato PD segue il solito copione: da una parte i teppisti, i violenti, dall’altra i pacifici e buoni manifestanti che hanno addirittura applaudito le forze dell’ordine. Nessun accenno alle cariche indiscriminate contro i manifestanti, a quelli presi sotto i blindati lanciati contro la folla, agli arresti arbitrari. Gli avventori del bar seguono in silenzio, ma quando compaiono le immagini degli scontri di San Giovanni e della camionetta dei Carabinieri assaltata e data alle fiamme qualcuno sembra apprezzare, mentre la disapprovazione emerge quando il TG3 racconta la solidarietà di Mario Draghi agli indignati. Fuori a centinaia discutono, i capannelli sono animati: il commento più comune è che all’indomani i giornali e le tv controllate da Berlusconi getteranno fango sui manifestanti definendoli violenti, incapaci di manifestare pacificamente. Ma qualcuno non è d’accordo: gli scontri hanno rotto le uova nel paniere soprattutto a quelle forze politiche del centrosinistra che hanno vissuto il corteo come una spallata a Berlusconi in vista dell’insediamento di un governo di centrosinistra. La discussione continua per tutta la serata fino a tarda notte tra le strade e i locali della movida di San Lorenzo e oscillerà sempre tra questa ambivalente valutazione.
Quattro-cinquecentomila manifestanti, 90 feriti e una decina di arrestati: il 15 ottobre è già ieri. Ma da domani il problema di come canalizzare la rabbia diffusa in forme politiche di conflitto e di organizzazione sarà al centro della riflessione di quelle realtà politiche e sindacali che non si accontenta delle sfilate ma neanche della ritualità del ‘fuoco purificatore’.
Ma l’avete letto questo sfigato di Santopadre della Rete dei Comunisti? Racconta una verità tutta sua e soprattutto quando parla della deviazione del corteo parla di Sinistra Critica, della Rete dei comunisti e di altre forze della sinistra…. si riferiva a Rifondazione Comunista e al Pdci…… capito? che hanno portato 150 pullman da tutta Italia! Ma si rendono conto di quanto sono ridicoli…?? Ma chi li segue??? Andatevene a casa!!!
ma lasciali perdere questi vecchi sconfitti dalla storia!! non ti fanno anche un po’ pena?? Cararo, Vasapollo, Casadio, Santopadre: ma basta!!! non parliamone più, gli facciamo solo pubblciità,, vivono grazie a noi che ne parliamo!
Gli incappuciati sono degli infiltrati della polizia
Fosse così semplice… Purtroppo non è (solo) così. E’ (principalmente) un problema nostro, della sinistra, del movimento. Per questo va fatta chiarezza e i problemi vanno affrontati fino in fondo, senza titubanze!
Roma, domenica 16 ottobre 2011
COMUNICATO STAMPA
INDIGNATI – FERRERO (PRC – FEDERAZIONE DELLA SINISTRA): SI PARLI DEI MOTIVI PER CUI 500.000 PERSONE HANNO SFILATO A ROMA!
Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista ha dichiarato:
“Il più grande favore che si può fare a chi ha compiuto atti di vandalismo ieri a Roma è di parlare solo di loro e non delle ragioni del mezzo milione di persone che ha pacificamente partecipato alla manifestazione.
La manifestazione di ieri ha posto un problema politico e non può essere trasformata in una questione di ordine pubblico.
Il problema posto è che le politiche messe in campo per affrontare la crisi la stanno aggravando, stanno favorendo la speculazione finanziaria e stanno peggiorando brutalmente le condizioni di vita della popolazione.
Di questo si deve discutere e su questi temi organizzeremo assemblee in tutte le città invitando tutti gli indignati, perché chi è andato a Roma ha diritto a prendere la parola, quella parola che gli è stata tolta”.
—
Ufficio stampa Prc-SE
____________________
certoooo, ma non puoi fare finta di niente! troppo facile così! meglio prendere di petto, finalmente, la violenza degli scontri e degli imbecilli e farci i conti, come mi sembra faccia egregiamente nel suo articolo Oggionni….
la linea di Liberazione invece purtroppo è un’altra, come sempre!!!
C’ero anche io. Sono un manovale con famiglia e ieri volevo portare a
casa il cranio sano: avevo il casco. Come tanti altri, persino coppiette
nei cortei di “Uniti per l’alternativa”, gruppo tutt’altro che eversivo.
Ce li avevano i “beni comuni”, persino alcuni vecchietti.
Io ho visto 4 persone vestite di nero, a volto scoperto, dare fuoco a
due macchine in via Cavour: la digos li ha portati via con gentilezza
per poi rimetterli in via Labicana.
Ma la storiella dei black bloc in piazza san giovanni tenetevela per
voi. Io c’ero là e c’erano almeno 5-6000 persone in quella piazza.
L’apparato sbirresco era imponentissimo e solo un cretino può davvero
pensare che un centinaia di persone possano tenere sotto controllo
almeno 1000 agenti con i blindati per più di due ore. Non tutti erano
direttamente coinvolti in atti di violenza, ma tutti eravamo ancora lì e
da lì non ce ne siamo andati fintanto che gli sbirri non hanno
cominciato ad attaccare dalle vie laterali, dando via ad una caccia
all’uomo con l’obiettivo di fare male ai più innocui che volevano
andarsene. Non solo il 90% delle persone in piazza non era a volto
coperto, ma probabilmente la maggiorparte nemmeno si aspettava le
cariche della polizia. C’erano signori e signore, 50 enni in jeans e
camicia, ragazzi di ogni età, notav. Un signore romano di mezza età si è
messo a gridare come un pazzo di andare tutti a denunciare la polizia in
procura. Forse era un black bloc.
Hanno attaccato tutto e tutti. L’unico copione che ho visto è stata la
determinazione ferrea dello stato di non permettere alcuna
auto-organizzazione del movimento: il delitto che quei terribili ragazzi
e precari hanno commesso è stato quello di annunciare di voler
proseguire a girare per Roma oltre il percorso stabilito. La carica è
stata feroce e immediata.
Io non ho la presunzione di aver capito tutto di una giornata così
infernale: questo mi distingue dai fenomeni che si permettono di
sentenziare dall’altra parte, senza aver vissuto un bel niente. Sono il
primo ad essere disorientato: ma San Giovanni ieri non è stata cose di
gruppetto di black bloc.
Circa 40 anni ho partecipato ad eventi con dinamiche molto simili. In migliaia e migliaia di giovani (tra i 20 ed i 30 anni, in prevalenza ) sfilavamo per le vie di Roma in cortei che sempre più ci tenevamo a definire “ Manifestazione pacifica e di massa ”, dato che questo non era affatto scontato, perché le componenti più estremiste (Potere Operaio, per eccellenza) tendeva a trasformarli in scontri non diversi da quelli visti sabato.
Le stesse componenti estremiste erano da noi fortemente criticate e disprezzate ( ricordo i sentimenti di avversione nei loro confronti ) ; fra l’altro, ci mettevano a rischio di incolumità e di possibili provvedimenti repressivi oltre a danneggiarci come immagine politica. Quando poi quest’area si caratterizzò come “Autonomia Operaia “ e poi, anche se non tutti per fortuna, come terrorismo armato, la maggior parte di noi li considerò nemici funzionali alla reazione.
Devo però dire che, anche se eravamo animati da profondo impegno ad eliminare ogni ingiustizia ed emarginazione, le nostre parole d’ordine erano sempre “anti” , un po’ contro tutto e contro tutti; pertanto non era poi così inevitabile la contiguità con elementi avventuristi, che poi, per loro esasperazioni, fragilità e disperazioni personali, scivolarono in violenze disumane ( una per tutte, il “delitto Moro”), che hanno finito per ritardare l’evoluzione del nostro paese in direzione di una democrazia più partecipata ed autenticamente pluralista.
Un cordiale saluto
Luigi De Salvia
PIAGNISTEI E CANNONI SUL 15 OTTOBRE
Oggi i piagnistei si sprecano. Ben sostenuti dalla stampa di regime che, da destra a sinistra, adesso si sbrodola sulle immagini degli scontri di ieri. Tutti ne prendono le distanze: indignados, incazzados, peones e salmones di questa sinistra pacifinta e non-violenta che ieri si è trovata per le mani l’ascia da menare e, tragicamente, si è ritrovata incapace di menarla.
E siccome 3000 ragazzini incappucciati rischiano di rovinarti la più bella manifestazione elettorale degli ultimi 50 anni allora adesso diamogli giù con gli insulti: black block, fascisti, provocatori.
La domanda fondamentale è: ma ieri che cosa volevamo?
Volevano arrivare davvero fino a Piazza San Giovanni, fare i soliti discorsetti di rito e poi piantare le tende? Se è questo che volevamo compagne e compagni abbiamo qualche problema di comunicazione e forse anche di schizofrenia.
Perchè da un po’ di tempo a questa parte io leggo su Facebook continui proclami bellicosi, gridi di rivolta, di rivoluzione. “Riot! Riot!” si grida. Si inneggia a piazza Tahrir e ad Atene, si postano molotov, pietre e bastoni con un facilità impressionante. E ieri, che qualcuno quelle molotov, quelle pietre e quei bastoni li ha utilizzati davvero adesso li bolliamo come fascisti, gli gridiamo “scemi, scemi” o “fuori, fuori” mentre attaccano dal corteo la Polizia, oppure (cosa veramente vergognosa) li disarmiamo o arriviamo a pestarli all’interno del corteo (cosa vista con i miei occhi?). Eh no, compagn*, qui bisogna fare pace col cervello.
Ma pensate davvero che questo sistema cadrà con qualche tenda in piazza San Giovanni? Ieri non dovevamo dare l’assalto ai palazzi del potere? Non si era detto che avremmo “dormito al Parlamento”? E quando qualcuno prova a forzare i varchi per arrivarci a ‘sto cazzo di Parlamento gli diamo del fascista?
Viviamo nella mitizzazione delle esperienze altrui: Piazza Tahrir, Puerta del Sol ecc. Come se lì fosse filato tutto liscio, come se in quelle piazza fossero state Woodstock. Ma che ve li siete già dimenticato gli scontri che hanno portato all’occupazione di quelle piazze, delle violenze, della battaglie con la polizia egiziana e spagnola per tenerle quelle piazze? Fatevi un giro in Internet e le trovete queste notizie. E allora cosa vogliamo? Cosa volevamo ieri?
Mi immagino già le critiche di una certa sinistra pacifinta che dice: “A causa delle violenze di ieri nessuno ha parlato dei contenuti della manifestazione”. E bravi merli che abboccate ancora a una volta a quello che dice il padrone. Ma la cosa è tanto falsa che si smonta con due esempi:
1) 14 dicembre, scontri a volontà. Il giorno dopo, la stampa si è dovuta domandare perchè una massa imponente di gente incazzata aveva preso la strada dei palazzi del potere. E sono giunti alla conclusione che forse forse ci siamo rotti i coglioni (è tutto documentato, basta guardare su Google).
2) 12 Ottobre, i Draghi Ribelli manifestano davanti alla Banca d’Italia. Tutto fila liscio. Le televisioni si concentrano sul drago di cartapesta e sulle tende messe sulle scale del palazzo delle esposizioni. Sui perchè fossero lì, nemmeno una parola.
Perchè la realtà cari compagni è esattamente questa e la diceva Bertolt Brecht più di 60 anni fa, riprendendo una idea ancor più vecchia, quella della Comune di Parigi “Dato che il cannone lo intendete e ad ogni altra lingua siete sordi, ora contro voi quei cannoni noi si volterà”.
Quindi, basta piagnistei.
Mi associo a questo preciso e conciso articolo, era quello che ieri, mentre ero a pochi metri da piazza San Giovanni dopo avere già visto lungo il tragitto ed avere parlato con una delle proprietarie di un’auto incendiata in via Cavour,e dopo avere visto tutto il caos d’incendi per via Labicana ed i caroselli della polizia ed l’inerzia della polizia già all’inizio del corteo.Precisamente vicino a Stazione Termini con un gruppo di questi personaggi,con caschi e pezzi di legni tondi a mo di manganelli e zaini pieni di materiale vari , passamontagna al collo ed a centro metri camionette della polizia,la quale manco si è mossa, almeno quella in borghese per non fare degenerare il caos in mezzo al corteo pacifico con genitori e bambini. Ripeto dopo avere visto tutto ciò, film già vissuto a Genova chiediamo pure le dimissioni del Ministro degli interni,ma io le chiederei sopratutto anche perchè da Genova in poi non si è mai saputo chi sono quelli arrestati i loro nomi e da dove provengano. Questo silenzio può dare alito a chi pensa ed io sono uno di quelli che parte di questi Blak Blok ci possono essere elementi anche delle forze dell’ordine. Detto ciò una riflessione tutta interna nostra per come si organizza manifestazioni di questo genere da parte dei dirigenti di tutte le associazioni e partiti,perchè ci voleva poco a capire che poteva succedere tutto ciò,10 anni da Genova, il giorno dopo ad un voto di fiducia striminzito al governo,era chiaro e certo che quello che è successo serviva bene a fare distogliere l’attenzione di chi era a casa ed alle forze di governo per annientare la Massa di cittadini pacifici che dimostravano ed avere ampliato invece i gravi fatti successi Sabato a Roma. Rflettiamo !!!!!!!
Sono totalmente d’accordo con te, dalla prima all’ultima parola!
un abbraccio, Simone
Ciao simone, io ero a san giovanni per lavoro… E se scrivi queste cose non hai idea di quello che e’ successo.
Le forze dell’ordine meritano tutto il rispetto possibile e vanno rispettato inquanto istituzione e non attaccate con cartelli stradali o mazze o sassi….
Prima GENOVA, e ora pure ROMA
Chiedo scusa se magari esagero, ma è la seconda volta che succede, e oggi non riesco a tenermi in gola una critica-autocritica che mi resta dal 2001.
Per me la violenza è possibile solo come legittima difesa; di conseguenza è esclusa ogni violenza premeditata. Io non c’ ero né a Genova né qui a Roma ma nei filmati di ieri mi pare di vedere da parte dei tantissimi una risposta doverosa, civile e non violenta all’aggressività di un potere finanziario inafferrabile, ed una provocazione violenta, premeditata ed organizzata, di un grosso gruppo che si distingueva per una specie di divisa (casco, giubbotto e zainetto scuri, direi).
Infiltrati tipo black-block, si direbbe, che i manifestanti “veri” si dice abbiano cercato di isolare ed espellere più volte dal corteo, ma che sono ben riusciti alla fine nel loro intento di sabotare la manifestazione, facendoci andare casomai di mezzo i non violenti e soprattutto sfuggendo all’ arresto ed alla identificazione (unico modo per smascherarli e così riaffermare la natura universale, civile e non violenta del nostro dissenso).
A Genova andò ancor peggio perché la sfida dei poteri era più grande (il G8 era proprio lì, in carne e ossa), la durata di più giorni, il teatro degli eventi più stretto e difficile, le persone molte di più e da tutto il mondo.
L’ ingenuità dei manifestanti pare però sempre la stessa, e sembra non si impari dagli errori: a Genova l’ errore fu a mio avviso la scelta della contrapposizione ancor più dura, frontale, “alla conquista della zona rossa”, insistendo ancora dopo il primo giorno. Allora mi parve una decisione proprio stupida (una roba tipo “facciamoci massacrare”; bisognava stare sulle alture a battere martelli su pentole e coperchi, o qualcosa del genere). Ieri non c’ erano assalti a zone rosse, e infatti è andata molto meglio che a Genova; ma la posta era abbastanza alta da aspettarsi delle provocazioni grosse, in questa Italia del cacchio di adesso, con la paura di perdere tutto che hanno quelli del mal-governo e di tutta la cricca.
Sia a Genova che a Roma invece l’errore “nostro” è stato di lasciar scappare i provocatori invece di acchiapparli e tenerli stretti. Certo la polizia non lo ha fatto a Genova, e non lo ha fatto nemmeno ieri, con ciò dandoci la forte impressione che proprio non lo volesse fare, con il probabile motivo che sapeva già, che era d’ accordo, o addirittura che questi “provocatori infiltrati” fossero anche loro poliziotti, “colleghi” in “borghese”.
Io spero che questi fossero proprio degli infiltrati e non degli utili idioti, dei “giovani focosi” o dei “compagni che sbagliano”. In tal caso dovremmo comunque individuarli e convincerli a non far così, pena altri autogoal.
Sia chiaro: se una situazione sfugge di mano “grazie” a infiltrati o a cretini, poi la polizia “reagisce”, carica, mena, fa caroselli etc, e i dimostranti pacifici non possono far altro che legittimamente difendersi, in modo assolutamente giusto e lecito, a mio avviso
Ma la prossima volta, in occasioni di questa portata, che vedranno ripetersi ancora certamente lo stesso giochino, bisogna che gli organizzatori del servizio d’ ordine si mettano prima d’ accordo con la forza “pubblica” per bloccare e trattenere in proprio i gruppi di infiltrati, per poi consegnarli ad un’ autorità che in quel caso non potrà più “esimersi” dai suoi doveri. Forse è bizzarro pensare ad un simile accordo , ma come potrebbe un’ “autorità preposta all’ ordine pubblico”, per quanto in segreta malafede, rifiutare un accordo pubblico, preventivo, volto a mantenere l’ ordine ? Non vedo un altro modo di fregarli se non con le loro stesse armi (“NOI –Maroni, La Russa, Fini a Genova- siamo dalla parte giusta, voi siete i violenti; NOI, che siamo stati eletti dal popolo, rappresentiamo tutti, mentre voi siete la solita fazione facinorosa e violenta”). Suppongo che in una situazione così predisposta i “black-block” non si faranno proprio vivi, e le “autorità di governo” dovranno inventarsi qualcos’ altro per sabotare la libera e pacifica espressione di dissenso dei cittadini.
Filippo Bianchetti -Varese
Condivido il pensiero,la lotta,gli ideali alti la passione politica….Per tutti quelli che come me nn hanno piu’bisogno di dormire per…sognare.Io mi disordino…anatomia di un…istante!ciao a presto Paola.
Credo ci sia una diferenza,seppur sottile,tra violenza fine a se stessa,e violenza scaturita dalla rabbia di un popolo logorato,quale siamo noi,saccheggiato dai barbari che hanno portato via i nostri sogni,speranze e ambizioni.La violenza manifestata ieri,era frutto di gruppi più o meno numerosi,organizzati con il solo scopo di distruggere.Certo deve far riflettere,è anche questa una diretta conseguenza della degenerazione sociale,ma non è questo il nostro obiettivo.Credo nella lotta,e se necessaria una lotta violenta,ma che sia carica di significato e di contenuto,che diriga le voci all’unisono di un popolo verso la rivoluzione.Non dobbiamo permettere più ai politici di sentirsi loro “indignati” e di dire che siamo i peggiori di Europa,alle forze dell’ordine di militarizzare una città,ma non dobbiamo neanche permette ai teppisti di violentare il colosseo(e non solo)con insulse scritte,non creiamo contraddizioni,focalizziamo compatti il nostro obiettivo e ritorniamo in piazza.
Simone, attribuire le colpe agli altri rende noi non responsabili, impotenti e dipendenti dal volere degli altri.
Certo tutto vero. Ma come hai detto tu, si sapeva.
Lo sapeva la polizia, ma lo sapevamo anche noi.
E noi che abbiamo fatto? abbiamo deciso ancora una volta la scelta ipocrita del “niente cordoni, niente servizi d’ordine” come formula di finta apertura.
E ora? ora ci lamentiamo,cerchiamo colpevoli a sinistra e destra e abbiamo alla fine visto fallire una grandissima giornata. E’ significativo che questo sia successo solo a roma, ed è altrettanto significativo che le modalità siano state le stesse (identiche) di 10 anni fa. Non abbiamo imparato niente, la colpa è sempre degli altri.
Sebbene comprenda la difficoltà di dare organizzazione a un corteo eterogeneo, penso che nessuno potrebbe negare che un servizio d’ordine organizzato dalle organizzazioni storiche era possibile e utile. Se si coordinavano i compagni comunisti con quelli della Cgil, dei cobas, etc non sarebbe riusciti a proteggere il corteo e la piazza?
E proprio la piazza hanno preso. Veramente simbolico, e segno evidente della sconfitta.
Certo Lorenzo, noi sapevamo, e infatti abbiamo fatto molto, a partire dai servizi d’ordine: il nostro, quello della Fiom, quello dei Cobas. Infatti hanno funzionato e siamo riusciti a tenere lontani dai nostri pezzi chi non voleva sfilare secondo le regole stabilite.
Ma ti sembra normale, detto questo, che sia compito del corteo autodifendersi?? La polizia cosa ha fatto? Hai visto le scene di piazza San Giovanni?
cosa ha fatto la polizia?! a parte procurarci una sana intossicazione per colpa di quei lacrimogeni di merda, ha saputo attaccare persino anziani e bambini! ho soccorso un paio di donne sulla settantina con nipotini a carico che si erano rifugiate nella metro di san giovanni. erano in pessime condizioni di salute ma ciò che mi ha riempito ancor più di indignazione è stato vedere nei loro volti un sentimento difficile da esprimere con una parola… costernazione, delusione, stupore, smarrimento, rabbia. quello che è successo ieri è uno schifo, e mi ha riempito di vergogna e di disgusto per il mio paese, schiacciato dalla dittatura. io detesto la violenza, ma mi rendo conto che per combattere la dittatura, bisogna organizzarsi adeguatamente, perché finora abbiamo creduto “ingenuamente” che si potesse esprimere in un territorio civile il proprio pensiero e dunque il proprio dissenso senza dover rischiare la vita.