La guerra è iniziata. Lo sapevamo, lo avevamo ampiamente previsto, mettendo in guardia rispetto alla rapida involuzione di un quadro che, purtroppo, lasciava poco spazio all’equivoco e all’immaginazione.
Ora siamo in guerra. Aerei francesi e americani hanno iniziato i bombardamenti e lo stesso faranno, a breve, gli aerei che stanno partendo dalle basi collocate sul suolo italiano.
E’ il giorno della rabbia e della vergogna. Rabbia per non essere stati in grado di fermare la barbarie. Vergogna per essere parte di un sistema di potere (economico, politico, militare) che da secoli non fa altro che uccidere tutto ciò che non si adegua ai suoi dettami.
Ma deve essere anche il giorno della reazione di massa e di popolo alla guerra neocoloniale contro la Libia.
E deve esserlo a partire da noi, dal nostro partito, dalla Federazione della Sinistra e, in particolare, dai Giovani Comunisti.
Da domani mattina tutte le nostre strutture territoriali si devono sentire investite dell’obbligo di organizzare iniziative di controinformazione, presidi di solidarietà, picchetti, sit-in, assemblee. Dall’obbligo di prendere per mano il movimento contro la guerra e farlo uscire da un torpore che in questi giorni ha già fatto molti danni.
Ogni mobilitazione, ogni iniziativa che riusciremo a mettere in campo sarà positiva, importante, fondamentale.
Nei prossimi giorni organizzeremo anche momenti nazionali. Sicuramente saremo davanti alle basi di Trapani e di Sigonella. Stiamo organizzando in queste ore manifestazioni, possibilmente permanenti.
Quello che vi chiedo è di coordinarci insieme, di lavorare in stretto contatto tra noi, di non disperdere le energie e di finalizzarle tutte nella stessa direzione.
Per questo è fondamentale tenere la barra sulla linea politica definita in questi giorni, senza ambiguità né tentennamenti.
Non abbiamo alcuna simpatia per il regime dispotico di Gheddafi (che non a caso ha intessuto con tante potenze neocoloniali in questi anni grandi rapporti di collaborazione e profitto, a partire dall’Italia). Le rivolte e la repressione di queste settimane ci fanno male, sollecitano la nostra coscienza. Ma l’attacco militare di questa notte definisce con chiarezza la nostra scala di priorità. Oggi la priorità è contrastare la guerra, riaffermare il principio di non ingerenza, il diritto all’autodeterminazione dei popoli e alla loro sovranità.
Prepariamoci al moltiplicarsi esponenziale delle menzogne della propaganda, che ancora di più che in queste ultime settimane parlerà di “intervento umanitario” per difendere il popolo dai crimini del dittatore. Agli Stati Uniti, all’Unione Europea, agli Stati colonialisti non interessa nulla del popolo libico. Interessa soltanto il suo petrolio, il suo gas naturale e la collocazione strategica del territorio libico.
Care compagne e cari compagni, la guerra imperialista contro la Libia è iniziata. Dimostriamo nel nostro Paese quanto grande può essere la solidarietà internazionalista dei comunisti.
Simone Oggionni
portavoce nazionale Gc – responsabile Esteri Gc
La guerra finanziaria in Libia
di ANDREA FUMAGALLI
Leggendo i commenti economici e politici sulla stampa nazionale e internazionale, il riferimento al ruolo strategico della Libia nell’estrazione e nell’esportazione del petrolio non manca mai. E’ una delle chiavi di volta per analizzare e commentare, sia in termini critici che in termini positivi, il recente intervento militare occidentale. Che il tema del petrolio e del controllo non solo delle fonti energetiche ma anche dei flussi sia importante non può essere negato. Al riguardo, è interessante notare come le rivolte che si sono sviluppate nel Bahrain abbiamo lasciato più o meno indifferente l’Occidente, demandando all’Arabia Saudita il compito di controllarle (e reprimerle, così come in Yemen). Come ricordato dal Financial Times il 25 febbraio scorso, nel Bahrain vi sono i terminali del flusso di greggio saudita per una quota pari al 18% dell’intera produzione. Mettere le mani su tale flusso (comunque già in parte sotto il controllo saudita-americano) significa condizionare l’export di petrolio verso i mercati del Sud-est asiatico (Cindia), e si sa bene come la dipendenza da petrolio sia uno dei colli di bottiglia nevralgici che può condizionare l’economia cinese (la guerra in Irak e in Afghanistan ha soprattutto questo obiettivo strategico). Eppure non sembra che le principali nazioni dell’”Impero di Occidente” vogliamo approfittare dell’instabilità che si è creata in quell’area per rinserrare e affinare un’arma geoeconomica sicuramente rilevante nella competizione tra Usa e Cina.
Invece, apparentemente senza una logica di immediata comprensione, la testa occidentale del bicefalo Impero, neanche sei ore dopo il placet dell’Onu, ha cominciato a bombardare selvaggiamente la Libia di Gheddafi[1]. Come ricordato da Christian Marazzi in un articolo su questo sito, apparso il 28 febbraio scorso, dal titolo Maghreb e mercati finanziari: la logica del contagio, “se è vero che già il 60% della produzione (libica) è stato congelata, il che corrisponde alla perdita dell’1.1 percento dell’offerta mondiale di petrolio, l’Arabia Saudita può facilmente colmare una perdita di questa entità”. In altre parole, la produzione libica pesa poco in un mercato estrattivo che negli ultimi trent’anni si è fortemente globalizzato e che ha visto una netta riduzione del peso dell’Opec nel mercato petrolifero mondiale (oggi, è la Russia a essere il paese maggiormente produttore).
Se veramente il petrolio svolge ancora un ruolo assolutamente strategico, era più funzionale per l’Occidente intervenire nel Bahrain (o affiancare l’Arabia Saudita nell’opera repressiva) piuttosto che in Libia. Una settimana dopo il terremoto e la tragedia nucleare in Giappone, l’obiettivo principale è diventata la Libia, inizialmente non presa in considerazione quando i primi fuochi della rivolta nell’area si erano accesi.
La tesi che sosteniamo è che l’intervento dello schieramento occidentale in Libia non sia dipeso solo da ragioni legati al controllo del petrolio, ma soprattutto da altri fattori, in primo luogo quelli legati ai mercati finanziari.
La Libia di Gheddafi, a differenza di altri paesi della regione, non è affatto un’economia chiusa, ma è fortemente globalizzata soprattutto per quanto riguarda i flussi e le partecipazioni finanziarie. Si potrebbe fare un lungo e noiosissimo elenco di svariate pagine per elencare tutte le partecipazioni detenute nelle casseforti della Banca Centrale Libica e della Libyan Investment Autority (LIA), entrambe strettamente sotto il controllo del colonnello. Ci limitiamo per brevità a segnalare, per quanto riguarda l’Italia, il 7,58% di Unicredito (per un valore liquido di circa 351 milioni di euro), il 14,79% di Retelit (13,7 milioni di euro), il 2% di Finmeccanica (circa 2,2 miliardi di euro), l’1% di Eni, il 2,5 di Tamoil (in compartecipazione con Germania, Germania e Svizzera); per quanta riguarda la Gran Bretagna, invece, si registra la partecipazione libica nell’hedge funds, Capital Partners, il 3% nel gruppo editoriale Pearson (320 milioni di Euro), il 14% dell’immobiliare Cornhill. In Spagna, Gheddafi ha investito in modo cospicuo nel settore immobiliare (vedi, il progetto Magerit Life a Marbella). In Olanda, la società Oilnvest nel settore petrolifero, più nota con il marchio Tamoil, è posseduta al 100% dalla Libia. Anche il Lussemburgo, in specifico nel settore bancario, vede la presenza di partecipazioni finanziarie libiche, mentre in Canada e in Russia, oggetto degli investimenti libici sono rispettivamente ancora un volta il petrolio (Verenex) e l’alluminio (1,43% della Rusal).
Se sommiamo le diverse partecipazioni finanziarie detenute dalle autorità libiche abbiamo una somma tale che se venisse smobilizzata per trasformarla in liquidità immediata causerebbe un forte impatto negativo sui listini di borsa non dissimile da quello causato dal fallimento della Lehmann Brothers nel settembre 2008. Ed è proprio il rischio che una somma cosi ingente di capitali finanziari possa essere “smobilizzata” a obbligare i paesi occidentali a intervenire perché ciò non si verifichi. Nel periodo iniziale della rivolta, il mantenimento di una stabilità finanziaria, garantita da Gheddafi, aveva avuto il sopravvento: in cuor loro, molte società finanziarie speravano nella tenuta di Gheddafi. In Italia, le posizioni del governo in tal senso erano anche dettate dai numerosi affari lucrosi che le imprese italiane detenevano sul territorio libico, soprattutto nel campo delle infrastrutture (Impregilo in testa). Con il peggiorare della situazione, l’incremento dell’instabilità e il rischio di una vittoria dei ribelli della Cirenaica, la possibilità che le forze in campo, soprattutto i rivoltosi di Bengasi, potessero mettere le mani sul “tesoro finanziario” di Gheddafi provvedendo alla sua liquidazione in moneta sonante per finanziare la stessa guerra e la ricostruzione, si è fatto più concreto. Di fatto, l’intervento occidentale da un lato vuole liberarsi di un partner economico, come Gheddafi, affidabile, ma comunque autonomo e poco manovrabile, dall’altro mettere le mani avanti sul possibile congelamento delle partecipazioni finanziarie libiche, per impedire che una loro messa in vendita, deprimi un mercato finanziario, che solo ora si sta faticosamente riprendendo dalla crisi recente e che, anche in seguito agli avvenimenti giapponesi, mostra ancora tutta la sua instabilità.
Si traveste da guerra umanitaria ciò che è invece una guerra finanziaria.
[1] Il che lascia affiorare il sospetto che una simile azione era stata preventivata ed organizzata in anticipo.
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Scheda sugli interessi libici in Italia
Stralci di informazioni contenute nell’articolo: “Quote libiche: Italia pronta al blocco”, di Rossella Bocciarelli e Isabella Bufacchi, Il Sole24ore, 6 marzo 2011
Esiste una banca, con sede nel Barhain, presente da decenni in Italia con una filiale. È la Arab Banking Corporation. Nel 1992 – vent’anni fa – si diceva che stesse acquistando azioni Perrier per conto degli Agnelli. In Italia, insomma, la Arab Banking Corporation non è una nuova arrivata. Nuovi arrivati sono però i suoi azionisti di maggioranza: solo tre mesi fa, il 2 dicembre 2010, a la banca centrale libica è salita al 60% di questo istituto tanto grande quanto sconosciuto ai più. Fino ai primi del 2010 la Libia era un’azionista minoritario, ma nell’ultimo anno in più tappe è salita alla maggioranza. Così, con un tempismo incredibile, alla vigilia della guerra civile a Tripoli e Bengasi, ecco che in terra italica spunta la filiale di una nuova banca a maggioranza libica: la Arab Banking Corporation con sede nel centro di Milano in via Amedei 8.
Questo è solo l’ultimo tassello di un puzzle che il Colonnello Gheddafi da anni – da quando ancora la Libia era sotto embargo – costruisce in Italia. ….. È il 1976 quando il Colonnello, spendendo l’equivalente di 415 milioni di dollari, fa il primo acquisto clamoroso: compra il 10% della Fiat dopo il viaggio in Libia dell’Avvocato Agnelli. ….. Nel 1986 la presenza libica nella casa automobilistica desta però l’allarme del presidente americano Ronald Reagan, così quell’anno Gheddafi esce dal Lingotto: con una ricca plusvalenza (pari a oltre il 300% dell’investimento).
Anche nel 1997 – in pieno embargo – Gheddafi conquista un altro peso massimo italiano. Quell’anno la Libyan Arab Foreign Bank paga 400 milioni di dollari per comprare il 5% della Banca di Roma in fase di privatizzazione. L’operazione non aggirava l’embargo, perché non era il governo libico a comprare direttamente. D’altronde, si sa:pecunia non olet. Così, negli anni successivi, le varie braccia finanziarie di Tripoli entrano in Oilinvest che controlla Tamoil Italia, nel gruppo tessile Olcese, nella Juventus. Piano piano, senza destare grandi clamori, il puzzle si allarga. E queste sono le partecipazioni note: se è vero quello che dichiarava nel 2001 a Bloomberg il numero uno della Lafico Ali El Huwej, cioè che la strategia di Gheddafi era di comprare piccole quote azionarie in giro per il mondo anche dietro schermi societari per aggirare i divieti dell’embargo, allora anche in Italia si potrebbe immaginare una presenza più corposa. Ma non si sa.
È comunque dopo la fine dell’embargo, nel 2003, che la Libia può veramente aprirsi al mondo. Usando anche il fondo sovrano Libyan Investment Authority, creato qualche anno dopo, aumenta i pezzi del puzzle anche in Italia. Oggi è presente in Finmeccanica (con il 2,01%), in Eni (circa l’1%), in Retelit (14,79%), nella Juventus (7,5%), nella Triestina Calcio (33%), in Banca Ubae (67,55%). La partecipazione che ha fatto più clamore, però, è quella in UniCredit dove la Libia (attraverso soggetti diversi) ha 7,58%. La più recente è quella in Arab Banking Corporation, con filiale a Milano. Nessuna di queste quote azionarie è stata finora congelata.
APPELLO PER UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA GUERRA IN LIBIA A NAPOLI IL 16 APRILEAPPELLO PER UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE
CONTRO LA GUERRA IN LIBIA A NAPOLI IL 16 APRILE
L’Italia che a parole ripudia la guerra si è lanciata in una nuova aggressione militare a senso unico, come le precedenti, questa volta contro la Libia che rappresenta la “nostra” quarta sponda. La quinta in vent’anni, la terza nel giro di un decennio in cui si è persa ogni remora nei confronti dell’intervento bellico.
Ma a differenza delle altre occasioni pochi sembrano indignarsi, pochi alzano la voce per gridare che questa, come già altre guerre, ha dei motivi ben precisi: le immense ricchezze del sottosuolo libico, il gas, il petrolio, gli affari delle grandi aziende e della grande finanza. Motivi che stanno causando già centinaia di morti fra i libici, e che ne causeranno ancora di più, appena l’uranio impoverito, sganciato in quantità, comincerà a fare effetto. Motivi che potrebbero portare, come già successo nei Balcani, in Afghanistan o in Iraq, alla devastazione della Libia, alla fine della sua sovranità, all’occupazione militare di un territorio-chiave per controllare e addomesticare tutte le rivolte che stanno agitando il Nord Africa e il mondo arabo.
Come al solito, la prima vittima della guerra è stata la verità: per giustificare l’uso della forza abbiamo visto squadernarsi tutte le retoriche guerrafondaie, nelle varianti di destra e di “sinistra”. Da un ritrovato e sfacciato spirito colonialista (“dobbiamo intervenire perché la Libia è casa nostra”) al ritornello della guerra umanitaria (“dobbiamo proteggere la popolazione contro il tiranno”), passando ovviamente per i cliché razzisti (“dobbiamo intervenire per portare la democrazia ai popoli sottosviluppati”). Soprattutto si è cercato di neutralizzare l’impatto emotivo di una nuova guerra, di farla sparire dalla nostra percezione, di inserirla nel tessuto della quotidianità, parlando di “no-fly zone”, “pattugliamento umanitario”, “sostegno ai ribelli”.
Dovremmo sapere bene cosa si nasconde dietro questi eufemismi: il profitto delle multinazionali dell’energia, il desiderio delle potenze occidentali di accaparrarsi, anche dopo il disastro nucleare giapponese, risorse preziose in tempo di crisi, la voglia di controllare un pezzo di mondo che si è risvegliato e cerca da sé la sua libertà. Si interviene in Libia proprio come si sono sostenuti fino alla fine i regimi di Ben Alì o Mubarack, o come si appoggia la repressione dei movimenti popolari in Bahrein o nello Yemen. Ancora una volta il “diritto internazionale” si rivela nei fatti solo la legge del più forte.
Giusto otto anni fa, contro analoghe menzogne, eravamo in milioni a scendere in piazza. Oggi il silenzio dei pacifisti e dei movimenti è assordante, mentre la sinistra istituzionale si nasconde dietro ad una risoluzione ONU scritta, come già altre volte, ad uso e consumo di USA, Gran Bretagna e Francia, mentre a spingere per l’intervento ci sono in prima fila il PD ed il Presidente Napolitano. Ad “opporsi” alla guerra c’è solo la destra estrema della Lega, che parla di “invasione dei clandestini”, lascia marcire i profughi a Lampedusa, crea strumentalmente un’emergenza umanitaria, esaspera l’odio contro i più deboli e i “dannati della terra” per rastrellare voti sotto elezioni.
Forse è giunto il momento di riscattare questa vergognosa Italia, che dal baciamano a Gheddafi, il “nostro miglior alleato”, è passata alle bombe, per paura di perdere i propri affari in Libia.
È giunto il momento di dire la nostra, mentre riscrivono la storia del Mediterraneo attraverso le bombe, la violazione dei diritti dei migranti e la continua militarizzazione del nostro e del loro territorio.
È giunto il momento di affermare che non esistono interessi “nazionali”, ma solo gli interessi degli sfruttati e dei dominati di tutto il mondo contro quelli dei dominanti e dei regimi di tutto il mondo.
È giunto il momento di proclamare che i popoli, e lo hanno scritto in questi giorni proprio i tunisini e gli egiziani in rivolta, o si liberano da soli o non si liberano affatto.
Tutto questo lo vogliamo dire chiaro e forte proprio a Napoli, dove è appena passato il comando dell’operazione ora a guida NATO. Ed è per questo che facciamo appello ai movimenti, alle associazioni, ai comitati, alle forze politiche e sindacali, a tutti i pacifisti coerenti ed a tutti i cittadini a far crescere in tutta Italia la mobilitazione contro la guerra e costruire insieme una grande manifestazione nazionale proprio a Napoli, sabato 16 aprile.
Una manifestazione che, schierandosi a fianco del popolo libico e di tutte le popolazioni in rivolta dell’area, chieda:
. La fine immediata dei bombardamenti e dell’aggressione militare;
. La fine di ogni ingerenza straniera, compresa l’ipotesi di embargo e di sequestro dei beni libici non meno criminale dell’aggressione militare.
. Il diritto d’asilo per tutti i profughi e i migranti in fuga;
. Il taglio delle spese militari e l’utilizzo di fondi e mezzi per le vere priorità sociali di un’Italia in crisi: casa, lavoro, servizi sociali, reddito garantito, provvedimenti a difesa del territorio e dell’ambiente…
Chiediamo a tutte e tutti di diffondere e sottoscrivere quest’appello, per cercare nelle due settimane che abbiamo davanti di costruire insieme una grande e determinata manifestazione contro la guerra!
Nel caso questo appello dovesse incontrare come speriamo, il sostegno delle più significative realtà impegnate nella lotta contro la guerra proponiamo di tenere il giorno successivo alla manifestazione, domenica 17 aprile, una Assemblea nazionale del movimento contro la guerra per discutere insieme come proseguire la lotta contro questa infame politica che va a seminare in nome dell’umanità e della democrazia morte e distruzione presso altri popoli, con la vigliacca consapevolezza che questi paesi non hanno nemmeno le armi per potersi difendere adeguatamente di fronte alle micidiali armi di distruzione di massa utilizzate.
ASSEMBLEA NAPOLETANA CONTRO LA GUERRA
Per info, adesioni e contatti: [email protected]
Chavez???????????????????????uahuahuahuahuah auhauahuahuahau hauhauhauahuahu ahau huahauhauhauhauhaua huahu ahau hauhauhauhauahuahu ahuahuah uahuah……….
la rivoluzione bolivariana è un mito così fasullo che solo quella cubana la supera!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!
ma mi domando….siete in preda alle ideologie o andate a fondo nelle cose????
ultima considerazione…
VOI di sinistra avete attaccato Berlusconi su tutti i fronti x i suoi atteggiamenti verso il regime libico con circo al seguito…e baciamano vari…
ED ORA LO CONSIDERATE UN COMPAGNO???
MA SIETE IN PREDA ALLA CONFUSIONE PIU’ TOTALE ED ESASPERATA!!
povera classe operaia…e qst sarebbe un “partito comunista”!
ah..il libro verde di gheddafi,x chi lo incensa,è una colossale mistificazione del socialismo!!!!p iù ancora che le contraddizioni del PRC!!!
già dal termine REPUBBLICA ISLAMICA SOCIALISTA DI LIBIA si capisce l’assurdità delle idee…difatti ogni parte è contestabile : Repubblica?mi sapete dire il significato di repubblica??rispecchia la Libia??poi…Lenin cosa diceva a proposito delle repubbliche democratico borghesi?Islamica..beh,c’è poco da spiegare….Socialista(nn mi risulta lo sia mai stata l’URSS)…di Libia..che a sua volta è uno stato retto dalle tribù..delle quali,la più forte,quella di Sirte,è quella di Gheddafi…si può quindi paragonare ad un’aristocrazia beduina di stampo islamico….il socialismo??lasciatelo ad altri x favore…nn sapreste distinguere nemmeno la comune di parigi con la RSI..
quello che nn si riesce a focalizzare è che alla base dell’uso della guerra e della pace in questa società capitalistica c’è il calcolo sia politico che economico delle situazioni.
una buona dose di cinismo e spudoratezza poi fa diventare un intervento militare INTERVENTO UMANITARIO o MISSIONE DI PACE…
ma la sostanza nn cambia cari compagni…il capitalismo è guerra,su tutti i fronti…economico,polit ico e militare…
CONTRO LA GUERRA L’UNICA POLITICA POSSIBILE E’ L’INTERNAZIONALIS MO!!!!L’ULICA ALTERNATIVA ALLE BARBARIE E’LA LOTTA X IL COMUNISMO..
nn è passato 1 anno da allora che nn vi sia stata almeno una guerra all’anno…2 guerre in Iraq,Jugoslavia ,Kosovo,guerre nell’ex URSS,Afghanista n,Ruanda…e altri conflitti minori in medio oriente e africa…fino all’attuale Libia…SONO PERSINO ARRIVATI AD INVENTARE LE GUERRE PREVENTIVE.
segue
non avete affrontato il più lampante dei problemi:col crollo dell’URSS,dicevano,s i sarebbe aperta una nuova fase di pace e prosperità…xk in tutto il mondo si sarebbero diffusi la democrazia e gli stati liberali..
invece,basta scorrere una qualsiasi cronologia delle guerre dal 1990 al 2011 per verificare la falsità di qst presupposto!seg ue
ragazzi ma state ammattendo??????gheddafi socialista????gheddafi un buon governante???
ma la studiate la storia?la geopolitica?gheddafi addirittura un “compagno”??
ps valerio..si c’è tutto di male nell’andare a puttane e a drogarsi!!è la pura autodistruzione …il non essere consapevoli di se stessi…è la codardia nel non affrontare il mondo…chiunque si droghi è un perdente,un fallito…e non nel senso religioso del termine!!!senza poi contare gli effetti sulla salute…..poi..il corpo è tuo…se vuoi morire di overdose o trovarti cm un vegetale a 35anni accomodati!!!
gioventù spiantata!
SVEGLIAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA !!!
Gentile Giuseppe Pedroni,
innanzitutto la ringrazio per l’interesse e la stima con cui segue il nostro lavoro.
Provo ad articolare un ragionamento il più possibile organico in risposta alle sue argomentazioni.
Lei ha ricordato perfettamente le motivazioni con cui si giustificò, a suo tempo, l’intervento militare in Iraq: il possesso da parte di Saddam di armi di distruzione di massa e il suo rapporto con Al Qaeida. Ma il fatto che queste motivazioni si rivelarono palesemente infondate (e lo erano con tutta evidenza già in partenza, almeno per noi) non fu il solo argomento che utilizzammo per opporci alla guerra. A monte agiva (allora come oggi) la convinzione che i veri moventi (inconfessabili) affondavano le radici nell’interesse economico e soprattutto geo-politico – il controllo strategico di una regione di vitale importanza – degli Stati Uniti d’America. E agiva anche la convinzione che la guerra non fosse mai giustificabile, a maggior ragione nel contesto mondiale determinatosi con il crollo del Muro di Berlino e con la conquista dell’egemonia planetaria economica e militare da parte dell’unica superpotenza rimasta.
Quindi il parallelo che lei instaura tra Iraq e Libia rispetto alla logica che sottenderebbe le motivazioni a favore e contro l’intervento non mi pare del tutto efficace.
Veniamo alla Libia. Lei scrive che, sulla spinta delle rivolte in Egitto e Tunisia, il popolo libico è “sceso in piazza a reclamare diritti politici ed economici fondamentali”. Mi sembra una lettura parziale. E’ presente senz’altro l’elemento della richiesta di libertà e democrazia, come in alcune delle rivolte in corso in questi mesi nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Meno l’elemento della rivendicazione economica: la Libia è una regione molto ricca, con un reddito pro capite di circa 12mila dollari annui, circa 6 volte quello egiziano. Cos’altro c’è in Libia? C’è una guerra tribale sotterranea, e che oggi è esplosa, ben più remota della cronaca delle ultime settimane; ci sono scontri regionali fortissimi, che contrappongono Cirenaica e Tripolitania, per esempio; e c’è uno scontro di potere interno alla classe dirigente libica altrettanto forte, come dimostra il fatto che i capi dei “rivoltosi” siano in buona misura ex ministri del regime di Gheddafi.
Non ha fatto sufficientemente notizia poi il fatto che – come ha riportato recentemente il Sunday Mirror – da fine febbraio centinaia di soldati inglesi siano entrati in azione a fianco dei ribelli e che l’ambasciata americana abbia fornito loro le armi. Possiamo dire che all’interno di una guerra civile tra due fazioni in lotta i poteri occidentali hanno preso le difese, attivamente, di un gruppo. Nulla di scandaloso, soprattutto se si sostiene che questa guerra abbia un senso e sia giustificata. Rimane, tuttavia, una situazione oggettivamente diversa dalle rivolte popolari per il pane e la libertà di Tunisia ed Egitto.
Ma arriviamo alla guerra. L’Onu ha avallato l’operazione, con una risoluzione molto pasticciata e ambigua nei contenuti. Quel che conta affermare è che quella risoluzione è illegittima, giacché – in contraddizione con gli articoli 40 e 41 dello Statuto delle Nazioni Unite – avvia l’intervento militare senza esperire tentativi diplomatici e pacifici di risoluzione del conflitto.
Non tiene, dal mio punto di vista, neppure il paragone con Hitler e la seconda guerra mondiale. Non soltanto perché, con tutta evidenza, Gheddafi non è Hitler (a capo di una potenza capitalistica in grado di tenere in pugno e piegare l’intera Europa, e oltre, in un processo di nazificazione intollerabile e responsabile dello sterminio, in potenza e poi in atto, di milioni di ebrei, rom, oppositori politici, omosessuali, etc., cioè responsabile della più aberrante tragedia della storia dell’umanità). Ma anche perché vi era un contesto mondiale di relazioni interstatuali a cui prima già accennavo che consentiva di concepire in termini puramente progressivi l’estromissione del nazifascismo anche grazie (e sottolineo anche, dal momento che centrale e risolutivo fu da un lato l’intervento delle potenze socialiste e dall’altro l’azione diretta delle brigate partigiane, contro cui e in concorrenza con le quali gli Alleati anglo-americani si sono mossi tra il 1944 e il 1945) all’intervento statunitense. Qui il contesto è completamente diverso e gli americani, insieme alle potenze accomodanti dell’Unione Europea (con distinguo nei quali non entro e per interessi evidenti e che, tra noi, do per acquisiti), hanno tutt’altro peso sullo scenario mondiale.
Qual è, quindi, al fondo e dal mio modestissimo osservatorio, il compito delle sinistre? Provare a destrutturare le argomentazioni “umanitarie” (vero, grande paradosso della politica estera socialdemocratica degli ultimi due decenni) a favore della guerra e attivarsi per fermarla. Facendo intervenire al suo posto, al più presto, la diplomazia e la mediazione.
Cordialmente,
Simone Oggionni
Gentile Signor Oggionni,
la ringrazio per la cortese ed argomentata risposta e per gli elementi di notevole interesse di cui arricchisce questo nostro dibattito. Riconosco che nella mia precedente esposizione posso avere ecceduto di schematicità ma si trattava di cercare di fare stare in non troppe righe gli elementi fondamentali di un discorso molto complesso nella gerarchia delle priorità. Sono d’accordo che la situazione economica della Libia è ben diversa da quella dell’ Egitto e di altri paesi del Maghreb ciò non toglie che, aldilà della media di reddito pro capite, le sperequazioni fossero anche importantI. In ogni caso non è questo il punto; converrà che anche la sola istanza di maggiori libertà civili e di più democrazia, bastano a considerare come legittima l’insurrezione di un’intera regione come di grande parte della popolazione anche al di fuori della Cirenaica.
Per quanto riguarda le ragioni dell’intervento in Iraq, sono d’accordo con lei ed aggiungerei gli interessi dei grandi elettori di Bush come Cheney (armi e servizi connessi) e i petrolieri in particolare texani, ma anche delle ragioni più umane, legate alla psicolabilità e megalomania di Bush, al suo bisogno di risalire nei sondaggi e al desiderio di rivalsa per la viittoria mutilata di dieci anni prima. Se queste ragioni, di tipo più individualistico, le possono sembrare inconsistenti, le ricorderò la formula efficacissima con la quale Borges riassunse la pretestuosità della guerra delle Malvine del 1982 “due calvi che combattono per un pettine”. I due calvi – Galtieri e la Thatcher- in crisi di popolarità e a rischio di defenestramento per vie più o meno democratiche, non esitarono ad inventarsi un conflitto per potere esibire qualche medaglia e per la Thatcher la cosa, come si è visto, funzionò -Le Monde Diplomatique seguì ed analizzò puntualmente tutta la vicenda per giungere alle conclusioni di Borges.
Anche sul paragonare l’intervento in Libia con quello in Europa nella seconda guerra mondiale so che la cosa rientra nella comparazione delle pere con le mele ma io credo che a volte è proprio le pere e le mele che devono essere confrontate; sono frutti diversi ma sempre di frutta si tratta ed entrambi hanno una buccia simile, sono più o meno succosi, zuccherini ecc.
Quello che mi premeva far notare e su cui credo non mi abbia smentito è che gli aerei della coalizione (francesi i primi) sono intervenuti in una situazione di emergenza e per evitare una carneficina imminente che, considerate le minacce di Gheddafi e le azioni del suo esercito nei giorni precedenti, poteva rivelarsi di proporzioni enormi.
In un caso come questo credo che le motivazioni vere o presunte di chi ferma un massacro siano davvero irrilevanti e che si possa parlare di vera e propria ingerenza umanitaria.
E’ vero che negli ultimi decenni si sono giustificati anche in questo modo interventi diversi ma il compito di chi ha un’intelligenza ed un’etica credo sia prima di tutto quello di distinguere tra situazioni che presentano somiglianze magari di grande impatto accanto a differenze che ne costituiscono la natura essenziale.
Credo, in generale, che non siano esclusi rischi di interpretazioni troppo estensive del dovere di ingerenza umanitaria anche attuata con mezzi militari -in condizioni particolari anche semplicemente nell’ottica della riduzione del danno imminente-
ma ritengo altresì che, in qualche modo, abbiamo imparato la lezione da episodi , come in Uganda e a Szebrenika, in cui la nostra pusillanimità ha consentito o, quanto meno, favorito lo svolgersi di massacri.
In fin dei conti, anche ammettendo tutte le responsabilità del periodo pregresso: quello che si doveva fare e non si è fatto e viceversa, il 17 marzo ci si trovava confrontati con il consueto quesito “Che fare?” declinato al “lì ed allora”.
Ringraziandola per l’attenzione, le porgo i più cordiali saluti.
giuseppe pedroni
Gentile Simone Oggionni,
leggo sempre con grande interesse i documenti che mi mandate e in genere sono d’accordo con i contenuti delle vostre riflessioni.
Questa volta mi dispiace dovere dissentire da quanto da lei sostenuto a proposito dell’intervento militare in Libia. A questo proposito le faccio notare come Libero e Il Giornale utilizzino degli argomenti tipici della disinformazione come il falso sillogismo -insistenza sull’identità delle conseguenze per sostenere una non dimostrata identità delle premesse- ed una presunta equazione tra contiguita e causalità – post hoc ergo propter hoc-.
I giornali in questione mettono sullo stesso piano l’intervento in Iraq e quello in Libia ed usano gli argomenti di chi si opponeva al primo per giustificare la loro opposizione al secondo inducendo i lettori a stabilire una presunta identità delle ragioni dei due interventi sulla scorta dell’identità degli effetti o di parte di essi.
Ora per l’intervento in Iraq erano state invocate delle ragioni riducibili essenzialmente a queste due: 1)Saddam Hussein aveva a disposizioni degli armamenti chimici e nucleari pronti per essere utilizzati contro i paesi occidentali 2)Saddam Hussein era legato ad al qaeda.
Chi si opponeva all’intervento riteneva quelle ragioni false perché l’Iraq era stato perlustrato accuratamente dagli ispettori ONU che non avevano trovato armi di distruzioni di massa -e di fatto poche armi in generale a causa delle restrizioni imposte all’Iraq in seguito alla prima guerra del golfo- e perché non erano mai emersi in precedenza elementi che giustificassero dei rapporti tra Saddam Hussein e Bin Laden.
La storia ha dimostrato che noi non interventisti avevamo ragione su tutta la linea: di armamenti di distruzione di massa neppure l’ombra, idem per i legami con al qaeda che semmai è entrata in Iraq proprio a seguito della sua occupazione.
In Iraq si sono avuti inoltre la distruzione di infrastrutture civili, i bombardamenti a tappeto di Bagdad ed altre città ed infine mostruosità gratuite come Abu Graib che hanno reso ancora più ingiustificabile un intervento che mancava di giustificazioni per se stesso.
In Libia abbiamo avuto una popolazione che, anche sulla scorta di quanto accaduto in Tunisia ed Egitto, è scesa in piazza pacificamente a dimostrare contro il regime e a reclamare diritti politici ed economici fondamentali.
Il regime ha risposto con minacce feroci “sono ratti traditori al servizio degli imperialismi sionisti occidentali, andremo casa per casa a sterminarli” per poi passare a metterle in pratica e ribadirle ulteriormente nell’imminenza della presa di Bengasi e della Cirenaica.
Il consiglio dell’ONU ha deliberato di intervenire militarmente per evitare una carneficina che appariva come imminente e di proporzioni smisurate. Le ragioni per ritenere verosimile un esito del genere risiedevano non soltanto nelle minacce di Gheddafi ma anche nelle sue azioni delle ultime due settimane.
Rimane l’argomento del “post hoc ergo propter hoc”: si sostiene cioè che la Francia, l’inghilterra e gli altri intervengano in Libia per fini esclusivamente economici, controllo delle energie ecc. ma è come dire che gli americani sono intervenuti in Europa nella seconda guerra mondiale per estendere la loro influenza economica e politica all’Europa, garantirsi un mercato ecc. perché è quanto è seguito al conflitto.
Ora è anche vero che è successo proprio che l’America abbia esteso la propria influenza ecc. e che
non è escluso che tale proposito, o anche tale proposito, fosse all’origine dell’intervento ma quello che a noi europei è interessato è che gli Stati Uniti abbiano contribuito in maniera importante a fermare le stragi nazifasciste e a sconfiggerne i regimi.
Il primo risultato dell’intervento in Libia è stato l’impedimento di un bagno di sangue a Bengasi e nella Cirenaica che appariva altrimenti inevitabile. Si replicherà che bisognava trovare delle soluzioni diplomatiche prima, esercitare delle pressioni economiche ecc ed è vero ma il fatto di avere fatto degli errori in precedenza non significa che si debba essere coerenti con gli stessi. Per tormnare all’esmpio precedente, anche con Hitler e Mussolini si doveva agire diversamente negli anni venti e trenta ma negli anni quaranta era ormai tardi per discutere degli errori dei decenni prima e fu giusto intervenire.
E’ chiaro che l’obiettivo da conseguire è che si arrivi ad una transizione quanto più democratica e rispettosa dei diritti primari di tutti nel più breve tempo possibile e con i mezzi meno cruenti possibili. Credo che il compito della sinistra sia attivarsi perché proprio questo avvenga.
un caro saluto
Giuseppe Pedroni
…ma questo che dici tu dovrebbe portare l’Occidente, le sue armate e i suoi interessi economici, ad intrufolarsi in Yemen, Bahrein, Siria (ah no non c’è petrolio ne gas ne uranio), centro Africa, Palestina (ah no Israele è amici dell’occidente), giustificherebbe l’embargo, gli attentati e tutti gli illeciti con i quali gli USA vessano Cuba, perchè daltronde gli USA e l’occidente dicono che Cuba è una dittatura sanguinaria comunista e che il popolo è schiacciato nella sua autodeterminazione dal pugno di ferro dei Castro. Ma sappiamo che non è così. (in fondo il 99% dell’informazione che passa in occidente è informazione del punto di vista occidentale, prodotta dagli occidentali potenti per tacitare la massa popolare occidentale: siamo proprio sicuri che Gheddafi sta massacrando come dicono? Molto probabilmente è così ma…attenti, gli stessi media ci dicono che Chavez è un dittatore).
Questo disegno dell’occidente forza di polizia e pulizia armata internazionale è MOLTO pericolosa ed è da combattere per evitare di finire senza accorgercene in un impero globale dal pensiero uniformato a suon di bombe, dove inizialmente chi massacra il suo popolo si merita l’intervento armato (alquanto, seppur superficialmente, condivisibilmente diciamo). Per poi magari finire con chi stavolta non adotta un sistema politico economico conforme a quello gradito all’occidente e si vede qualche Tornado lanciare un paio di missili minatori. (sembra una cosa fuori dal mondo ma ce la ricordiamo l’America Latina degli anni ’70-’80?).
Ribadisco l’importanza che come comunisti, per la pace, internazionalisti, persone di sinistra dobbiamo attribuire ai mezzi diplomatici, alla mediazione internazionale (sono state coinvolte e consultate abbastanza lega araba e unione africana?), sforzarci di non trarre conclusioni azzardate che rischiano di peggiorare l’attuale già pessima situazione…situazione che con la guerra dell’occidente vede per la prima volta in alcune settimane Gheddafi e i ribelli d’accordo nel chiedere all’occidente: “BASTA VITTIME CIVILI CAUSATE DAI BOMBARDAMENTI AEREI DELLA COLAZIONE!”
Ah aggiungo, sono d’accordissimo con quello che mi dici tu Massimo sulle soluzioni per fermare il leader, ma basterebbe solo per fermare le vie “legali” attraverso cui il colonnello continuerebbe a colpire il popolo. Sono perfettamente d’accordo anche sul fatto che non solo in Libia ci sia un governo che opprime, ma che sia uno di quelli con la maggiore quantità di petrolio e questo è uno dei maggiori motivi delle azioni militari. Ma le ormai numerose Rivolte Arabe mi portano a pensare che Gheddy non sia l’unico “governante” del medio oriente che andrebbe sanzionato e fermato, anche se con l’uso della forza
I ribelli in Libia la guerra la stanno perdendo. L’ultima città su cui hanno il pieno controllo è Misurata. Quanto ci metterà il Colonnello con le sue milizie (molto più addestrate dei ribelli) a stanarli e distruggerli? E poi è possibile cercare di trattare? Io non credo, è quarant’anni che sta su quella poltrona e ci ha lasciato lo stampo del suo sedere fin troppo profondamente. Sarebbe magnifico riuscire a convincerlo a smettere di sparare coi carri sui civili, ma è impossibile farlo. Anche fermare il flusso di armi da Serbia, Jugoslavia, Siria, Ciad è impossibile, complici le mafie europee e asiatiche (penso a quella russa, ma anche alla Triade cinese). A fronte di questa impossibilità diplomatica l’ Europa e l’ ONU non possono aspettare che lui finisca le munizioni sui suoi cittadini. I bombardamenti, per quanto non privi di effetti collaterali fino ad ora hanno distrutto solo gli obbiettivi sensibili che si erano prefissati, le vittime tra i civili (fatte dalla Coalizione) sono una minima parte di quelle che farebbe e sta facendo Gheddy restando li.
I fattori economici sono stati da sempre scatenanti di guerra ed essendo questo un mondo capitalista è scontato che molti paesi dicano si alle azioni militari in paesi con presenza di grezzo. Il petrolio non sta aumentando e si sentono quindi giustificati ad agire per cercare di prenderne il controllo, ma questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che noi, se Gheddy dovesse vincere cominceremmo a pagare prezzi allucinanti per quel grezzo, mentre restando a casa, ci ritroveremmo presto senza il petrolio da cui ormai siamo dipendenti…Davanti a questo bivio un intervento di terra che abbatta il regime e permetta un trattato commerciale (e non un ricatto) mi sembra la soluzione migliore.
Pier Luca, apprezzo la tua franchezza e il coraggio delle tue posizioni, ma, naturalmente, non le condivido.
Potrei iniziare citando l’articolo 11 della Costituzione, quella per cui hanno versato tanto sangue i nostri Partigiani: “L’Italia ripudia la guerra…..” e già questo sarebbe un buon motivo per opporsi a questa ennesima ingerenza del mondo occidentale verso un altro stato.
Ma sarebbe troppo facile fare della retorica rievocando i Partigiani ed allora cerco di approfondire.
Noi, e con noi intendo Rifondazione Comunista, stavamo con i giovani rivoltosi sia libici che degli altri stati dell’Africa mediterranea ben prima dell’intervento degli stati occidentali. Noi siamo stati contro il dittatore Gheddafi quando il nostro Silvietto gli baciava le mani, Sarzò gli faceva il filo per il ottenere il petrolio e Obama lo cancellava dagli “stati canaglia” e lo riammetteva tra gli “stati normli”…perchè? Forse per il petrolio?
E qui arrivo ai meccanismi che fanno scoppiare le guerre, quelle a cui ci dobbiamo opporre comunque: economici e territoriali, quelli che ci fanno chiamare queste guerre imperialistiche. Quelli economici sono fin troppo evidenti….gas, petrolio e quantaltro; c’è qualche “democrazia occidentale” che si scandalizza per gli omicidi di questi stessi giorni nello Yemen? C’è qualcuno che inorridisce per le condizioni di vita in cui il democratico Isreale tiene i Palestinesi della striscia di Gaza? No perchè lì non c’è trippa per i gatti, non ci sono ricchezze da spartirsi. Imperialista per le mire espansionistiche che le varie nazioni occidentali hanno su quei luoghi, e le mire non riguardano, come una volta, la conquista dei territori per la crezione di un impero….Tripoli bel sol d’amore….ma la conquista di mercati economici, il bisogno di piazzare armi…mi spiego?
Per questo noi comunisti non possiamo pensare che una qualsivoglia situazione di questo genere si possa risolvere con le armi; noi siamo e saremo sempre per la trattativa diplomatica tra le parti, per le sanzioni economiche, anche dure, per gli embarghi e per lo sviluppo, in questo modo, della democrazia.
Noi siamo al fianco dei rivoltosi anche ora “senza se e senza ma”; per questo abbiamo chiesto da tempo la rottura dell’accordo (anche militare !!) tra Italia e Libia, per questo abbiamo chiesto il blocco dei beni libici all’estero, l’interruzione degli accordi commerciali, l’isolamento politico immediato di Gheddafi, l’invio di aiuti umanitari immediati attraverso l’ONU e l’Unione Africana, l’accoglienza dei migranti, il supporto di cibo e di beni di prima necessità ai movimenti libici in rivolta.
Ecco, questo è quello che vorremmo noi comunisti la pace e la trattativa per prevenire la guerra e non la guerra per poter poi discutere della pace
Non penso che quello che state per leggere piacerà. Io sono un Giovane Comunista, sono convinto che un mondo senza armi e guerra sarebbe un gran bel mondo, degno solo, però, di un libro di favole… l’assenza di armi è impossibile in un mondo capitalista come questo, in quanto le armi sono un business, un business che dura da tutta l’umanità, da quando le scimmie che si uccidevano con le ossa in “2001: Odissea nello Spazio” hanno capito se avessero venduto quelle ossa ad altre scimmie avrebbero potuto arricchirsi e vivere in modo migliore degli altri.
Detto questo, per parlare di pratica, dirsi contro la guerra in generale trovo sia giusto (per quanto utopistico), ma parlando della Libia ritengo sia meglio prendere la decisione se stare dalla parte dei ribelli oppure restarne fuori e continuare a strillare i vari NO ALLA GUERRA. Personalmente preferisco cercare di dare una mano ai ribelli, o meglio al popolo libico, a liberarsi del dittatore che da quarant’anni li opprime. Come fare? Bombardare i suoi mezzi corazzati che sparano addosso ai civili e agli aerei che bombardano i loro connazionali non trovo che siano metodi sbagliati (e qua forse sarò l’unico a pensarla così), ma questo non basterebbe comunque perchè il dittatore sarebbe ancora li…io penso che la soluzione più rapida si troverebbe assaltando direttamente con le forze della coalizione i centri importanti dei sostenitori di Gheddafi, conquistarli , con l’aiuto dei ribelli e mantenerli cercando, mel frattempo, di stanare il capo delle serpi…Questa soluzione verrebbe a mio avviso sicuramente adottata ad un certo punto del conflitto, ma sarebbe in ritardo e causerebbe maggiori perdite tra i civili a causa dei miliziani. Quello che intendo è, che, se la priorità è fermare il massacro da parte del dittatore, l’ Unione Europea non può aspettare e deve dare un forte colpo al tavolo per bloccare il gioco. Allora andrebbe restituita alla Libia la sovranità popolare, la democrazia ormai dimenticata e la possibilità di sviluppo sociale che finora le sono mancate.
Oh cavolo finalmente scrivi un commento Pierino
Ti porto un esempio che ho letto oggi sul manifesto. Quando gli USA lanciarono la bomba atomica in Giappone il Presidente disse che era un atto necessario, che serviva a salvare 43mila persone dalla furia nipponica…ammazzandone però, tra morte immediata e morte da radiazioni in seguito, tra le 400-500mila, cioè 10 volte quelle che si salvarono a dire del Presidente.
Cosa voglio dire? Questa è una guerra difficile da interpretare e da decifrare, è difficile comportarsi per un movimento contro la guerra. Quindi è difficile per noi comunisti, che siamo contro le guerre. Occorre fare molta attenzione al modo con il quale ci si pone di fronte a questo conflitto che ha aspetti da guerra civile, aspetti repressivi, aspetti rivoluzionari, secessioni tribali probabilmente in corso. E c’è Gheddafi, il dittatore sanguinario amico e partner commerciale fino a 3 settimane fa di chi oggi lo bombarda. Non dobbiamo cadere nella trappola di sembrare, per il solo fatto di essere contro la guerra, conniventi di un Gheddafi macellaio alla fine, lontanissimo da quel Gheddafi che 40 anni fa riuscì in qualche modo ad entusiasmare la sinistra di tutto il mondo. Gheddafi è nostro nemico ed è da avversare, così come è da avversare un’indebita violazione della autodeterminazione del popolo libico quale è questa guerra mossa da ragioni economiche, petrolifere, una guerra la cui utilità, non dimentichiamolo, è anche quella di distrarre le opinioni pubbliche dalla questione giapponese e dai reattori che tracimano radiazioni mortali, ed è anche quella di testare in tempo reale e contro obiettivi reali armamenti progettati per attacchi nucleari in vista di un futuro devastante conflitto atomico, magari tra occidente e oriente, magari contro l’Iran. Una guerra i cui aerei stavano già partendo quando la firma della risoluzione ONU ancora non era stata apposta.
Noi abbiamo innumerevoli argomenti contro questo nuovo, ennesimo, sporco conflitto moderno. 110 missili Tomahawk lanciati in 15 minuti su Tripoli causando anche moltissime vittime civili non possono essere la soluzione a questa situazione impastata.
Si forniscano mezzi, cibo e cure ai ribelli piuttosto, si dialoghi anche con l’unione africana sulla possibile soluzione, si tenti la mediazione diplomatica come suggerisce Evo Morales. Ma NON si mandino i Tornado, e soprattutto non li si mandi se questi, come pare, sono propedeutici ad una futura occupazione militare terrestre del territorio libico che ci porterebbe ad una situazione iraquena e afghana.
I ribelli vogliono conquistarsi l’indipendenza e la libertà e la democrazia. Non vogliono che qualcuno la conquisti al posto loro a suon di missili e bombe e che poi, senza che se accorgano, gli sostituisca una dittatura alla Gheddafi con una occidentale del denaro e del consumo.
Perdona la lunghezza ma…Che ne dici?
Si ad un ultimatum a GHEDDAFI:
Lui e i suoi figli e parenti via dalla libia: ospiti di chavez.
Quindi fine delle ostilità e governo agli insorti. Poi elezioni libere e democratiche.
ESPORTIAMO LA DEMOCRAZIA !!
ma tu sei fuori di testa! esportare la democrazia è il modo con cui gli americani esportano il loro modello di vita e il loro imperialismo… ogni popolo ha diritto ad autodeterminarsi e scegliere il proprio governo!
No a Gheddafi e No alla guerra impaerialista di Usa ed Europa in Libia…Si ad una svolta socialista della rivoluzione Libica, che Chavez intervenga a sostegno del popolo libico rivoluzionario e non faccia l’antiamericano senza se e senza ma appoggiando quel fascio di Gheddafi in nome dell’antiamericanism o…
NO ALLA GUERRA DEL PETROLIO
Contro l?aggressione imperialista
Deboli con i forti e forti con i deboli. È questa la politica del Governo
italiano pronto a baciare le mani e non solo a Gheddafi, e poi a mettersi al
servizio dei potenti per andare a fargli la guerra. Infatti è pienamente
coinvolto nell?aggressione contro la Libia.
Nel tentativo di salvare il salvabile del proprio interesse imperialista il
governo, dopo avere fatto affari con gas e petrolio e per conto degli
industriali nostrani con lucrosi investimenti, utilizzato i capitali libici
nelle banche come Unicredit, nelle imprese come Fiat, Fincantieri, Juventus?
e utilizzato la Libia come immenso centro di detenzione, repressione e
contenimento dell?emigrazione africana e non solo, eccolo accodarsi alle
spinte guerrafondaie di Francia, Inghilterra e Stati Uniti.
Sotto la copertura Onu e Ue sono in molti che vogliono andare a conquistare
e garantirsi il ?posto al sole?, naturalmente sotto la solita ipocrita
motivazione degli aiuti umanitari e appoggio al cosiddetto processo di
?democratizzazione? del cosiddetto ?consiglio provvisorio della Libia? come
un branco di lupi pronti a buttarsi sulla preda per sbranarla e accaparrarsi
ognuno il proprio pezzo di carne.
Usa, NATO, i paesi dell?Ue, Israele, i paesi reazionari del nord Africa e
dell?Arabia, complici dello sfruttamento dei popoli nell?area pur con
diverse sfumature (questioni di politica interna: per la Francia Sarkozy in
discesa, per la Germania elezioni in vari laender), sono uniti nell?
aggressione per spartirsi il bottino, sulle spalle dei paesi aggrediti.
Non facciamoci ingannare da come gli imperialisti e i loro servi intendono
portare la ?democrazia? uccidendo civili. Appoggiati da faziosi mass-media
che – dopo le roboanti notizie fasulle – adottano lo stesso schema più volte
visto: guerra umanitaria, bombardamenti mirati, scudi umani.
Già visto in Jugoslavia con il governo D?Alema, in Somalia, Iraq ed in
Afghanistan. Sono le stesse forze imperialiste che appoggiano Israele nella
sua aggressione continua contro la Palestina e nascondono la repressione di
Yemen e Bahrein (dov?è in atto un?occupazione militare, rastrellamenti
notturni con metodi nazisti e sequestro di oppositori).
L?apertura di un terzo fronte di guerra contro la Libia non è per i diritti
del popolo quanto per i giacimenti di petrolio e gas, strategici di fronte
all?acutizzarsi della crisi economica internazionale.
Non si opera per la pace chiedendo lo scudo della Nato per la difesa del
nostro paese come ha fatto D?Alema né schierandosi come il Pd (che continua,
dopo il patriottismo del 17 marzo, il sorpasso a destra con la chiara
posizione proNato), Vendola ecc. – e lo stesso Presidente della Repubblica –
con le forze di destra sostenendo la guerra in nome della ?giustizia?.
Né votando a favore della mozione presentata al Parlamento Europeo che
legittima l?intervento imperialista, come ha fatto il Partito della sinistra
europea cui fanno riferimento lo stesso Prc e la Federazione della sinistra,
ma lottando per affermare il principio dell?autodeterminazione dei popoli,
della neutralità e della lotta contro le politiche imperialiste in primo
luogo quelle del nostro paese.
Non è offrendo il nostro territorio come base logistica delle aggressioni,
attraverso le basi Usa e Nato sparse in tutto il nostro paese, ma uscendo
dal Patto Atlantico e chiudendo tutte le basi Usa che occupano il nostro
paese.
Noi comunisti chiamiamo alla lotta contro l?imperialismo perché il nostro
paese rispetti l?art. 11 della stessa Costituzione borghese e si impedisca
che diventi un bersaglio.
Chiamiamo alla lotta per battere il governo Berlusconi, governo dei servi
dell?imperialismo, di avventurieri, fascisti, mafiosi e faccendieri, di
scandali e ruberie. Che, forte con i deboli, taglia su scuola, servizi
sociali, pensioni, ma, debole con i forti, aumenta le spese militari con l?
acquisto di nuove armi e il mantenimento delle truppe all?estero.
Chiamiamo alla lotta per rompere il muro del consociativismo (significativa
è la posizione di alcuni sindacalisti Cgil), il balletto che continua tra
maggioranza e opposizione. Il proletariato e le masse popolari non
giudichino le forze politiche in base al nome o a come si definiscono, ma in
base alle posizioni che assumono rispetto alla classe borghese e
capitalista, da come rispondono agli interessi dei monopoli interni e
internazionali e rispetto alle potenze imperialiste nel loro complesso.
Gli aiuti contro la Libia non sono umanitari, impediamo la partecipazione
dell?Italia e l?uso delle Basi Usa e Nato
Fuori le basi Usa-Nato dall?Italia. Fuori l?Italia dalla Nato
No alla nuova guerra imperialista per il petrolio in Libia
Sosteniamo i movimenti e i popoli in lotta per consentire la crescita delle
forze rivoluzionarie nella costruzione nei loro paesi di società
democratiche e socialiste affinché questi popoli siano liberi dal controllo
e dall?ingerenza delle potenze imperialiste e possano decidere liberamente
del proprio destino
Comitato comunista Toscano, Firenze
[email protected]
“La guerra è iniziata. Lo sapevamo, lo avevamo ampiamente previsto”.
Scusa ma lo hai previsto quando i ribelli hanno conquistato mezza Libia
o quando Gheddafi li ha ricacciati da quasi tutte le città?
Per te è
preferibile che i ribelli rovescino Gheddafi o che rimanga al potere o
che vinca il più forte o l’importante è che si rimanga a guardare
qualsiasi cosa accade?
Il rovesciamento a domino di tutti i governi del
Nord Africa che si sta espandendo anche ad altri paesi arabi è stato
provocato dai colonialisti o dai popoli stessi?
Abbiamo iniziato a prevederlo da diverse settimane, da quando Obama – che aveva nicchiato sulla rivolta egiziana, dicendo che avrebbe auspicato una “lenta e ordinata transizione” – ha dichiarato che sulla Libia gli Usa “non avevano le mani legate”.
Non ho simpatie per Gheddafi, se è quello che insinui. Penso tuttavia che a cacciare Gheddafi debba essere il popolo libico, e non i bombardamenti di potenze straniere. Che, come è noto, uccidono il popolo libico, non altro.
Quanto al Nord Africa, ai Paesi arabi e alle rivolte in corso, non si può generalizzare. Ogni caso va indagato separatamente. Quel che è certo, rispetto alla Libia, è che le potenze colonialiste hanno soffiato sul fuoco e ne hanno prontamente approfittato. Come ci sta raccontando la cronaca di questi giorni.
US AFRICOM e i Marines per la guerra contro la Libia
di Antonio Mazzeo
Washington annuncia la propria disponibilità a cedere a Francia e Gran Bretagna la leadership nella conduzione della guerra contro la Libia ma potenzia intanto il proprio dispositivo militare nel Mediterraneo. La forza anfibia di pronto intervento Bataan ARG salperà entro 48 ore dalla costa atlantica degli Stati Uniti d’America per raggiungere le unità navali già impegnate nelle operazioni di bombardamento contro il regime di Gheddafi. “La task force sarà attiva sin dalla prossima settimana”, ha affermato il portavoce del comando della II Flotta della marina militare statunitense. “ La Bataan ARG opererà a supporto del piano d’intervento USA ed internazionale associato alla crisi in Libia ed è preparata a condurre missioni che vanno dalla presenza navale avanzata alle operazioni di sicurezza marittima, alla cooperazione di teatro e all’assistenza umanitaria”.
Della forza di pronto intervento faranno parte la nave d’assalto Bataan, una delle unità maggiormente impegnate in questi anni nelle operazioni di guerra in Iraq, la nave da trasporto Mesa Verde e la portaelicotteri Whidbey Island. Le unità imbarcano complessivamente 3.200 marines, una decina di nuovi aerei multimissione a decollo verticale V-22 “Ospreys”, una ventina di elicotteri d’assalto CH-46 “Sea Knight” e CH-53E “Super Stallion” e un imprecisato numero di sofisticati sistemi missilistici e cannoni navali. Prima di salpare per il viaggio attraverso l’oceano, sulle unità della task force saranno imbarcati gli uomini e i mezzi della 22nd Marine Expeditionary Unit di stanza nella base di Camp Lejeune, North Carolina, unità di pronto intervento più volte operativa negli scacchieri di guerra mediorientali e in Africa orientale e occidentale. Con i marines viaggeranno pure il Tactical Air Control Squadron 22 dell’US Air Force con
base a Davis-Monthan, Arizona, l’Helicopter Sea Combat Squadron 28 della US Navy di San Diego, California e il Fleet Surgical Team 8 di Little Creek, Virginia.
Sempre secondo il Comando della II Flotta USA, “l’installazione della forza anfibia è stata accelerata per aiutare le unità del Kearsarge Amphibious Ready Group che opera nel Mediterraneo dall’agosto 2010” e che è uno dei maggiori protagonisti del conflitto scatenato contro la Libia. Di questo gruppo anfibio fanno parte la nave d’assalto “Kearsarge” (1.893 marines, 27 aerei V-22, 6 elicotteri SH-60F più una serie di batterie missilistiche “Sea Sparrow” e “Rolling Airframe”), l’unità da trasporto “Ponce” (516 uomini e una dozzina di elicotteri d’assalto) e la nave da sbarco “Carter Hall” (419 marinai). A bordo sono ospitati pure l’Helicopter Sea Combat Squadron 22 della United States Navy Riserve, dotato di elicotteri MH-60S “Knight Hawk” e la 26th Marine Expeditionary Unit del corpo dei marines, che con i propri aerei a decollo verticale “AV-8B Harrier II” ha tempestato i target terrestri libici con bombe
a caduta libera Mk 82 e 83 e con missili aria-superficie AGM-65 “Maverick” e AGM-88 “HARM”. Le altre unità impegnate sono la nave-comando della VI Flotta “Mount Whitney”, i cacciatorpedinieri della classe “Arleigh Burke” Mason, Barry e Stout (quest’ultimo più volte approdato a Palermo ed Augusta), armati con i sistemi a lancio verticale “ASROC” e con i micidiali missili da crociera per l’attaccato a terra “Tomahawk” con un raggio di azione di 1.700 miglia nautiche, 120 dei quali utilizzati nelle prime 24 ore di conflitto. Secondo quanto denunciato dal ricercatore Massimo Zucchetti, del Politecnico di Torino, i “Tomahawk” conterrebbero al proprio interno uranio impoverito per perforare le corazze dei mezzi blindati, con la conseguenza che si ripeta in Libia l’inquinamento radioattivo scatenato con l’intervento “umanitario” in Kosovo nel 1999.
Il Dipartimento della difesa ha schierato nel Mediterraneo pure due sottomarini a propulsione nucleare della classe “Los Angeles” (Providence e Scranton) e uno della classe “Ohio” (Florida), anch’essi dotati di “Tomahawk”. Alle operazioni di guerra parteciperebbe pure la portaerei nucleare USS Enterprise, la più lunga al mondo (393 metri, 66 caccia e un equipaggio composto da 3.500 marinai e 1.500 aviatori), dislocata da una decina di giorni nelle acque del Mar Rosso.
Sino ad oggi, il comando delle operazioni statunitensi è stato attribuito dal presidente Obama e dal segretario alla difesa Gates al generale Carter Ham, responsabile di US Africom, il comando per le operazioni USA nel continente africano basato a Stoccarda. Dal punto di vista operativo, la joint task force Odissey Dawn è posta sotto il comando dell’ammiraglio Samuel J. Locklear III a capo di US Naval Forces Europe and Africa (Napoli). La forza d’intervento è supportata da due componenti, una per le operazioni marittime (il comando è a bordo della nave Mount Whitney), e unaa per le operazioni aeree, con base a Ramstein (Germania). Il bombardamento contro la Libia è un vero e proprio battesimo di fuoco per Africom. Nei primi giorni di marzo, il comando statunitense aveva pure coordinato le operazioni di trasporto aereo al Cairo di oltre un migliaio di lavoratori egiziani fuggiti in Tunisia dalla Libia.
Nel corso di un briefing, il vice-ammiraglio Bill Gortney, direttore dello staff congiunto di Odissey Dawn, ha dichiarato che ai bombardamenti hanno già partecipato 15 cacciabombardieri dell’US Air Force (tre aerei invisibili B-2 “Spirit Bomber”, quattro F-15 ed otto F-16. L’alto ufficiale non ha voluto rivelare le basi da cui sarebbero partiti gli aerei, ma ha ammesso che alcuni di essi “hanno richiesto il rifornimento in volo da parte di alcuni aerei cisterna”. “Durante le loro missioni – ha specificato Gortney – tutti i velivoli da guerra hanno sganciato bombe a guida GPS”. È presumibile che buona parte dei caccia siano partiti dalla base aerea di Aviano (Pordenone), sede di due squadroni della 31esima fighter wing dell’aeronautica militare statunitense e dove – secondo fonti ufficiali del Pentagono – nella giornata del 18 marzo sono stati trasferiti cinque caccia F-18, due aerei da trasporto C-17 e un C-130 USA.
Agli attacchi contro target libici hanno poi partecipato gli AV-8B “Harrier II” del Corpo dei marines, decollati dalla nave d’assalto Kearsarge, i velivoli EA-18G “Growlers” dell’US Navy per la guerra elettronica e il rilevamento dei segnali radar, gli aerei-spia RC-135 “Rivet Joint”, dotati di apparecchiature per la raccolta dati e l’intelligence, e gli EC-130H “Compass Call” in grado di disturbare le comunicazioni nemiche. Sempre nel campo delle nuove tecnologie elettroniche, all’azione contro la Libia partecipano i velivoli senza pilota “Global Hawks” dell’US Air Force, operativi nella base siciliana di Sigonella dallo scorso mese di ottobre. Il Pentagono starebbe pure utilizzando altri velivoli UAV di minori dimensioni, come i “Reaper” e i “Predator”, armati con i missili per l’attacco terrestre “Hellfire”. È prevedibile, infine, che gli Stranamore d’oltreoceano non si lascino sfuggire l’occasione di
utilizzare il territorio libico per sperimentare i nuovi caccia supersonici “per la superiorità aerea” F-22 “Raptor”, con capacità stealth. L’inferno a Tripoli e Bengasi è un’ottima vetrina per i prodotti di morte del complesso militare industriale degli Stati Uniti d’America.
http://a.marsala.it/cronaca/29413-a-birgi-il-corteo-contro-la-guerra-di-rifondazione-e-dei-giovani-comunisti.html
Per fortuna che in Rifondazione c’è gente che tiene una linea giusta ed equilibrata… e non filo-rivoltosi dimenticandosi che la guerra l’hanno voluta loro e chiesta a gran voce loro… Gheddafi non è nostro amico, certo, ma non mi pare che oggi la priorità sia quella di attaccarlo e di dire che è un dittatore. Se quello fosse il problema, quanti dittatori andrebbero rovesciati nel mondo?
P.
Secondo me l’ONU dovrebbe dotarsi di un suo esercito vero e proprio. Con il cambiare degli equilibri storici (dissoluzione del patto di varsavia) la NATO non ha più senso. Allora facciamo un corposo esercito MONDIALE, l’Onu faccia un vero e proprio governo eletto a maggioranza dei paesi e questo esercito governato dal mondo sia la sentinella armata,nel mondo, a guardia delle atrocità commesse dai vari stati. Ovviamente si comincia con sanzioni, embargi ecc. Le armi devono essere l’ultima spiaggia . Però devono essere una opzione in campo che serve da deterrente, affinchè chi “sgarra” sappia che può essere colpito.Una polizia mondiale,che controlla una serie di “reati”. Non dobbiamo caricare però troppe responsabilità l’ONU, tipo controllare quanta democrazia c’è in uno stato. Ma solo “grandi” atrocità o invasioni di altri stati.
le rivoluzioni sono una cosa le invasioni militari sono un’altra… nessun popolo può decidere per un altro popolo quale è il suo destino ne tantomeno ha il diritto di farne scempio come gli americani fanno da 50 anni a questa parte… il modo migliore per tutelare i civili è evitare bombardamenti e qualsiasi altra forma di intervento militare straniero, se gheddafi è davvero un criminale potevano perlomeno evitare di sostenerlo come hanno fatto tutti i governi europei fino a sei mesi fa,quanto ai GC spero che sia chiaro ormai che razza di gente è quella del PD.. questi vanno persi a calci in culo fino a marte altro che accordo tecnico!!
I PARADOSSI DI UNA GUERRA ASSURDA
1) La “No fly zone” anglo americana fece 2000 vittime fra i civili in Iraq e ha fatto stragi di civili pure nei Balcani. Se la risoluzione dell’Onu ha l’obiettivo di difendere la popolazione civile, perché gli anglo-americani stanno uccidendo civili con bombe e missili da aerei e navi?
2) I “vantaggi” di questa guerra per noi italiani saranno: pericolo per anni e anni di attentati terroristici modello Lockerbie o peggio; pericolo imminente di bombardamenti; ondate di immigrati e profughi; aumento del prezzo dei carburanti e del gas.
3) il conflitto interno alla Libia è ben diverso dalle rivolte scoppiate negli altri paesi arabi. In Libia il reddito pro-capite è 6 o 7 volte superiore ai paesi vicini; la Libia attrae parecchia manodopera africana; non ci sono immigrati libici nei paesi europei; non c’è stato un crescendo di manifestazioni popolari né scioperi degli operai nei centri industriali come in Tunisia ed Egitto. C’è in Libia una guerra tribale dei ribelli della Cirenaica che sventolano la bandiera della Monarchia Idriss e chiedono interventi Nato contro il clan tribale tripolitano di un Rais paternalistico, assistenzialista e autoritario. La volontà da parte dei giovani di costruire una vera nazione liberandola definitivamente dal dominio dei clan familiari è purtroppo una minoranza nel Paese.
4) I “crimini” che, insieme a troppa propaganda, ci sarebbero stati, riguardano «tutte le parti in armi» a detta del Procuratore della Corte Penale Moreno Ocampo,
5) Il principio della “protezione internazionale della popolazione civile”, sancito dall’Onu vale a corrente alternata: non vale per lo Yemen e il Bahrein che stanno sparando sulla folla disarmata, non vale per gli F16 dell’aviazione israeliana che rasero al suolo il Libano o Gaza uccidendo migliaia di civili innocenti; non vale per i droni di Obama che un giorno sì e l’altro pure fanno strage fra i civili in Pakistan.
6) Perché questo paradossale imponente impiego di forze, spropositato in rapporto alle capacità militari del regime di Gheddafi? Si tratta solo di una operazione militare o di una corsa all’oro nero libico creando un regime fantoccio?
7) L’Onu dovrebbe prevenire i conflitti fra gli Stati, ma ha varato una decisione che sta allargando e diffondendo la guerra, sta provocando un attacco contro la famiglia di Gheddafi, sta tracimando in una invasione neocolonialista contro un Paese che ha diritto alla propria indipendenza e autodeterminazione.
8) Il piccolo Sarkozy solo pochi mesi fa offriva aiuti militari a Ben Alì per soffocare nel sangue l’inizio della rivolta tunisina. Gli apparecchi libici che volavano bombardando i ribelli in Libia sono gli stessi jet francesi venduti a Gheddafi proprio da Sarkozy con molte insistenze.
9) la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a detta del giurista internazionale Fabio Marcelli non può evidentemente di per sé travolgere il presidio normativo contenuto nella prima parte dell’art. 11 della nostra Costituzione
10) il centrosinistra con l’elmetto ogni volta si schiera col potente di turno, rendendosi complice delle guerre “umanitarie” e della “democrazia” dei bombardamenti
11) L’Italia dei Valori appoggia la risoluzione 1973 dell’Onu ed è (nota congiunta dei parlamentari Fabio Evangelisti, Leoluca Orlando e Stefano Pedica, membri della commissioni Esteri) “nettamente contraria ad un nostro intervento militare attivo in Libia”. Ma i nostri Tornado stanno volando bombardando la Libia!
12) È paradossale vedere tanti cattolici con l’elmetto. Si salva padre Alex Zanotelli.
13) “Tripoli sarà italiana, sarà italiana al rombo del cannon!”. È paradossale a 60 anni dagli avvenimenti del colonialismo italiano che provocò la morte di 100mila persone, rivedere un attacco militare italiano: la storia non ci ha insegnato niente?
IL NOSTRO SILENZIO CI FA DIVENTARE COMPLICI DELLE FUTURE STRAGI DI CIVILI.
FUORI L’ITALIA DA QUESTA NUOVA E SCIAGURATA GUERRA.
SOSTENIAMO OGNI AZIONE LEGITTIMA CHE CONTRIBUISCA A FERMARE LO SPARGIMENTO DI SANGUE E A TROVARE UNA SOLUZIONE POLITICA ALLA CRISI.
Il sapore acre della presa in giro… Oggionni metti in rete questo articolo!
“Compagni, retromarcia: No alla guerra in Libia senza se e senza ma”
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Dopo l’iniziale silenzio la sinistra radicale rompe gli indugi e si schiera compatta contro l’intervento anti Gheddafi
La sinistra di governo a favore e quella alternativa contro. Anche l’intervento militare contro la Libia ripropone divisioni abituali nella gauche italiana, e gli appelli alla mobilitazione della galassia radicale sono già partiti. Dopo un primo giorno di parziale silenzio ora, dopo che le bombe hanno illuminato la notte di Tripoli, anche Vendola si è schierato con il fronte pacifista. Chissà se ci sarà la primizia di una manifestazione congiunta anti guerra imperialista con Diliberto e Feltri in testa al corteo.
QUATTRO GUERRE, SINISTRA DIVISA – Il bombardamento della Libia è il quarto intervento militare che vede in qualche modo coinvolto il nostro Paese in poco più di 10 anni. Kosovo 1999, Afghanistan 2001, Iraq 2003 e ora è arrivato l’intervento Onu contro Gheddafi. La sinistra si è spesso divisa su questo interventi. Sul Kosovo la maggioranza dell’Ulivo al governo era ovviamente a favore, ma le voci critiche a sinistra erano numerose. Rifondazione comunista era nettamente contraria, così come la galassia extra parlamentare. L’Afghanistan vide una simile situazione, anche se poi il protrarsi dell’intervento mise in grande difficoltà chi all’inizio l’aveva appoggiato. I Ds si spaccarono come una mela in Parlamento nel voto sul rifinanziamento della missione in Afghanistan nel 2002, anche per i venti di guerra che spiravano sull’Iraq. La guerra a Saddam Hussein fu invece contrastata dallo schieramento progressista nella totale interezza, anche se la successiva missione italiana nell’Iraq occupato dagli americani ha provocato più di una fibrillazione, fino alla decisione del governo Prodi di ritirare le truppe pochi mesi dopo essere tornato a Palazzo Chigi. La pax politica sull’Iraq però non servì però per placare le rissose divisione dell’Unione sulla politica estera, tanto che il governo andò in crisi pochi mesi dopo sull’ennesimo rifinanziamento della missione a Kabul. Da allora la sinistra italiana ha sperato che Obama riportasse un po’ di calma sullo scenario mondiale, ma il presidente americano non ha ancora invaso un Paese straniero ma certo non ha risparmiato l’esercito americano nei suoi due anni e mezzo alla Casa Bianca. Il precipitare della crisi in Libia ha riproposto antiche divisioni, anche se il grosso del centrosinistra si è schierato a favore dell’intervento coperto dal feticcio di solito sacro del progressismo italico, l’Onu.
VENDOLA IL CONTORSIONISTA – Il politico più popolare della sinistra italiana, AD 2011, è indubbiamente Nichi Vendola, che ha deciso di superare le abituali divisioni del Pd fornendo praticamente il sostegno a tutte le posizioni sul conflitto libico, convinto sì alla guerra a Gheddafi a parte. Venerdì il presidente della Puglia ha ritirato fuori dall’armadio il Ma anche veltroniano per appoggiare l’intervento bellico contro Gheddafi.
“Dobbiamo lavorare -dice Vendola a margine di un convegno di Sinistra ecologia e liberta’ sulla giustizia- per impedire il massacro dei civili in Libia ma anche per evitare che si ripetano copioni tragici che hanno visto soluzioni militari precipitare in pericolosi e terribili pantani”. “Dobbiamo impedire -insiste Vendola – che Gheddafi completi la sua macelleria civile, ma anche vigilare con cautela che l’opzione militare non si trasformi in qualcosa di imprevedibile. Serve infinita saggezza da parte di tutti”.
La svolta moderata e dal sapore atlantista è piaciuta molto poco ai compagni, che quando militivano negli altri partiti che hanno poi costituito Sel si erano sempre schierati contro tutti gli interventi. E difatti Vendola, meno rapido di un pilota di Formula 1, ha innestato prima la retromarcia
Esprimiamo grande preoccupazione per lo sviluppo degli eventi in Libia, dopo l’inizio delle operazioni militari. Preoccupazione ancor più aggravata dalla notizia del sequestro a Tripoli dell’equipaggio di un rimorchiatore italiano da parte delle autorità del governo di Gheddafi”. Ad affermarlo è Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà, che stamani ha riunito a Roma il coordinamento nazionale per una valutazione sulla vicenda libica. Nelle prossime ore sarà reso noto un documento di Sel. “Chiediamo – prosegue il leader di Sel – che siano da una parte attivate tutte le iniziative a tutela dei nostri connazionali in Libia e dall’altra sia attivato un corridoio umanitario che garantisca la sicurezza delle popolazioni civili. Il governo Berlusconi – insiste Vendola – sia responsabile: dopo i baciamano a Gheddafi ed essere stati i primi della classe nel rapporto con quel regime, oggi – per far dimenticare quella vergogna – non trasformi l’Italia, anche per le ragioni storiche ben note del colonialismo italiano in quella Nazione, nel primo della classe nelle operazioni militari. E’ necessario infine – conclude Vendola – che si riapra subito lo spazio del negoziato, e si impedisca l’escalation senza controllo”
E poi ha pubblicato un documento di assoluta contrarietà all’intervento contro la Libia, riposizionando il suo partito su quella di Lega Araba e Unione Africana, quando mai questi due organismi multilaterali la troveranno, e lanciando un appello alla mobilitazione di piazza contro la guerra in Libia.
La guerra contro la Libia è la risposta più sbagliata e pericolosa alla domanda di democrazia che si è affermata in tutto il Mediterraneo nel corso degli ultimi mesi. Chiediamo un immediato cessate il fuoco per consentire l’avvio di un negoziato tra le parti che abbia come interesse superiore quello della protezione delle popolazioni civili, con l’obiettivo di mantenere l’integrita’ e l’autonomia di quel Paese sotto un nuovo governo democratico. Chiediamo che si apra subito un corridoio umanitario per consentire ai profughi di salvarsidalla guerra e l’immediata predisposizione degli strumenti piu’ adeguati per garantire ad essi un’accoglienza su tutto il territorio europeo. A meno di ventiquattro ore dall’avvio dei bombardamenti da parte della Coalizione dei volenterosi appare evidente che lo scenario più probabile è quello di una vera e propria escalation militare, che potrebbe portare ad esiti che vanno ben oltre la stessa risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ivi compresa l’invasione militare terrestre delle forze della coalizione. Per questo chiediamo che il nostro Paese non partecipi, in ottemperanza all’articolo 11 della Costituzione e anche in ragione del passato colonialista dell’Italia, alla guerra promossa dalla cosiddetta Coalizione dei volenterosi e che, al contrario, l’Italia si faccia promotrice di una iniziativa politica per determinare il cessate il fuoco e l’apertura del tavolo negoziale, oltre a richiedere l’applicazione delle parti della risoluzione 1973 che consentirebbero di promuovere un’ intervento positivo per il cambio del regime e la protezione dei civili. Per ottenere questo risultato è fondamentale il coinvolgimento dell’Unione Africana e della stessa Lega Araba, che stanno prendendo pesantemente le distanze dall’intervento militare. Gli stessi Paesi che si sono astenuti sulla risoluzione 1973, a partire dalla Cina passando per la Germania, il Brasile e la Russia, stanno indicando nell’intervento militare una forzatura della stessa risoluzione. Siamo convinti che questo sia il momento di coinvolgere l’opinione pubblica in una generale mobilitazione per i diritti umani, la democrazia e la pace. Proprio per questo chiediamo di non militarizzare innanzitutto i pensieri, di non abbandonare mai lo spirito critico e la cognizione delle conseguenze che gli atti di queste ore possono determinare. La costruzione della pace è l’unica alternativa e non possiamo scoraggiarci dicendo che il suo raggiungimento sia pieno di ostacoli. Costruire la pace significa dire la verità, emanciparsi da ogni logica di campo, essere contro i dittatori senza esitazioni e stare sempre dalla parte delle popolazioni che subiscono le violenze delle guerre.
CHIESA E STRADA, GLI IRREMOVIBILI – Il suono dei caccia militari genera da sempre le dichiarazioni di Gino Strada. Il medico di Emergency ha opposto finora tutti i conflitti bellici che hanno visto coinvolto in qualche modo il nostro Paese, e la sua posizione è quantomeno coerente con ciò che ha sempre detto e fatto in passato.
Come la Costituzione’, anche Gino Strada, fondatore di Emergency, si dice ‘contro la guerra’ in Libia.
‘Io sono contro la guerra. Lo dico da lustri e continuo a essere contro la guerra’, ha affermato Gino Strada che, replicando all’affermazione che l’intervento dell’Onu avverra’ per fermare gli attacchi di Gheddafi contro i civili, ha detto ‘E perche’? Chi li fermera’ mirera’ dritto a Gheddafi?’. ‘Probabilmente anche nell’intento di Gheddafi – continua Strada – non si vogliono colpire i civili. Ma non e’ questo il problema. Il problema e’ il ricorso allo strumento guerra. Io sono contrario alla guerra per tante ragioni, una delle quali e’ che sono italiano e ho una Costituzione che ripudia la guerra’.
Una posizione condivisa da un altro fronte della galassia antimilitarista, il Tavolo della Pace che è uno dei principali organizzatori della marcia Perugia-Assisi e da sempre promuove la cultura pacifista. La prima dichiarazione era genericamente contro la guerra, anche se i toni erano sfumati e si rimpiangeva l’assenza di un’autorità super partes che possa risolvere i conflitti internazionali.Gia’ da giorni la Tavola della Pace ha chiesto di non andare alla guerra:
‘Per alcuni la soluzione e’ una sola, come in ogni altra crisi: l’intervento militare. E’ la sola cosa che riescono a concepire, specialmente quando c’e’ di mezzo, come in questo caso, il petrolio. In realta’, la comunita’ internazionale non dispone di veri e propri strumenti di intervento. E’ una triste, amara e sconfortante realta’. Per essere efficace, l’intervento dovrebbe essere gestito da una autorita’ sopranazionale, super partes, credibile. Chi interviene non deve avere secondi fini ma un solo obiettivo: proteggere la popolazione, difendere i diritti umani, impedire il massacro di civili innocenti’
La pioggia di bombe su Tripoli ha fatto invece cambiare opinione al coordinatore della Tavola per la Pace Flavio Lotti, citato insieme ad altri esponenti del mondo dell’associazionismo su Famiglia Cristiana
Non è in questo modo che si difendono i diritti umani, le modalità scelte da alcuni Paesi per attuare la risoluzione dell’Onu rischia di moltiplicare i problemi e non di risolverli: si fermi la spirale della violenza, cessino i bombardamenti; di tutti
che prosegue rimarcando come
Dall’altro lato abbiamo Stati e Governi che non riescono a immaginare altro che guerre vere e proprie, senza nemmeno sapere come condurle a termine. Si sa sempre come si inizia, mai come si finisce, e questo adagio vale oggi più delle altre volte.
La frangia più radicale dell’associazionismo pacifista si è invece subito schierata contro l’intervento in Libia, senza il minimo se e il minimo ma. Il suo rappresentate più vocale, Giulietto Chiesa, ha subito promosso un appello contro l’aggressione a Gheddafi e ai civili, ma la petizione su Internet ha raccolto finora poco più di 2 mila firme.
COMUNISTI SUBITO MOBILITATI – Nell’estrema sinistra invece i dubbi non sono mai mancati, fin dall’inizio. La Federazione della Sinistra è unita nel rifiuto alla guerra, ovviamente motivata con la Costituzione italiana che la vieta. Le posizioni sono sono state chiarissime fin da subito
L’intervento contro Gheddafi è un errore, il segretario del Pdci-Federazione della sinistra Oliviero Diliberto ha criticato la risoluzione dell’Onu e la decisione del Governo italiano di adeguarsi. “Non ha insegnato nulla la guerra infinita – e persa – in Afghanistan, che ha avuto come unico risultato la morte di migliaia e migliaia di civili innocenti e di militari”. “L’Onu – ha aggiunto Diliberto – fa una risoluzione in cui nei fatti dichiara guerra alla Libia e l’Italia, priva di ogni autonomia politica e di qualunque autorevolezza, oscillando tra il baciamano e le bombe, chiude immediatamente l’ambasciata italiana a Tripoli.
Il compagno segretario Ferrero la pensa proprio come il compagno segretario Diliberto
Siamo in guerra con la Libia. Ancora una volta in sfregio alla Costituzione italiana (e non possiamo accettarlo visto che pochi giorni fa siamo scesi in piazza in sua difesa) ed ancora una volta mossi solo da biechi interessi sul petrolio. Noi non abbiamo interessi e non facciamo il baciamano a nessuno: la nostra unica bussola è la pace”.”L’offensiva occidentale contro la Libia assume con ogni evidenza i tratti della guerra. Giustificata dalla necessita’ di creare una No Fly Zone per ragioni umanitarie in realta’ si caratterizza come una aggressione che mettera’ in ginocchio la Libia e il suo popolo. Le reazioni internazionali inoltre evidenziano che il consenso degli stati africani a questa azione non c’e’ e il rischio che questa aggressione si trasformi in una guerra e’ altissimo. Per questo chiediamo il cessate il fuoco immediato”. Lo afferma Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista. ’La decisione suona poi decisamente scandalosa se si pensa che paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar, che hanno una parte attiva nella sanguinosa repressione delle mobilitazioni popolari, partecipino a pieno titolo a questa missione militare. Completamente sbagliato che il governo italiano vi aderisca, con una decisione che contrasta lo spirito e la lettera della Costituzione. Contro queste decisioni vi saranno gia’ oggi presidi a Milano e rivolgiamo un appello a tutte le forze pacifiste per organizzare presidi unitari davanti alle Camere in occasione del voto di ratifica che si terra’ la prossima settimana’.
Gli appelli alla mobilitazione sono già partiti, e oggi i giovani comunisti hanno lanciato l’organizzazione di tutte le forme di protesta possibili contro la nuova guerra per il petrolio.
Care compagne e cari compagni, la guerra imperialista contro la Libia è iniziata. Dimostriamo nel nostro Paese quanto grande può essere la solidarietà internazionalista dei comunisti.
Simone Oggionni, portavoce nazionale Gc – responsabile Esteri Gc
I pacifisti, insomma, sono vivi e lottano insieme a noi
A sostegno del compagno socialista Gheddafi,contro l’imperialismo,la reazione ed i “ribelli” filo monarchici.
Ora anche gli azionisti di Uncredit ed in passato della Fiat sono socialisti?
Bene!
Tutti a comprare azioni come il compagno Gheddafi.
Non accostiamo Fidel a Gheddafi!
Concordo con Alessandro! La libia di fatto è una repubblica socialista solo di nome (basta guardare le azioni di Gheddafi nei vari titoli Unicredit, Juventus ecc…)
E’solo ipocrisia ed arroganza dell’occidente che si presenta alla guerra come difensore dei “diritti umani” e salvatore degli oppressi. E’ giusto difendere gli insorti contro Gheddafi al potere per 42 anni ma non è giusto tirare giù bombe per salvare il culo a Sarkosì ed Obama (luridi guerrafondai).A Gaza non c’è petrolio ma un assedio Israeliano opressivo ed attacchi a civili con armi non convenzionali che uccidono 1400 persone in una volta senza l’intervento dell’ONU e nemmeno dell’Europa, vergogna all’ONU ed agli USA che dichiarano VETO contro la risoluzine che richiede il congelamento degli insediamenti barbari in Palestina, se non è colonizzazione questa, ditemi cos’è.
Intervista al partigiano Giorgio Bocca
Il partigiano Giorgio Bocca ancora una volta si dimostra persona di grande lucidità e di grande saggezza. Forse Napolitano farebbe bene a leggerlo e riascoltarsi i discorsi di un suo predecessore: Sandro Pertini
Intervista a Bocca: «Tutti voltagabbana. Ieri i baciamano, oggi i bombardieri»
Daniela Preziosi
(il manifesto del 20/03/2011)
«Con che diritto noi dobbiamo andiamo a bombardare i libici? Non sono d’accordo». È l’ennesimo «non sono d’accordo con la guerra» che Giorgio Bocca pronuncia. Lo raggiungiamo alla notizia delle prime bombe sganciate in Libia dai caccia francesi. Bocca non ha bisogno di presentazioni. Classe 1920. Gli tocca commentare un’altra guerra, quella scoppiata ieri sera in Libia, a cent’anni esatti da quella italiana contro Tripoli. L’ultima guerra prima che lui nascesse.
Non è d’accordo con la missione dell’Onu in Libia?
No. Muammar Gheddafi fin qui stava al potere. I ribelli si sono rivoltati contro di lui. Noi che parte dobbiamo fare? Questo è una domanda a cui non saprei rispondere. Ma noi che parte stiamo facendo? In questo momento solo una: quella dei ricchi e potenti che vogliono mettere le mani sul petrolio libico. E non andiamo a raccontarcela diversamente diversamente.
Le Nazioni unite non dovrebbero organizzare la difesa degli insorti libici minacciati e uccisi dalle rappresaglie di Gheddafi?
Quando Israele attacca i palestinesi non si muove nessuno. Né mi pare che l’Onu si convochi in tutta fretta. Quella di oggi è chiaramente la reazione degli stati ricchi che su Gheddafi si sono improvvisamente ravveduti. Era il capo di una nazione. C’è stata una ribellione. Lui ha tutto il diritto di contrastare la rivoluzione che sta cercando di cacciarlo dal potere.
Per Gheddafi difendersi è legittimo?
Come è legittimo per i ribelli rivoltarsi. Ma noi che c’entriamo?
L’Italia non dovrebbe intervenire?
L’atteggiamento italiano è vergognoso. Prima Silvio Berlusconi parla di «amico libico», gli bacia la mano. Poi, oggi, vista la mala parata, fa l’antigheddafi. Alla fine ha ragione il raìs a dire che siamo traditori.
Scusi, difende Gheddafi?
Gheddafi è tutt’altro che raccomandabile. È un dittatore ridicolo. Basta vedere i suoi vestiti, i capelli tinti, la sua voglia di apparire giovane. È un Berlusconi del medio oriente. Ma fino a due mesi fa arrivava in Italia accolto dalle fanfare. Quindi proprio noi siamo gli ultimi titolati a criticarlo, figuriamoci attaccare la Libia. Per ragioni di coerenza. Siamo stati i suoi migliori alleati e compagni d’affari. La Juventus, addirittura, gli ha venduto una parte della società.
La posizione del governo è ipocrita?
È un governo voltagabbana.
Anche l’opposizione, almeno quella in parlamento con poche eccezioni, è d’accordo a che l’Italia partecipi all’intervento militare.
Perché condivide la logica dei più forti. Il principio è: per essere considerati potenti della terra bisogna ogni volta schierarsi col potente di turno. Oggi i ricchi e potenti hanno deciso che la Libia è diventata un ostacolo. Così l’hanno scaricata. E hanno fatto tutto a una velocità impressionante.
Per la verità sono gli insorti libici a voler tirar giù Gheddafi. La comunità internazionale dice di volerli difendere. Ha un’opinione sui ribelli del consiglio di transizione di Bengasi?
No, per me sono degli sconosciuti. Ma a quanto leggo dalle cronache, sono degli sconosciuti un po’ per tutti. Anche per quelli che fanno il tifo per loro.
Impressiona che dopo cent’anni esatti l’Italia torna in guerra in Libia?
Impressiona molto. Ma quello che impressiona di più è che che finora abbiamo sentito tanti bei discorsi sul valore della pace. C’è voluto niente per tornare in guerra.
Basta! Ma quali ribelli! Qui parliamo di gente pagata dai servizi segreti americani che vuole rovesciare un governo legittimo, per quanto non ci piaccia, e che adesso ha portato pure la guerra all’interno dei confini nazionali! Che schifo! Viva la resistenza libica!
Leggete qui: e qualcuno ancora parla di ribelli per la libertà!? ma fatemi il piacere!
Centinaia di militari inglesi in azione da febbraio al fianco dei
ribelli
LONDRA – Da fine febbraio centinaia di militari britannici del Sas, lo Special Air Service, sarebbero in azione al fianco dei gruppi ribelli in Libia. Lo rivela il Sunday Mirror, scrivendo che da tre settimane due unità sono impegnate in Libia a preparare l’operazione.
Si tratterebbe di gruppi soprannominati Smash per la loro capacità distruttiva. Il mandato è quello di dar la caccia ai sistemi di lancio di missili terra-aria di Gheddafi (i Sam 5 di fabbricazione russa) in grado di colpire a 400 chilometri di distanza. Affiancati da personale sanitario, ingegneri e segnalatori, gli Smash hanno creato posizioni sul terreno in modo da venire in aiuto in caso in cui jet della coalizione venissero abbattuti.
La loro presenza è stata indirettamente confermata dal domenicale Observer: una delle preoccupazione dei piloti dei Tornado – scrive il giornale – sarebbe quella di non colpire i commilitoni delle forze speciali, operative a Bengasi per aiutare a “illuminare” i bersagli e offrire intelligence sul terreno.
Vent’anni fa la Prima Guerra del Golfo diede allo Special Air Service la possibilità di tornare alle missioni nel deserto, che nel 1941 ne avevano determinato la nascita. La caccia ai missili Scud iracheni fruttò nuova fama e il riconoscimento del generale Norman Schwarzkopf.
Non è la prima volta che le unità d’elite entrano in azione in Libia: a fine febbraio gli uomini del Sas hanno tratto in salvo dipendenti del petrolio bloccati a sud di Bengasi. Più di recente, il Sas è stato al centro di una clamorosa gaffe quando un team diplomatico britannico, assieme al commando mandato per proteggerlo, è finito in stato di arresto presso una base militare controllata dai rivoltosi. I diplomatici erano stati inviati in Libia per stabilire contatti con l’opposizione ma il loro fermo e successiva liberazione aveva smascherato la loro presenza che doveva restare segreta con grave imbarazzo di Hague e del Foreign Office.
Quello che tu scrivi è la conferma di quanta strada ha ancora da fare anche l’arcipelago della sx in Italia, non è solo il governo che sapeva quello che succede in tutte le parti dela mondo non c’è solo e non è poco l’Afagnistan, la repressione in Libia come in tantissimi paesi Africani che non si nominano più es.. Ruanda Liberia Sudan Eritra somalia ecc… l’elenco è lungo,così pure la vendita di armi non solo a Gheddafi, gli affari delle n/s aziende,ma tutto questo non si può toccare c’è in ballo l’occupazione,il sindacato manco s’impegna a cominciare a ridiscutere,come si fece anni indietro alla Borletti,o all’Otomelara per riconversioni indusrtiali da armamenti ad altri prodotti, e non meno fecero le forze politiche più vicino ai lavoratori non parliamo poi di oggi.Si è ripreso a parlare del lavoro senza indicare cosa produrre e per cosa,per cui il problema della Libia oggi dei bombardamenti della violazione della Costituzione,in questi giorni usata a sproposito,anzi addirittura anche dal presidente della Repubblica dove ci tocca giustificare l’intervento militare per salvare i civili ed i cittadini stanchi del dittatore di Gheddafi,questi c’erano anche anni fa ,messi in prigione,come fu per l’Irak ed altri paesi in Africa e non solo si sapeva e non solo il governo lo sapevano anche all’opposizione ma si è taciuto o si è fatto ben poco per sostenere questi oppositori. Ora piangiamo questi morti questo per me è la dura realtà e se non riusciremo a chiarire una volta per tutte che non è possibile mediare sul concetto di guerra giusta ho come ultima ratio,non è neanche possibile allearsi per la gestione del governo che sia quello nazionale che quello locale. La Pace è l’unico legame che può fare vincere la politica sancendo una volta per tutte che il ricorso alla forza non risolverà mai iproblemi tra i popoli. Aldo Gardi
Ed allora il “popolo” e non la “gente”, va bene così?
Non ho usato il termine “proletariato” che mi sembra molto difficile da applicare ad una società come quella, dove la gran parte della minima “classe operaia” esistente è peraltro composta di lavoratori immigrati da altri paesi africani….
Nè del resto nelle varie resistenze contro i tiranni ( compresa la nostra resistenza 1943/45) si è giustamente andati a guardare troppo per il sottile rispetto alla composizione sociale dei combattenti …
A Roma, dove la resistenza nei nove mesi di occupazione nazista fu molto cruenta, la stragrande maggioranza dei partigiani erano o intellettuali ( e quindi piccolo o medio/borghesi) o ufficiali e sottufficiali dell’esercito in rotta o artigiani o sottoproletari delle periferie …. del resto, se si escludono i “fornaciari” di Valle Aurelia e qualche edile, a Roma la classe operaia, cioè il “proletariato” propriamente detto, non esisteva allora e non esiste nemmeno oggi …
Figuriamoci oggi in Libia ….
Certo comunque che i combattenti di Bengasi, per come li abbiamo visti in tv ( in particolare in un servizio di Anno Zero di due giovedì fa ) non danno propriamente l’idea di essere dei borghesi benestanti … o addirittura degli aristocratici che sperano di tornare a bazzicare una improbabile corte monarchica ….
K.
Bene le manifestazioni a Trapani e Sigonella, ma non dimentichiamo Aviano
@ oliviero: dissento da te, l’ultimo gheddafi non è il terzomondista o il sostenitore della causa palestinese; non a caso è stato cancellato dalla lista nera imperialista amerikana dell’impero del male; l’ultimo gheddafi ha consentito il massacro dei tanti poveracci che tentavano di espatriare in europa, massacro in accordo col nazifascista maroni, e con l’anticomunista berlusconi; non è un caso che il fronte popolare di liberazione della palestina definisce gheddafi fascista; la vita riserva brutte sorprese purtroppo; non di meno è necessario solidarizzare con la libia contro gli aggressori imperialisti, che vogliono reinstaurare il colonialismo in africa; il governo fascista che ci ritroviamo, e la finta opposizione hanno scelto il compito di servire come al solito l’impero yankee del fantoccio obama manovrato dai capitalisti; con troppa fretta ad obama è stato assegnato in anticipo il nobel della pace, quando invece bisognava insignirlo della ignominia del disonore.
I comunisti a fianco del popolo libico e della Repubblica socialista contro l’aggressione imperialista e la provocazione integralista. Se saremo uniti, ancora un volta, schiacceremo i fascisti, agenti dell’impero, come ratti di fogna. Propio come a Budapest…
BRAVO BOUMEDIENE !!
Parliamo chiaro, quì nessuno ha il coraggio di dire le cose come stanno!
Gheddafi è uno degli ultimi socialisti sulla faccia di questa terra!
Non è democratico? Beh? Abbiamo scoperto l’acqua calda! Il socialismo non è mai stato una democrazia…in libia in poche parole c’è il socialismo reale e gheddafi è un rivoluzionario come fidelcastro. Allora dobbiamo difenderlo con le unghie e con i denti e morte agli scarafaggi che osano toccarlo. FA BENE a sbaragliare chiunque all’interno cerchi di rovesciare il suo governo perchè costoro sono solo reazionari fascisti.
Gheddafi è l’unico governante in paesi arabi ad aver tenuto lontano il terorismo arabo o al quaeda, quindi: da compagno GHEDDAFI ha ben governato e ha saputo farsi pagare bene le sue disponibilità petrolifere W IL COMPAGNO GHEDDAFI e bando alle ipocrisie, lo stanno affondando perchè è l’ultimo rivoluzionario sulla terra
W IL COMUNISMO, W GHEDDAFI, ABBASSO I REAZIONARI CHE INSORGONO
compagni quante manifestazioni e sit-in sono stati organizzati contro la repressione di Gheddafi nei confronti del suo popolo che veniva bombardato con aerei da guerra?
Gheddafi non ci è simpatico o è un criminale di guerra che va processato?
Se avessimo potuto con la forza fermare Saddam mentre bombardava con armi chimiche i curdi l’avremmo fatto o ci saremmo limitati a chiedere il cessate il fuoco mentre la gente veniva massacrata?
Citazione
Secondo me bisogna distinguere.
La guerra che UNO STATO muove ad un altro, per qualsiasi motivo va condannata.
La guerra civile, da una parte il tiranno e dall’altra il popolo.
Va condannato l’uso della violenza contro la popolazione. (come in egitto, tunisia e libia)
LA GUERRA , perche purtroppo di questo si tratta, IN AIUTO AD UNA POPOLAZIONE INERME CHE VIENE MASSACRATA.
Su questa dobbiamo aprire una discussione: cosa fare davanti a tali eventi?
1) stare a guardare magari condannando il tiranno violento con sdegno.
2)Organizzare insieme ad altre forze raid di liberazione in aiuto agli insorti, magari spuntando le unghie al tiranno (distruggendo i suoi arsenali e le sue armi per diminuire la sproporzione tra le forze in campo) quindi dando armi pari agli insorti.
E’ quello che penso si stia facendo ed è con dispiacere ovvio che assistiamo a questo schifo.Ma con un groppo in gola vi chiedo:
che altro si poteva fare?
Compagni, siamo ad un bivio storico:
difendere Gheddafi ed il suo esercito nel diritto all’autodeterminazi one o difendere i rivoluzionari libici che cercano la libertà nella loro patria?
Sicuramente d’istinto difenderei gli insorti, MA, visto che vengono aiutati E COOPTATI dall’esterno, e per di più da forze non socialiste e non comuniste…la scelta è obbligata! DOBBIAMO STARE CON GHEDDAFI!!
IN FONDO A SUO MODO E’ UN SOCIALISTA, UN COMPAGNO.
QUINDI ORGANIZZIAMO MANIFESTAZIONI PRO LIBIA E PRO GHEDDAFI !!
‘Evidentemente le motivazioni delle guerre sono ben altre e vanno rintracciate, principalmente, in ragioni economiche e di controllo delle risorse energetiche. Noi siamo contro le guerre.’
Partendo dal presupposto che mi trovate d’accordo al 101% vorrei però capire come secondo voi bisognerebbe intervenire per fermare il massacro ad opera di Gheddafi…OK la fattiva collaborazione fra il dittatore libico e i governi ocidentali negli ultimi decenni,OK l’intervento miitare legittimato da menzogne,ma arrivati a questo punto,con le milizie lealiste che bombardano i civili per riprendere il controllo delle città ‘conquistate’ dai ribelli,cosa fare?
Come muoversi per fermare le truppe fedeli al dittatore libico se non attraverso un intervento militare?
al compagno grassi che oggi ha scritto un articolo su liberazione sul tesseramento di rifondazione chiedo, se la dichiarazione di guerra condivisa da pd, idv, e sel, quest’ultima attraverso i bizantinismi vendoliani, non sposta di una virgola la decisione di allearsi con il centrosinistra; nel qual caso anche il prc e la fed sarebbero subalterni alla logica che ha scatenato la guerra criminale umanitaria contro la libia.
La solidarietà internazionale ai rivoluzionari dov’è finita? Organizzi la federazione della sinistra una brigata internazionale di partecipazione all’insurrezione dei ribelli libici. Ricordo una delle più famosi frasi di Mao sulla necessarietà della violenza in una rivoluzione, non essendo la stessa “un pranzo di gala”. Io avrei gridato allo scandalo se la comunità internazionale fosse rimasta inerte di fronte ad un chiaro tentativo dei giovani libici di disfarsi di un regime corrotto e dispotico.
La cosa importante è che si vigili sull’utilizzo delle armi finalizzato al solo “riequilibrio” delle forze in campo.
Sul principio di autodeterminazi one dei popoli una sola domanda: “il popolo libico ha autodeterminato il governo del Rais”?
Ricordo inoltre che uno dei miei miti, Ernesto Guevara, ha combattuto per la rivoluzione prima a Cuba, poi in Bolivia. Dovrei considerarlo un mercenario?
Saluti a tutti i compagni.
concordo con voi nel sostenere l’indifendibilità di gheddafi, peraltro amico in affari dell’attuale governo reazionario e fascista italiano; ma bisogna scegliere da che parte stare in questo momento ed occorre stare dalla parte delle forze armate libiche e del popolo libico, che si opporranno alla aggressione criminale di tutte le potenze imperialiste e dei loro supini alleati, prima fra tutti l’italia bipartizan, della quale la sel di vendola e bertinotti è parte integrante a pieno ipocrita titolo, che ha scelto la guerra, come ai tempi della guerra di aggressione contro la repubblica socialista jugoslava; nel futuro dovranno essere esclusivamente i libici a dirimere la lora drammatica situazione e spero in direzione della democrazia partecipata e non calata dall’alto.
MAI FIDARSI DEGLI ITALIANI !
<>
(dal Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la
Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria Araba Libica Popolare
Socialista, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008:
http://it.wikisource.org/wiki/Trattato_Di_Amicizia,
_Partenariato_E_Cooperazione_Tra_La_Repubblica_Italiana_E_La_Grande_Giamahiria_Araba_Libica_Popolare_Socialista
)
pienamente d’accordo. Si soffoca dall’indignazione, ma siamo più impotenti che mai. Non durerà sempre così, ma adesso si schiatta di rabbia. Saluti
glg
Oggionni e i GC di Torino hanno due linee diverse o pare a me? Lui dice (giustamente): Non abbiamo alcuna simpatia per il regime dispotico di Gheddafi. Mentre la locandina dei GC di Torino è un agiografia di Gheddafi! Mah…
Effettivamente ….
Che in Libia, anche per le immense ricchezze prodotte dal petrolio e sia pure in minima parte “redistribuite”, la condizione media sociale non sia delle peggiori, almeno rispetto agli standard africani, è senz’altro vero …
Basti pensare alla grande presenza in Libia di lavoratori immigrati il che fa pensare ad una specie di “piena occupazione” della popolazione autoctona, almeno dei maschi, sia pure in parte realizzata dando improbabili “ruoli militari” ad una gran parte della popolazione appunto di sesso maschile.
Ma, al di là di questo, anche se realisticamente in Libia nessuno muore di fame, l’idea che la gente sia stufa di 41 anni di dittatura proprio non si riesce a capirlo ?
Soprattutto poi se ci si definisce comunisti ….
K.
Andrebbe circonstanziato il termine “la gente” che, peraltro, i comunisti sono molto restii ad usare.
cari compagni sono totalmente d’accordo con voi; l’africa ancora una volta viene martoriata dalle potenze coloniali ed imperialiste; sono secoli che ciò avviene ed in ciò supportati dalla grancassa mediatica in mano alla borghesia imperiale e capitalista; quante ne aveva di ragioni antonio gramsci nell’esortare i lavoratori affinchè non spendessero alcun soldo per acquistare i fogli al vetriolo antiproletario; ogni soldo che si spende per la stamapa borghese equivale ad un proiettile per assassinare le speranze in un mondo migliore; la repubblica di scalfari, il fatto di travaglio, ed il corsera di confindustria, hanno indossato l’elmetto per la riconquista italica del bel suol d’amore; non era più tollerabile che tripoli continuasse ad essere indipendente dalle potenze coloniali; e gli ipocriti che parlano di difesa della costituzione, adesso ne fanno carta straccia in compagnia di berlusconi, nel violare lart.11 che vieta la guerra; la corte costituzionale che farà tacerà ancora?
PERCHE’ LA LEGA E’ CONTRO QUESTA GUERRA ?
C’è un aspetto in apparenza strano di questa guerra. Come mai la Lega Nord si è schierata contro la guerra ? E’ una domanda che molti si fanno. Ma se non si alza per un attimo lo sguardo dal nostro ombelico, non si riuscirà mai a capirlo.
C’è un motivo evidentissimo. La Lega è da sempre vicina all’orbita tedesca, come erano quelle forze politiche Yugoslave che lavorarono per portare la Croazia e la Slovenia alla secessione e all’ingresso nell’area del Marco. Non a caso la Germania fu la prima a riconoscere la secessione. La Germania è contro questa guerra, e infatti non a caso si è astenuta nel Consiglio di sicurezza dell’Onu assieme a Russia e Cina, perchè questa guerra è fatta innanizitutto contro di lei, dalla Francia, Gran Bretagna e Usa, con il sostegno di Israele, per riequilibrare l’asse che si era creato nell’area euro-mediterranea fra Russia-Italia-Germania-Turchia sul gasdotto Russo-Turco con la partecipazione dei tedeschi e dell’Italia, con Berlusconi che fece nel 2009 da mediatore fra russi e turchi aiutando a concludere l’accordo, cosa che ha irritato molto sia gli Usa che Israele, che hanno deciso di fargliela pagare, come si è visto nell’ultimo anno con le strane vicende italiane.
L’Italia ha un rapporto economico-commerciale privilegiato con la Libia. Se guardiamo un po’ oltre le pagliacciate fra Berlusconi e Gheddafi, vediamo che il nostro paese è innanzitutto il primo acquirente delle esportazioni libiche e primo fornitore delle sue importazioni. La Libia vende all’Italia quasi il 40% delle sue esportazioni (il secondo maggior acquirente, la Germania, raccoglie il 10%) e riceve dalla nostra nazione il 18,9% delle sue importazioni totali (il secondo maggiore venditore, la Cina, fornisce poco più del 10%). La Libia possiede LE MAGGIORI RISERVE PETROLIFERE DI TUTTO IL CONTINENTE AFRICANO ed è geograficamente prossimo al nostro paese e dunque si profila naturalmente come fornitore principale di risorse energetiche all’Italia. La nostra compagnia statale ENI estrae in Libia il 15% della sua produzione petrolifera totale; tramite il gasdotto Greenstream nel 2010 sono giunti in Italia 9,4 miliardi di metri cubi di gas libico. Tutto ciò fa della Libia un caso più unico che raro, dal punto di vista italiano, tra i produttori di petrolio nel Mediterraneo e Vicino Oriente. Quasi tutti, infatti, hanno rapporti economici privilegiati con gli USA e con le compagnie energetiche anglosassoni, francesi o asiatiche.
Questa guerra è fatta anche per rompere questo asse economico privelegiato, precisamente come avveniva per le guerre coloniali. In particolare la Francia è interessata alla guerra per prendere il posto dell’Italia, avendo perso da un lato Ben Alì in Tunisia e avendo instaurato non a caso da subito rapporti privilegiati con gli oppositori a Gheddafi (l’ex-ministro della Giustizia). Tant’è vero che immediatamente, è di questi giorni, c’è la ritorsione di Tremonti, notariamente vicino alla Lega e ai tedeschi, che ha annuncoiato un decreto del governo per impedire le scalate francesi nelle nostre aziende.
Altro che guerra umanitaria ! Ci sono ben altri interessi mega-miliardari dietro, di gruppi di persone straricchissime al comando di multinazionali, centri finanziari, Stati, che si fanno la guerra fra di loro per accumulure altre ricchezze ! A noi e al popolo ignorante e ingenuo, che è all’oscuro di tutto, che facciamo fatica ad arrivare a fine mese, ci fanno bere che è una guerra umanitaria, per il popolo libico !
Leonardo Masella, 20 marzo 2011
Mirko Revoyera,
non avrei potuto dirlo con parole migliori.
Sono assolutamente d’accordo con te. Mi sento disorientata e confusa dalla situazione, come credo sia sempre sano sentirsi in circostanze simili. Bisogna saper valutare caso per caso, e studiare bene la situazione. La guerra è sempre orribile, è vero, gli unici che possono avere motivazioni “nobili” nella lotta sono coloro che combattono per i propri diritti e il benessere del proprio paese, ma questo amore da solo non basta purtroppo ad appendere i dittatori per i piedi.
La verità delle bombe, la falsità delle parole
Scrivo per davvero con una grande desolazione d’animo. Sono deluso, amareggiato e, se me lo si consente, anche incazzato (chiedo venia per il francesismo che rende però molto bene quello che provo). So molto bene che, “in guerra la prima vittima è sempre la verità”, come diceva Eschilo. E infatti la maschera della benevolenza occidentale e dell’amore filiale verso il popolo della Libia fanno già da copertura ai veri interessi economici dei paesi coalizzati.
Poi, dalle agenzie che riguardano il Quirinale leggo dichiarazioni del presidente Napolitano che non esprimono il benché minimo dubbio sull’interventismo bellico cui ancora una volta l’Italia si è uniformata, adeguata, piegata. Si parla di sola concessione delle basi: ma secondo il ministro La Russa i nostri aerei sono comunque a disposizione “in quindici minuti” per colpire la Libia.
Se vuoi davvero concedere solo le basi, allora gli aerei li lasci negli angar, oppure, nel caso difensivo, affermi che questi mezzi sono lì per alzarsi in volo nel caso qualcuno voglia attaccare il territorio italiano.
Non ci sarebbe nessuna minaccia di questo genere se non ci fossimo allineati alla “coalizione dei volenterosi”. Sì, i volenterosi che non hanno altro intendimento se non quello di guadagnarsi le riserve di petrolio libiche e i gasdotti più interni, nonchè tutte le altre postazioni strategiche sia militari che economiche che permetterebbero, ad esempio all’impazientissima Francia di Sarkozy, di avere sullo scenario internazionale un ruolo di primo piano nelle scalate finanziarie anche di questi giorni, anche in Italia.
L’opposizione al nostro governo si esprime in dichiarazioni sconcertanti: porta l’ulivo nel suo simbolo e la parola “democratico” il partito di Bersani, ma non ha avuto alcuna esitazione a benedire questa nuova guerra imperialista e dal gusto aspro del colonialismo moderno. L’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro addirittura, per bocca del suo leader, si spinge fino alla speranza di vedere sbarcare delle truppe di terra che detronizzino il satrapo Gheddafi e facciano trionfare la democrazia dei dollari. Nemmeno l’accondiscenza dell’ONU era arrivata a tanto nella famigerata risoluzione 1973 che autorizza la “No fly zone”.
In certi momenti noi italiani sappiamo essere all’avanguardia!
Lo chiamano “intervento”, lo chiamano “attacco”, ma si tratta di guerra e lo ammette persino un giornalista de “La Stampa” oggi dalle colonne interne del giornale torinese. L’obiezione degli interventisti è: “Come fermare le violenze di Gheddafi contro il popolo e i ribelli?”. Non è assolutamente vero che sia una domanda priva di risposta. Lo è se si ragiona esclusivamente in termini di forza, e di contrapposizione bellica. In questo caso, sì, non esiste altro modo di interporsi nelle parti in lotta nella guerra civile libica di questi mesi se non con l’uso della forza.
Ma è ovvio che, invece, una proposta di costruire una linea di smilitarizzazione tra la Cirenaica e la Tripolitania, controllata dai Caschi blu sia stata forse non scartata, ma nemmeno presa in considerazione. Eppure funzionò durante la guerra tra Israele ed Egitto, quando le Nazioni Unite la costruirono proprio nelle aree limitrofe al Canale di Suez a garanzia dell’Egitto per evitare nuovi attacchi di Tel Aviv e a garanzia anche del canale dove transitavano le navi di tutti i paesi.
Perché mettere in campo un’azione diplomatica quando si può risolvere la questione bombardando quelli che vengono definiti “obiettivi strategici e mirati”? Persino Nichi Vendola si lascia tentare da questo presupposto e ammette, in una sua dichiarazione, che l’Occidente deve porsi la questione, e pensare se non sia giusto intervenire con azioni “chirurgiche” che non vadano a colpire i civili, ma che limitino la capacità offensiva di Gheddafi.
Siamo a questo. Siamo ad una sinistra che ha perso completamente la bussola e che, dopo le belle bandiere rosse del socialismo e del comunismo, ha fatto straccio anche di quella della pace. Siamo rimasti in pochi a dire che la guerra non riesce a risolvere i problemi di oggi per costruire il miglioramento di domani.
Esaspera gli animi, infiamma i cuori e produce scenari imprevisti, reazioni a volte spropositate, non calcolate nemmeno dai saccenti cervelloni di strategia militare dell’amministrazione statunitense.
La guerra rappresenta sempre la dichiarazione di fallimento del sistema sociale, economico e politico in cui viviamo e mostra, almeno all’Italia, il carattere debole di un governo inetto ed eversivo che ennesimamente tradisce la Costituzione della Repubblica e permette che strutture militari proprie siano adoperate dalla “comunità internazionale” per fini offensivi senza che la sacra “Patria” sia in pericolo.
Sotto le bombe degli aerei francesci, inglesi, canadesi e americani cadranno anche dei civili. Fanno parte anche loro di quel popolo che ipocritamente dicono di voler salvare. Ma questo sarà dipinto come l’estremo sacrificio da ottenere per arrivare alla gloriosa via della pace.
“Si vis pacem, para bellum”. Non siamo nemmeno più alla farsa, come fase ripetuta della storia. Siamo sempre e solo nella categoria della tragedia, e di quella sempre più ferale, crudele e spietata.
La sinistra italiana dovrebbe avere coraggio: quella che viene ancora chiamata così, e non lo è più da troppo tempo, e siede in Parlamento, dovrebbe avere operare una riflessione approfondita e ripensare ai suoi voti di guerra sulle altre “missioni umanitarie” nel mondo.
La sinistra italiana, per ora ancora extraparlamentare, non ha che da continuare una lotta che conosce già e che ha sempre fatto: mobilitarsi insieme a tutti coloro che vorranno dire di NO alla guerra, all’Italia in guerra e all’oppressione del popolo libico dea due fronti: quello di Gheddafi e quello dei “volenterosi”.
Siamo rimasti da soli a non interpretare con tecniche di interesse gli articoli della Costituzione. Tutti. In particolare oggi quello che ci parla da oltre sessant’anni del carattere difensivo delle nostre forze armate e del ripudio della guerra proprio come mezzo di “risoluzione delle controversie internazionali”.
Ma non saremo da soli a scendere nelle piazze nelle prossime ore. Perché la sinistra di popolo vale molto di più della sinistra di palazzo!
MARCO SFERINI
20 Marzo 2011
Mattinale. La crisi del diritto e delle istituzioni internazionali e la fase dell’imperialismo trasnazionale non è iniziato oggi , come crede (crede?) Valentino Parlato che sul Manifesto scrive.”viene il duggio” (il dubbio?) “che siamo ad una rinascita (rinascita?) “del famoso imperialismo” . Sic! Sic! Sic! E Vendola che rottama il vendolismo.
Un plebeo come noi che si alza al mattino magari già stanco per aver mal dormito a causa del dolore persino fisico che ogni guerra o ogni ingiustizia procura a chi guarda il mondo dal basso con, appunto, lo sguardo plebeo opposto a quello di chi lo guarda dall’alto del “Palazzo” nel senso pasoliniano, vorrebbe raccogliersi nel suo dolore e – prima di predisporsi ad agire e a reagire – dedicarsi, anche per necessità gastronomiche familiari, alle ricette della cucina plebea di cui si sono in massima parte appropriati e vengono molto apprezzate da chi sottende il proprio odio di classe per i plebei (rovesciano persino i detti popolari: “al padrone non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”, l’hanno rovesciato in “al contadino non far sapere….”).
Solo che basta ascoltare una rassegna stampa e ascolta il miscuglio di mistificazioni, falsit, dueoedismi, ideologismi propagandisti, luoghi comuni cioè l’ideologia in pillole delle classi dominanti e l’ignoranza diffusa a piene mani dal destra/sinistra di “sistema” e non può non indignarsi, innanzitutto, perchè l’indignazione è una categoria morale e non indignarsi è indice e conferma della scarsa moralità del Paese del resto conclamata.
Ma la frase di Parlato, come gia quella che pronuncio in una intervista alla Stampa durante credo la prima o la seconda visita di Gheddafi, in cui dicebdo, in sintesi (ho un mattinale che ho scritto allora ma non sto a cercarlo) : “quella Libica è una vera democrazia popolare” ci faceva capire che a “sinistra” come abbiamo sostenuto da tempo, non si cosa sia veramente la democrazia (come non si sa veramente di leghismo, federalismo, ecc. ecc.) e perchè – come sosteniamo da sempre – da sinistra si aderisce alle impotesi e progetti “cesaristici” di sovversione autoritaria della costituzione di tipo presidenzialistico (quali sono tuttelù le sue variabili tecniche francese, americana, inglese, tedesca e de premierato – già introdotto dal mussolinismo – che nell’idiozia totale e nell’avvelenamento dei cervelli causati dai PD e da pseudo sinistra, c’è persino che lo scmabia, il presidenzialismo, per leninismo. Santidio!!! Come teorizzarono persino tellettual.in, ad esempio, Rescinio, un accademico e barone universitario come i tanti Asor Rosa, ecc. che conduce una vita e vive e osserva con sguardo da borghese e assimilo presidenzialismo e leninismo (per altro anche Berlusconi si riferi e taluni lo riferirono al leninismo -sic)
Donde che anche il dispotismo si può scambiare come democrazia e accettare che si dica che il sitema gollista francese è democrazia, all’opposto di quando in Italia c’era la democrazia vera e veniva definto para-fascista, così come ora si dice democratico lo Stato autoritario cioè liberale – donde che contemporaneamente lo si distingue dal e si coglie il nesso con lo Statio totalitario fasciasta perchè si finge di non sapere o non si sa davvero che storicamente lo stato liberale è una cosa e lo stato democratico è tutt’altra cosa. E questo sono cosa da libri di scuola di base o almeno di Liceo dove però a studiare la storia moderna neanche ci si arriva o non la si completa. Sono cose di tutti, perchè la democrazia non riguarda il giurista o lo specialista in materia di isittuzioni, ma deve riguardare tutti qualunque sia la sua professione o il suo lavoro., mentre invece si cerca di far sembrare una cosa che riguarda i vertici e le segreterie di paritto o sindacato e dei i poteri mentre LA COSTITUZIONE E’ IL FATTO PIU POLITICO CHE CI SIA E CHE RIGUARDA TUTTA LA SOCIETà E I LAVORATORI-CITTADINI (non suindi solo “cittadini” come li chiama la pseudo sinistra coi suoi pseuodo diritti di cittadinanza, come da sempre ha fatto e fa la destra sui cui banchi siede il capitalismo che storicamentte è di destra ma che oggi qualcuno che non ha ingegno nemmeno per sragionare bipartisanamente lo intende cnhe come di “sinistra”, santidio!!!
Avevamo gia solo acennato ma tornaeremo in modo più ampio su quella che è LA CRISI DEL DIRITTO E DELLE ISITTUZIONI NAZIONALI E INTERNAZINALI NELLA FASE DELL’IMPERIALISMO TRASNAZIONALE, perchè la frase di Parlato ci rivela quanto meglio non si potrebbe,quanto in tutti questi anni e rimanendo al coperto di dell’enfasi retorica e affatto scientifica della c.d. “globalizzazione” la cultura anche e sopratuto quella della c.d. “sinistra” si è dimostrata impreparata e disorientata a tal punto che ruotando solo ede esclusivamente attorno alla “cadita del muro di Berlino” ha prodotto un fuorviamento che ha impedito di cogliere la portate effettiva dell’operazione economicistica che era in corso (e di cui ci si è accorti solo con l’esplosione della crisi glibale ma ancora senza trarne insegnamento) a scapito della capacità di analisi dei rapporti tra capitalismo finanziario e sistema isituzionale degli stati che stava li a dimostrare quello che è proprio il sinfificato del concetto di imperialismo a cui crede che si stia per rinascere solo chi non ha saputo vedere che non solo non è mai morto ma si è ulteriormente radicato e diffuso sulla base della globalizzazione già analizzata nel Manifesto del 1848 e nell’analisi ancora più globalizzante della teoria dell’imperialismo di Lenin.
Insomma, Parlato ci conferma quanto in pochoi dicono da anni: la profondità del pozzo di gonoranza, di mistificazioni, di analisi totalmente sbagliate nell’ultimo ventennio e anche di piu in cui è precipitata tutta questa specie di sinistra di varia specie, che sta al coperto di ogni proprio capo”, come quello che fa credere nuova sinistra” quella che è una “vecchia sinistra” ottocentesca pre fascista e quindi anche pre antifascista e che lo prendiamo ad esempio che vale per tutti i capi e capetti e che lo indichiamo anche ad amici che nel loro ondivago girovagare di questi anni sono approdatti all’ apoliticismo animalesco dell’individualismo vendoliano. Prendiamo ad esempio il Vendola perchè di Lui sembra parlare Gramsci ed a Lui si attaglia quanto analizzò quello che oggi è l’italiano più letto nel Mondo – e meno letto in Italia – laddove Gramsci – che se non viene visto, come si fa spesso, solo come politologo, fornisce gli strumenti acconci all’analisi del passaggio di fase rapportabile alla nascita dei partiti organizzati – sottolinea che lo “spirito statale” si può reperire in ogni movimento serio che non sia l’espressione arbitraria di “individualismi”, contrapponendo perciò lo “spirito di partito” – quale elemento fondamentale dello spirito statale – all’individualismo inteso come “apoliticismo animalesco”, che assume le forme sia del “settarismo” che è una forma di “clientela personale”, sia dell’ “antipartito” o della “negazione dei partiti”, quando cioè si è uomini di partito ma si vorrebbe essere “capi-partito per grazia di dio o dell’imbecillità di chi li segue” (Q 15, pagg.1752-1755).
Per consolare dell’imbecillità di chi ha seguito e segue i “capi-partito” o i tellettual.in della “sinistra” e ha rinunciato alla propria autonomia culturale e teorica e di analisi, dettiamo per a chi interessa la ricetta di un PATE’ PLEBEO: pomodorini secchhi finocchio selvatico se lo si trova, formaggio, succo d’arancia, cipolle, aglio, spezie varie, peperoncino, olio tutto tritato e amalgamato. Buona domenica
“Vendola rottama il vendolismo” (parte di un articolo -con qualche nostra n.d.r – apparso su rivoluzione democratica, con nota sotto)
(…) Se Sallusti (su Il Giornale, ndnr) ha mostrato il corpo di Vendola come madre natura l’ha fatto, La Repubblica del 16 febbraio ha fatto di peggio, ha messo a nudo il corpo politico del vendolismo, lasciando scoprire, in una botta sola, di che inquietante sostanza esso sia fatto. Colpisce l’analogia tra l’istantanea del Vendola giovane e l’intervista da egli concessa a La Repubblica. Se nella prima egli esibisce il suo corpo nudo ad uno scatto amico, nella seconda ostenta senza pudore alcuno la sua idea che occorra «una coalizione d’emergenza» che comprenda, oltre al Pd, Casini, Fini, e i rottami della destra, e che a capo debba esservi Rosy Bindi (vedi nota sotto)
Il manifesto di ieri esprime stupore e stizza per quella che chiama, con eufemismo, “mossa del cavallo” di Vendola, e non si esime dal criticare la sua proposta come. d’alemiana. Conoscendo un poco come vadano le cose dalla parti de il manifesto, si capisce che si è data voce ai malumori di quell’area vasta di sinistrati che negli ultimi mesi aveva considerato Vendola il proprio ultimo Messia.
Un’area che si era esaltata con americanate del tipo «Obama bianco», «Primarie sempre» e altre amenità. Gente che adesso si scopre essere stata infinocchiata, abbindolata, tradita; che aveva creduto non solo al feticcio vendoliano sulle «primarie» – questo mezzo d’importazione scambiato per fine in sé, come massima tecnologia democratica -; che aveva creduto che Vendola facesse sul serio quando contrastava, chiedendo elezioni anticipate, la tendenza del Pd all’inciucio con Casini e Fini.
A nessuno infatti è sfuggito che con la sua intervista, in poche righe, Vendola ha rottamato il vendolismo. Egli ha infatti, in un colpo solo, cancellato la sua opposizione alle “larghe intese”, ritirato la richiesta di elezioni anticipate ed infine, candidando Rosy Bindi alla guida del grande inciucio, seppellito le «primarie».
Ad essere sinceri non ci viene alcun sentimento di pietà verso gli infinocchiati. Più che altro ci pare inutile. Come è inutile spiegare la musica ai sordi e i colori ai ciechi. Vendola infatti non è l’ultimo arrivato della politica italiana. Ha sfidato il PD e, non senza sfrontata presunzione, si è candidato a premier di un centro-sinistra che più padronale non si può, dopo aver voluto l’operazione Arcobaleno che ha affossato la sinistra. Dopo aver deliberatamente spaccato e quindi distrutto ciò che restava del Prc. Dopo essere stato, ed è ancora, Presidente presidenzialista di una Regione come la Puglia, ammorbata dalla corruzione, infiltrata di concussori e ladruncoli ed egli stesso patrocinatore di affari loschi, non solo con la Marcegaglia.
Solo degli stolti potevano aver scambiato Vendola per il Messia della nuova sinistra. Solo dei disperati potevano scambiare la sua retorica forbita per una linea politica, per quanto neanche lontanamente antagonistica, sinceramente democratica.
Adesso essi scoprono che Vendola bluffava, che era un demagogo, che è un uomo senza principi, che non diceva la verità. Essi sono orfani per l’ultima volta.
Rivoluzione Democratica
Nota. Vendola accetta cioè quella che è una delle figure politicamente spregevoli del PD e del centrosinistra, non solo perchè la Bindi ha sostenuto la “cesaristica” revisione autoritaria della forma di governo, forma di stato e forma della magistratura della Costitzione elaborata dalla Bicamerale d’Alema ma ancora oggi e la piu ardente sostenitrice del revisionismo costituzionale tanto convinta da arrivare a polemizzare e a “rompere” col gruppo dei c.d. giuristi democratici ex dosettiani che, bontà loro, hanno avuto un ripensamento sulla validità e utilità di proseguire sulla strada di un modifica della Costituzione e della sua Seconda Parte che inevitabilmente diventa una revisione autoritaria e che favorisce la destra qualunque sialo schieramento elettorele in cui si colloca. Un personaggio oppostto a quella che avrebbe Lei si dovuto essere eletta a capo dello stato per tutto quello che ha dimostrato nella vita e non con le chicchiere alla Rosy Bindi, di essere garante vero della Costituzione, e alla quale invece si è permesso che fosse attaccata e sabotata dai piduisti e dagli amici di destra e sinistra della P2 contro cui lei seppe condurra una Comissione d’inchiesta senza cedere ai continui ricatti e minacca a cui fu gi allora sottoposto.Lei grande donna della Reistenza e della Repubblica, prima donna a diventare ministro e già Presdiente della Commissione d’inchiesta parlamentare della p2 sovversiva della Repubblica democratica nata dalla resitenz: LEI, LA ONOREEVOLE VERAMENTE ONOREVOLE TINA ANSELMI, fatta dimenticare e lasciata nel dimenticatoio dai partito che dall’arco costitzionale sono passati TUTTI all’arco anticostituzionale.
Quale supporto democratico e pacifista sappiamo dare agli insorti libici?
Come consideriamo il Comitato di liberazione libico? Un aggregato di clan tribali oppure un legittimo rappresentante del popolo insorto? Come consideriamo Gheddafi? Il legittimo detentore del potere libico come di Bocca su IL MANIFESTO di oggi oppure un lurido dittatore tollerato e baciato dagli occidentali che oggi lo abbattono? Quanti di noi, in animo non lo volevano morto fino a ieri e oggi inneggiano alla pace?
Questa, come ogni guerra è una mistura maledetta di interessi coloniali e di aneliti di libertà, non ultima quella di liberazione partigiana in Italia, in cui le mire americane in chiave antisovietica hanno mosso aerei, truppe, cannoni. Se non si fossero mossi, i partigiani, da soli come avrebbero riconquistato l’Italia intera? Quanti ne avrebbero impiccati e torturati nella Repubblica di Salò.
Il pacifismo ad oltranza sa’ fare i conti con questo problema? Le chiamate alla mobilitazione pacifista tengono conto del fatto che le nostre manifestazioni libere lo sono grazie alle mitragliatrici partigiane e al maledetto macello che fu compiuto?
caro Andrea,
il supporto che possiamo dargli è questo: tanta solidarietà internazionalista, costruire un movimento contro la guerra nei paesi ricchi e soprattutto lavorare per una coalizione di pace che metta intorno a un tavolo gheddafi e gli insorti.
In Libia c’è una guerra civile, ci sono da una parte i sostenitori del regime e dall’altra i suoi oppositori. Quante situazioni del genere ci sono nel mondo? perché si è deciso di intervenire con la guerra in questa circostanza?
Gheddafi non mi piace, è probabilmente un macellaio, ma il parallelo con la seconda guerra mondiale e la liberazione dal nazismo proprio non tiene! lì c’era in corso un progetto di nazificazione dell’Europa era un rischio concreto…. qui è una vicenda interna ad un paese… e quindi ha ragione il manifesto a dire così, anche se la cosa può non farci piacere!
La tua è la posizione di Bossi e Bocca, praticamente. Questi sono affari interni libci, noi che cosa c’entriamo. Credimi, senza nessuna vena polemica, ma solo con la convinzione che in questi casi non esistono posizioni totalmente coerenti, e verità certe ne’ in me ne’ in altri.
La “solidarietà internazionalista” cosa sarebbe? Se si tratta di parole e dichiarazioni, non serve a nulla. Intanto la solidarietà potrebbe essere quella di aprire l’Europa all’esodo (minacciato da Gheddafi). L’accoglienza dei fuggiaschi già potrebbe essere una buona chiave internazionalista. Questo metterebbe Gheddafi nella condizione di isolamento che sarebbe utilissima per incalzarlo. Ma a me pare che la sinistra italiana (non il PD intendiamoci) abbia preso la solita posizione idealistico-semplicistica. La Pace è l’assenza di conflitto armato.
Però diversi conti non tornano in questa posizione. La Pace gridata in condizioni di comodità democratica deve fare i conti con le situazioni reali.
Nel caso di Gaza, la sinistra non dice che si tratta di una questione interna e Israele non va contestato e non dice che la reazione violenta palestinese sia terrorismo.
Facciamo presto a parlare di invasione colonialista dell’Impero Capitalistico, nel caso libico. Ma poi si scopre che di quell’impero facciamo parte, e non importa che si dichiari la nostra avversità al capitalismo quando ne godiamo pienamente i benefici. La nostra economia, l’intera economia è legata a questi equilibri e lo sappiamo tutti. Credo che siamo degli ipocriti quando invochiamo la pace.